Da La Repubblica del 14/10/2004

I nuovi ideologi della fede

di Miriam Mafai

Ernesto Galli della Loggia, autorevole commentatore del Corriere della Sera, ci ha invitato ieri a «non svicolare» a proposito del caso Buttiglione, bocciato dal voto di una Commissione europea e ci rivolge la domanda decisiva: esiste ancora per un cattolico che si dichiari tale e lo manifesti senza reticenze, la possibilità di ricoprire incarichi al vertice dell´Unione Europea? La domanda è risibile.

La maggioranza dei leader che occupano o hanno occupato posti di rilievo in Europa, a cominciare dallo stesso Romano Prodi che è stato (ed è ancora per qualche settimana) presidente della Commissione sono cattolici. Cattolici dichiarati. E nessuno ha mai chiesto ad alcuno di loro, né in Italia né in Europa, un atto di abiura.

Ma quando Rocco Buttiglione ribadisce di fronte alla commissione del Parlamento Europeo di considerare l´omosessualità come un peccato e come segno di grave «disordine morale», gli stessi parlamentari hanno diritto, o meglio il dovere di chiedersi quale sarebbe il suo comportamento una volta assunto l´incarico. Un esempio per tutti: nella Carta dei Diritti Europei è stata inserita, a suo tempo, una norma che vieta ogni discriminazione in base agli orientamenti sessuali dei singoli. Rocco Buttiglione, che a suo tempo, vale la pena di ricordarlo, si oppose alla approvazione di questa norma, sarebbe domani in grado di farla rispettare quando venisse violata? A quale principio sentirebbe il dovere di attenersi, alla sua rispettabilissima convinzione morale o alla norma della Carta dei Diritti? L´interrogativo non è irrilevante, e la risposta non può considerarsi scontata. Contrariamente a quanto sostiene Galli della Loggia e a quanto afferma un appello proposto ieri dal Foglio, Rocco Buttiglione non è stato bocciato dai parlamentari europei in quanto cattolico, ma in quanto ritenuto inadatto al compito cui era chiamato, per un suo manifesto integralismo. La laicità, la capacità di prendere le distanze anche dalle proprie convinzioni più profonde quando queste siano in contrasto con le leggi dello Stato, è, o dovrebbe essere, il tratto fondamentale di chi pretende di assumere responsabilità di governo. Penso che su questo dovrebbe convenire anche Galli della Loggia. Ed è qui, non sulla sua professione di fede del tutto rispettabile e rispettata, che sta la ragione della sua bocciatura.

Galli della Loggia, ma anche Giuliano Ferrara sono due laici che da qualche tempo si propongono, ognuno nello stile che gli è proprio, come i soli autentici difensori della fede. La Chiesa, a loro avviso, è troppo indulgente. Non si accorge dei rischi che la minacciano. E´ affetta da strabismo: alla Settimana sociale dei Cattolici di Bologna si è parlato più dei pericoli che corre la nostra democrazia, più dei guasti prodotti dalla televisione che da quelli prodotti dal laicismo ormai dilagante. La Chiesa, a loro avviso, non si batte abbastanza contro i diritti degli omosessuali, contro la libertà delle donne, contro un presunto e pericoloso relativismo culturale. Si rivela pigra e incerta nell´affermare le proprie ragioni ed esitante quando si tratti di affrontare lo scontro diretto con i laici. Si veda a questo proposito l´irrisione con cui sul Foglio viene trattata la recente posizione di Giuliano Amato, la sua proposta di concordare una revisione della legge sulla fecondazione assistita, per evitare contrapposizioni che la reciproca intolleranza rischia di rendere insanabili. Si può essere, naturalmente, a favore o contro questa proposta, a favore o contro il referendum. Può darsi che la proposta di Amato giunga fuori tempo massimo. Ma la foga con la quale il giornale di Ferrara irride alla proposta («si tratta di trucchi, di giochi delle tre carte») rivela una sorta di furore da cattolico "born again", un cieco desiderio di scontro, di una vera e propria guerra di religione. Quella, sia detto per inciso, che nella storia della Prima Repubblica è stata sempre evitata, in virtù di una buona dose di prudenza della Dc, del Pci e di alcuni settori della stessa Chiesa Cattolica.

Ma una guerra di religione, in questo paese, condotta da una destra corrotta e la cui azione è ispirata ai puri valori del danaro e della discriminazione sociale, da una destra del tutto insensibile alle esigenze dei ceti meno favoriti dalla sorte, che senso avrebbe? In nome di quali principi verrebbe condotta? Se la Chiesa ha evitato finora, nonostante gli inviti di Galli della Loggia e di Ferrara, di impegnarsi in questa battaglia, qualche ragione ci sarà pure. E´ questa la domanda che mi permetto di rivolgere ai miei interlocutori.

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