Da La Repubblica del 15/10/2004

Le carte truccate

di Giuseppe D'Avanzo

Le severe conclusioni dell´avvocato generale della Corte di Giustizia dell´Unione europea non devono sorprendere, purtroppo. Che la riforma del falso in bilancio fosse una schifezza si sapeva. Il reato è stato riscritto. La pena è stata diminuita. Da quindici anni a sette anni e mezzo. In alcuni casi, da quindici anni a quattro anni e mezzo.

In sovrappiù, si è introdotta la "modica quantità" nell´uso del falso. C´è reato solo se l´alterazione è «sensibile». Se trucco il bilancio con moderazione, al di sotto della soglia della «sensibile alterazione», non posso essere giudicato e sono salvo anche se ho provocato un danno ai miei soci e ai miei creditori.

Non è finita perché, con una pena attenuata, si abbattono anche i tempi di prescrizione del reato. La trovata nella sua malignità è una geniale, luciferina mossa. Se diminuisco i tempi di indagine in affari così ingarbugliati - una buona inchiesta richiede accertamenti bancari, consulenze tecniche, rogatorie internazionali - schiaccio con un handicap l´investigatore e ho la (quasi) certezza di farla franca: il tempo è scaduto, il reato è estinto, rien ne va plus.

Che la riforma del falso in bilancio fosse una schifezza doppia perché ideata dagli avvocati del Gran Capo e approvata da un Parlamento vassallo ai voleri dell´Egoarca (che così si è alleggerito di un guaio giudiziario assai serio), anche questo noi italiani lo sapevamo. La novità di questa storia è un´altra: oggi anche in Europa sanno dell´imbroglio e lo rifiutano e dicono ai giudici italiani: cari signori, disapplicate questa legge perché è in contrasto palese con le direttive europee sul diritto societario. Anche qui non è finita perchè il peggio affiora nel legittimo pregiudizio che, dopo le conclusioni dell´avvocato generale Juliana Kokott, ancora più esplicitamente peserà sulla trasparenza e affidabilità del nostro sistema economico. Chi volete che abbia fiducia negli affari e nelle imprese italiane, se quelli e queste possono senza danno e sanzione truccare le carte, un po´ o anche molto? E´ proprio nell´incongruità delle sanzioni italiane, nella loro inefficacia, nell´invalidità della deterrenza il cuore delle conclusioni dell´avvocatura generale della Corte di Giustizia.

Bisogna innanzitutto spiegare chi è e che cosa fa l´avvocato generale perché già s´alza il polverone, consueto quando gli affari di Berlusconi si affacciano ai banchi di giustizia. L´avvocato generale non è un pubblico ministero, come avventurosamente vanno dicendo in queste ore i coriferi del Capo e finanche il sottosegretario alla giustizia Michele Vietti.

Gli avvocati generali della Corte (nove) «presentano pubblicamente, con assoluta imparzialità e in piena indipendenza, conclusioni motivate sugli affari sottoposti alla Corte di giustizia per assisterla nell´adempimento della sua missione» (art. 222 Trattato della Comunità Europea). Non sono l´accusa. Non hanno questa funzione. Fanno altro. Garantiscono «la uniformità della giurisprudenza comunitaria». Prospettano alla Corte «le soluzioni che appaiono più in linea con i precedenti della Corte e con i principi del diritto comunitario».

L´avvocato generale si chiede, dunque, se la legge che regola e punisce in Italia il falso in bilancio è conforme al diritto europeo, come sostengono gli imputati (cioè Berlusconi) e il governo italiano (cioè Berlusconi). La faccenda, privata dei tecnicismi, è meno intricata di quanto può apparire.

Le direttive dell´Unione europea lasciano agli Stati membri un potere discrezionale non irrilevante perché decidono quali sanzioni applicare alle violazioni del diritto comunitario. Potere non irrilevante, ma non illimitato - osserva l´avvocato generale - perché la Comunità europea impone che le sanzioni (tutte le sanzioni) abbiano «capacità dissuasiva» e siano «proporzionate» ed «efficaci». Una sanzione è efficace quando la sua irrogazione «non venga resa praticamente impossibile o eccessivamente difficile». Solo così è effettiva. Come è dissuasiva se «induce l´individuo ad astenersi dal violare le norme e gli scopi del diritto comunitario. A questo fine, conta anche la probabilità che possa essere irrogata».

Per farla breve, chi trucca le carte del bilancio deve temere di essere effettivamente punito. Solo se distoglie e interdice da un comportamento illecito una sanzione è efficace. Solo se è proporzionata ai danni che produce, quella minaccia sarà effettiva perché scoraggerà chi è tentato dalle strade storte.

Ora, si chiede l´avvocato generale, le norme italiane rispettano questo principio accettato liberamente dal nostro Paese? No, risponde, perché «non si può tollerare che vengano inserite in un conto annuale e poi pubblicate informazioni intenzionalmente false con l´obiettivo di ingannare o arricchirsi». Se si prevedono «soglie di tolleranza o causa di non punibilità», come fa l´Italia, «si consente che vengano effettuate dichiarazioni false» a fronte di punizioni «inidonee a soddisfare il requisito di sanzioni dissuasive». Come è ben lontano dall´essere efficace un regime di prescrizione grazie al quale «la pena comminata non viene mai, o solo raramente, irrogata».

Quella legge è una burla, insomma. Il regime che prevede; i tempi che assegna al processo; le sanzioni che minaccia sono spauracchi che non intimidiscono nessuno, sostiene l´avvocatura generale europea. Private di forza dissuasiva, di efficacia e di proporzionalità ai danni inflitti alle vittime, al pubblico e al sistema economico, non rispettano i principi del diritto comunitario. Quindi, «secondo una giurisprudenza costante e consolidata della Corte di giustizia, i giudici nazionali hanno l´obbligo di applicare il diritto comunitario e di disapplicare le disposizioni del diritto nazionale contrastanti».

Ecco, allora, la conclusione: «I giudici del rinvio (i giudici italiani) sono obbligati, in forza del diritto comunitario, a dare applicazione, nei procedimenti penali pendenti, ai precetti contenuti nelle direttive sul diritto societario senza necessità di una preventiva pronuncia della Corte costituzionale italiana».

Le conclusioni dell´avvocatura generale non sono vincolanti per la Corte che deciderà in camera di consiglio più o meno tra tre mesi, ma la dura lezione resta. La si può ridurre in un aggettivo: inaffidabili. Inaffidabili i bilanci, inaffidabili le leggi, inaffidabile un sistema economico che, potendosi nascondere dietro il paravento della "non sensibile alterazione dei conti", è oscuro e ingannevole per gli investitori e per i risparmiatori. Inaffidabili per l´Europa delle regole. Inaffidabili per l´Europa degli affari. Converrà correre ai ripari riformando presto il reato di falso in bilancio. Lo si potrebbe fare subito nella discussione in corso sulla legge sul risparmio. Berlusconi potrebbe, con un atto di liberale generosità, accettarlo. La schifezza di quella legge sul falso in bilancio è andata a segno, in fondo. Molto vicino al traguardo della desideratissima prescrizione anche con la vecchia legge, il presidente del Consiglio non corre più alcun rischio. Si può tornare, dopo una "Cirami" inutile e una "Schifani" incostituzionale, a una legislazione che ci avvicini alla decenza e anche all´Europa.

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