Da La Repubblica del 21/10/2004
Veleni, mafie e discariche è il Sud la pattumiera d´Italia
La Puglia è il regno delle strutture abusive: sono 600, pari al 12% del totale
Business diffuso in tutto il Meridione: qui prosperano gli affari della criminalità
Nell´Alta Murgia, individuata una centrale che minaccia l´economia della zona
Nei traffici illeciti di immondizia c´è di tutto, dai fanghi delle concerie al mercurio
di Giovanni Valentini
BARI - La rinomata "ruota" di Altamura - il pane casereccio di grano duro che si fa sulla Murgia, a cavallo tra la Puglia e la Basilicata, mille e cinquecento quintali al giorno destinati per la maggior parte al mercato nazionale, un euro e 55 centesimi al chilo - non è a rischio. Il frumento contaminato dal cadmio non finisce nei forni dei produttori locali e loro giurano che non l´hanno mai usato. Gli stessi magistrati assicurano che dalle analisi di laboratorio "il grano è risultato del tutto regolare e comunque conforme ai parametri stabiliti dalla vigente legislazione".
Ma l´inchiesta sui veleni dell´Alta Murgia che nel giugno scorso ha portato a tre arresti per gestione e traffico illecito di rifiuti, ha individuato una colossale discarica a cielo aperto che insieme all´ambiente e alla salute minaccia anche tutta l´economia della zona. Oltre trecento ettari di terreno sono risultati inquinati dalla presenza di cromo, stagno, mercurio e antimonio, con in più cospicue quantità di salmonella. Per quattro anni, dal 1999 al 2003, sarebbero state sparse su questi campi di pietra e di erba 176.700 tonnellate di sostanze contenenti plastica e metalli pesanti, inquinando le falde freatiche, l´acqua, il fieno e quindi il latte che poi viene trasformato in formaggi, ricotte e mozzarelle.
Le tre persone mandate agli arresti domiciliari, e poi rimesse in libertà, sono Silvestro Delle Foglie, 63 anni, titolare della Tersan di Modugno, un dinamico centro industriale nell´hinterland barese; il proprietario dei terreni Giuseppe Quintano e l´autotrasportatore Giovanni Loporcaro. In base alle deposizioni di alcuni testimoni, un paio di volte al giorno due camion scaricavano qui rifiuti anche pericolosi, mescolati ai fanghi prodotti dagli impianti di depurazione delle concerie toscane.
La sede della Tersan si trova alle porte di Modugno e i fumi maleodoranti dello stabilimento invadono spesso le strade del paese. Dall´ottobre ?99, nonostante lo status giuridico di "fallita", l´amministratore unico della società è la signora Sabina Cirone, moglie di Delle Foglie. E nello scandalo si ritrova coinvolto perfino il direttore scientifico dell´Arpa (l´Agenzia regionale Prevenzione e Ambiente), Onofrio Lattarulo, sospettato dagli inquirenti di aver omesso o alterato alcuni parametri nelle analisi di laboratorio aiutando così l´imputato a "eludere le investigazioni della Procura della Repubblica", ma poi rimasto tranquillamente al suo posto.
Ora, sulla stessa statale 96 che collega Bari e Altamura, ai confini di quello che sarà il Parco naturale dell´Alta Murgia, è stato appena sequestrato dalla magistratura un mega-impianto per la lavorazione dei rifiuti, costruito dalla Tersan-Prometeo in violazione dei vincoli paesaggistici e urbanistici. A detta dei proprietari, dovrebbe essere uno stabilimento all´avanguardia per la produzione di "compost", il materiale di riciclo che poi viene utilizzato come terriccio e fertilizzante. Ma in realtà, con le sue 800 tonnellate al giorno di rifiuti che potrebbero arrivare a 1000, compresi magari le plastiche e i fanghi al cromo che hanno già contaminato la zona, questa rischia di diventare una micidiale "bomba ecologica", come denuncia da tempo - insieme a tutto il fronte ambientalista - l´associazione culturale "SenzaReti" che ha promosso la raccolta di cinquemila firme di cittadini per un referendum comunale contro il progetto.
E´ proprio la Puglia, secondo il Corpo forestale dello Stato, la Vandea dei rifiuti, il regno delle discariche abusive, la regione italiana che ne nasconde il maggior numero: 600, di cui una gran parte ancora attive, pari al 12 per cento del totale. Ma in tutto il Mezzogiorno questo è ormai un business diffuso e redditizio, intorno a cui prospera la cosiddetta ecomafia. Altro che raccolta differenziata, recupero e riciclaggio dei contenitori; altro che inceneritori o termovalorizzatori per bruciare i rifiuti e ricavarne energia. Al Sud siamo ancora alla preistoria, all´età della pietra, al traffico clandestino in mano alla criminalità più o meno organizzata. E il peggio è che i rifiuti di ogni genere, compresi quelli tossici, arrivano qui da tutt´Italia e perfino da tutta Europa.
In Campania, in Puglia, in Calabria e in Sicilia, opera a pieno regime quella che Legambiente chiama la "Rifiuti SpA", una grande centrale che tratta e smaltisce abusivamente i rifiuti cosiddetti speciali, meglio ancora se pericolosi, inquinando così l´ambiente e anche il mercato. Ormai è diventato un tema ricorrente nelle denunce dei magistrati che operano in prima linea nelle regioni meridionali. «Il fenomeno delle ecomafie - avverte il procuratore generale di Bari, Riccardo Di Bitonto, nella Relazione con cui ha inaugurato lo scorso anno giudiziario - costituisce un paradigma della strategia della moderna criminalità organizzata. La presenza delle organizzazioni delinquenziali non si manifesta più unicamente attraverso il compimento di delitti di sangue. I crimini strutturali di queste organizzazioni sono quelli silenziosi della penetrazione nell´economia e nel ciclo dei rifiuti».
In un Mezzogiorno che dovrebbe vivere principalmente di agricoltura e turismo, la montagna di immondizia smaltita illegalmente non è neppure quantificabile con esattezza. Per approssimazione, ammonta a qualche milione di tonnellate di residui, spesso altamente pericolosi, che hanno finito per contaminare aree anche molto vaste. Lungo le rotte dei traffici illeciti, da Nord a Sud, viaggia davvero di tutto: scorie derivanti dalla metallurgia termica dell´alluminio; fanghi prodotti dalle concerie; polveri di abbattimento fumi, derivanti spesso da industrie siderurgiche; trasformatori con oli contaminati da Pcb (i famigerati policlorobifenili); reflui liquidi contaminati, come quelli al mercurio dell´Enichem di Priolo; ma anche rifiuti e terre provenienti da attività di bonifica. Si sta verificando, purtroppo, quello che Legambiente aveva già segnalato: le attività illecite della "Rifiuti S. p. A." rischiano di pregiudicare le stesse attività di risanamento dei siti contaminati.
Oltre alla varietà e alla pericolosità dei rifiuti illeciti, a preoccupare ancora di più gli ambientalisti è la grande fantasia delle attività di smaltimento illegale: fanghi industriali altamente contaminati sono utilizzati come fertilizzanti in aziende agricole; polveri per l´abbattimento dei fumi, particolarmente tossiche, finiscono nelle fornaci in cui si producono laterizi oppure nei cementifici; residui di fonderia vengono smaltiti nelle fondamenta di cantieri edili; rifiuti speciali e pericolosi sono trasformati in rifiuti urbani, apparentemente innocui, da avviare agli impianti di incenerimento; rifiuti prodotti in Campania vengono smistati ufficialmente in impianti autorizzati allo smaltimento in Abruzzo, ma in realtà finiscono in discariche abusive della stessa Campania, con relative compensazioni economiche in nero tra le società coinvolte nei traffici; rifiuti pericolosi vengono miscelati illegalmente oppure occultati sul fondo di fusti che contengono sostanze apparentemente innocue, come nel caso di Priolo.
Il Mezzogiorno, insomma, grande "pattumiera d´Italia". Come se già non bastassero la disoccupazione, la povertà, l´immigrazione clandestina, il contrabbando, la criminalità organizzata e quant´altro. O forse, proprio a causa di tutto questo.
Ma l´inchiesta sui veleni dell´Alta Murgia che nel giugno scorso ha portato a tre arresti per gestione e traffico illecito di rifiuti, ha individuato una colossale discarica a cielo aperto che insieme all´ambiente e alla salute minaccia anche tutta l´economia della zona. Oltre trecento ettari di terreno sono risultati inquinati dalla presenza di cromo, stagno, mercurio e antimonio, con in più cospicue quantità di salmonella. Per quattro anni, dal 1999 al 2003, sarebbero state sparse su questi campi di pietra e di erba 176.700 tonnellate di sostanze contenenti plastica e metalli pesanti, inquinando le falde freatiche, l´acqua, il fieno e quindi il latte che poi viene trasformato in formaggi, ricotte e mozzarelle.
Le tre persone mandate agli arresti domiciliari, e poi rimesse in libertà, sono Silvestro Delle Foglie, 63 anni, titolare della Tersan di Modugno, un dinamico centro industriale nell´hinterland barese; il proprietario dei terreni Giuseppe Quintano e l´autotrasportatore Giovanni Loporcaro. In base alle deposizioni di alcuni testimoni, un paio di volte al giorno due camion scaricavano qui rifiuti anche pericolosi, mescolati ai fanghi prodotti dagli impianti di depurazione delle concerie toscane.
La sede della Tersan si trova alle porte di Modugno e i fumi maleodoranti dello stabilimento invadono spesso le strade del paese. Dall´ottobre ?99, nonostante lo status giuridico di "fallita", l´amministratore unico della società è la signora Sabina Cirone, moglie di Delle Foglie. E nello scandalo si ritrova coinvolto perfino il direttore scientifico dell´Arpa (l´Agenzia regionale Prevenzione e Ambiente), Onofrio Lattarulo, sospettato dagli inquirenti di aver omesso o alterato alcuni parametri nelle analisi di laboratorio aiutando così l´imputato a "eludere le investigazioni della Procura della Repubblica", ma poi rimasto tranquillamente al suo posto.
Ora, sulla stessa statale 96 che collega Bari e Altamura, ai confini di quello che sarà il Parco naturale dell´Alta Murgia, è stato appena sequestrato dalla magistratura un mega-impianto per la lavorazione dei rifiuti, costruito dalla Tersan-Prometeo in violazione dei vincoli paesaggistici e urbanistici. A detta dei proprietari, dovrebbe essere uno stabilimento all´avanguardia per la produzione di "compost", il materiale di riciclo che poi viene utilizzato come terriccio e fertilizzante. Ma in realtà, con le sue 800 tonnellate al giorno di rifiuti che potrebbero arrivare a 1000, compresi magari le plastiche e i fanghi al cromo che hanno già contaminato la zona, questa rischia di diventare una micidiale "bomba ecologica", come denuncia da tempo - insieme a tutto il fronte ambientalista - l´associazione culturale "SenzaReti" che ha promosso la raccolta di cinquemila firme di cittadini per un referendum comunale contro il progetto.
E´ proprio la Puglia, secondo il Corpo forestale dello Stato, la Vandea dei rifiuti, il regno delle discariche abusive, la regione italiana che ne nasconde il maggior numero: 600, di cui una gran parte ancora attive, pari al 12 per cento del totale. Ma in tutto il Mezzogiorno questo è ormai un business diffuso e redditizio, intorno a cui prospera la cosiddetta ecomafia. Altro che raccolta differenziata, recupero e riciclaggio dei contenitori; altro che inceneritori o termovalorizzatori per bruciare i rifiuti e ricavarne energia. Al Sud siamo ancora alla preistoria, all´età della pietra, al traffico clandestino in mano alla criminalità più o meno organizzata. E il peggio è che i rifiuti di ogni genere, compresi quelli tossici, arrivano qui da tutt´Italia e perfino da tutta Europa.
In Campania, in Puglia, in Calabria e in Sicilia, opera a pieno regime quella che Legambiente chiama la "Rifiuti SpA", una grande centrale che tratta e smaltisce abusivamente i rifiuti cosiddetti speciali, meglio ancora se pericolosi, inquinando così l´ambiente e anche il mercato. Ormai è diventato un tema ricorrente nelle denunce dei magistrati che operano in prima linea nelle regioni meridionali. «Il fenomeno delle ecomafie - avverte il procuratore generale di Bari, Riccardo Di Bitonto, nella Relazione con cui ha inaugurato lo scorso anno giudiziario - costituisce un paradigma della strategia della moderna criminalità organizzata. La presenza delle organizzazioni delinquenziali non si manifesta più unicamente attraverso il compimento di delitti di sangue. I crimini strutturali di queste organizzazioni sono quelli silenziosi della penetrazione nell´economia e nel ciclo dei rifiuti».
In un Mezzogiorno che dovrebbe vivere principalmente di agricoltura e turismo, la montagna di immondizia smaltita illegalmente non è neppure quantificabile con esattezza. Per approssimazione, ammonta a qualche milione di tonnellate di residui, spesso altamente pericolosi, che hanno finito per contaminare aree anche molto vaste. Lungo le rotte dei traffici illeciti, da Nord a Sud, viaggia davvero di tutto: scorie derivanti dalla metallurgia termica dell´alluminio; fanghi prodotti dalle concerie; polveri di abbattimento fumi, derivanti spesso da industrie siderurgiche; trasformatori con oli contaminati da Pcb (i famigerati policlorobifenili); reflui liquidi contaminati, come quelli al mercurio dell´Enichem di Priolo; ma anche rifiuti e terre provenienti da attività di bonifica. Si sta verificando, purtroppo, quello che Legambiente aveva già segnalato: le attività illecite della "Rifiuti S. p. A." rischiano di pregiudicare le stesse attività di risanamento dei siti contaminati.
Oltre alla varietà e alla pericolosità dei rifiuti illeciti, a preoccupare ancora di più gli ambientalisti è la grande fantasia delle attività di smaltimento illegale: fanghi industriali altamente contaminati sono utilizzati come fertilizzanti in aziende agricole; polveri per l´abbattimento dei fumi, particolarmente tossiche, finiscono nelle fornaci in cui si producono laterizi oppure nei cementifici; residui di fonderia vengono smaltiti nelle fondamenta di cantieri edili; rifiuti speciali e pericolosi sono trasformati in rifiuti urbani, apparentemente innocui, da avviare agli impianti di incenerimento; rifiuti prodotti in Campania vengono smistati ufficialmente in impianti autorizzati allo smaltimento in Abruzzo, ma in realtà finiscono in discariche abusive della stessa Campania, con relative compensazioni economiche in nero tra le società coinvolte nei traffici; rifiuti pericolosi vengono miscelati illegalmente oppure occultati sul fondo di fusti che contengono sostanze apparentemente innocue, come nel caso di Priolo.
Il Mezzogiorno, insomma, grande "pattumiera d´Italia". Come se già non bastassero la disoccupazione, la povertà, l´immigrazione clandestina, il contrabbando, la criminalità organizzata e quant´altro. O forse, proprio a causa di tutto questo.
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