Da Corriere della Sera del 22/10/2004
Rispunta la diffidenza verso l’Italia del premier
di Massimo Franco
Nel gioco delle iniziali si parla delle «due B»: quelle di Rocco Buttiglione e di José Manuel Barroso. Ma l’opposizione italiana, e non solo, ha cominciato a indicarne tre: ai cognomi del commissario designato dall’Italia e del presidente della Commissione Ue, aggiunge quello di Silvio Berlusconi. Così, la decisione di Barroso di confermare Buttiglione, ma mettendolo sotto la tutela di quattro controllori sui diritti civili, sta esasperando in modo esagerato le frizioni fra Italia e Parlamento europeo. Il problema non è più quello, evocato e usato strumentalmente, della fede cattolica del commissario; ora, l’ostacolo sembra diventato la sua nazionalità. L’accusa che ieri il neopresidente portoghese ha dovuto rintuzzare riguarda l’opportunità di scegliere un italiano alla Giustizia. «Non c’è ragione per discriminare un commissario per la sua provenienza», ha risposto Barroso: «soprattutto se è originario di un grande Paese democratico come l’Italia. Vogliamo escludere qualcuno perché viene da un certo Paese?». Domanda retorica ineccepibile; eppure, la risposta di un pezzo del Parlamento di Strasburgo è tutt’altro che scontata. Non si esclude ancora una bocciatura della Commissione, sebbene Buttiglione abbia scritto una lettera contrita dopo le sue parole incaute su omosessuali e universo femminile.
Anche perché ormai la polemica non coinvolge soltanto lui. Il compromesso sui «quattro saggi» è stato giudicato «umiliante» dal diessino Massimo D’Alema; e «pilatesco» e «non decoroso» perfino dal leghista Alessandro Cè. Ma soprattutto, chiama in causa la Commissione e coinvolge Palazzo Chigi. L’opposizione italiana insiste su una sorta di «peccato d’origine» di Berlusconi sulle questioni giudiziarie, nella scia di quanto ha detto ieri a Strasburgo il capolista socialista Martin Schultz: lo stesso cui il premier l’anno scorso aveva dato del «kapò» nazista in Aula, reagendo alle sue critiche.
Per questo si è parlato anche di una vendetta dell’europarlamentare tedesco. Ma sono spiegazioni parziali, rispetto ad una situazione di incertezza e di indebolimento complessivo della Commissione fin dai suoi primi passi: una delegittimazione che il caso Buttiglione e la soluzione pasticciata hanno aggravato, ma non provocato. D’Alema vede un «rischio di frattura» con il Parlamento Ue. E sposta la questione sul piano politico. «Al di là delle parole di Buttiglione», sostiene, «c’è in molti Paesi europei preoccupazione per le scelte del governo Berlusconi sulla giustizia. E’ un governo che sta ostacolando gli accordi sul mandato di cattura europeo».
Mercoledì 27 ottobre, al momento del voto a Strasburgo, si capirà quanto queste tensioni abbiano destabilizzato gli schieramenti. Sulla carta, Barroso è sostenuto da una coalizione maggioritaria. E, nonostante le bordate del centrosinistra, incassa gli auguri del suo predecessore Romano Prodi, capo dell’opposizione in Italia. «Mi auguro» dice «che alla firma della Costituzione, la Commissione presieduta da José Manuel Barroso sia presente nella sua pienezza e con tutti i commissari». La firma è prevista il 29 ottobre, a Roma. Comunque vada, la capitale italiana si troverà al centro di un’attenzione speciale e, si teme, non proprio benevola.
Anche perché ormai la polemica non coinvolge soltanto lui. Il compromesso sui «quattro saggi» è stato giudicato «umiliante» dal diessino Massimo D’Alema; e «pilatesco» e «non decoroso» perfino dal leghista Alessandro Cè. Ma soprattutto, chiama in causa la Commissione e coinvolge Palazzo Chigi. L’opposizione italiana insiste su una sorta di «peccato d’origine» di Berlusconi sulle questioni giudiziarie, nella scia di quanto ha detto ieri a Strasburgo il capolista socialista Martin Schultz: lo stesso cui il premier l’anno scorso aveva dato del «kapò» nazista in Aula, reagendo alle sue critiche.
Per questo si è parlato anche di una vendetta dell’europarlamentare tedesco. Ma sono spiegazioni parziali, rispetto ad una situazione di incertezza e di indebolimento complessivo della Commissione fin dai suoi primi passi: una delegittimazione che il caso Buttiglione e la soluzione pasticciata hanno aggravato, ma non provocato. D’Alema vede un «rischio di frattura» con il Parlamento Ue. E sposta la questione sul piano politico. «Al di là delle parole di Buttiglione», sostiene, «c’è in molti Paesi europei preoccupazione per le scelte del governo Berlusconi sulla giustizia. E’ un governo che sta ostacolando gli accordi sul mandato di cattura europeo».
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