Da Corriere della Sera del 27/10/2004

Il ministro che aspira all’Eliseo: rapporto nuovo tra valori repubblicani e fede

Laicità, strappo di Sarkozy

Il capo della Destra francese: la separazione Stato-religione va ripensata

di Massimo Nava

PARIGI - Per ora è soltanto un libro, domani potrebbe essere una proposta. Per ora è un sapiente mix di stati d'animo e calcoli elettorali, domani potrebbe modificare un pilastro della società francese: la laicità, quindi il rapporto dello Stato con le differenti fedi e, a cascata, il posto della spiritualità nella vita civile. Non risulta che Nicolas Sarkozy sia stato folgorato sulla via di Damasco, ma le sue idee sulla fede fanno rumore in una Francia che ha la laicità nei cromosomi e che, ogni giorno, si confronta con un panorama spirituale profondamente cambiato, anche per effetto delle immigrazioni. Il suo libro «La Repubblica, le religioni, la speranza», in uscita domani dopo lunga gestazione, promette di scalfire le certezze consolidate dalla legge contro i simboli religiosi nelle scuole e di sparigliare le carte negli schieramenti politici. Perché le cose che dice Sarkozy, futuro pretendente all'Eliseo e ormai leader incontrastato della destra, sono comunque diverse da ciò che pensa e decide il presidente Chirac, il quale, peraltro, in oltre trent'anni di vita politica, non ha mai messo in pubblico le proprie convinzioni spirituali, lasciando la pratica alla first lady Bernardette.

Oltre a essere contrario alla legge sul velo, adesso Sarkozy mette in discussione la legge del 1905 sulla separazione fra Chiesa e Stato, ovvero il caposaldo teorico della laicità e del provvedimento sui simboli religiosi. Aprendo la strada alla possibilità che lo Stato si faccia carico dei luoghi di culto, dell'insegnamento religioso e della formazione degli insegnanti, Sarkozy punta nella sostanza a modificare, senza dogmi e pregiudizi, i rapporti e l'orizzonte dell'Islam in terra di Francia.

Un approccio più pragmatico, nella Francia dei cinque milioni di musulmani, molti dei quali nati in terra francese, spesso mortificati da una retorica dell'integrazione che non risolve fratture sociali, discriminazioni, ghetti e pericolose derive identitarie. La tesi di Sarkozy è molto semplice: non ci sarà integrazione, se non si fa posto all'Islam nell'ambito della Repubblica. Difficile separare calcoli elettorali da visioni coerenti: Sarkozy, a differenza di Chirac, è contro l'ingresso della Turchia e sostiene le «radici cristiane» dell'Europa.

Da ministro degli Interni, Sarkozy aveva già rotto gli schemi, istituzionalizzando la rappresentanza musulmana francese. Oggi i rappresentanti eletti litigano per la leadership, ma almeno sono interlocutori accettati dalle comunità e credibili per il governo. Da ministro dell'economia, Sarkozy ha messo in cantiere un altro provvedimento, molto americano e poco ortodosso per i canoni della République : la discriminazione positiva sui luoghi di lavoro, ovvero le possibilità di un accesso prioritario per categorie sociali e gruppi etnici penalizzati o discriminati nonostante il dogma dell'egalité. Una trentina di grandi imprese si sono già impegnate in questa soluzione.

Adesso che sta per prendere la testa del partito, la «macchina da guerra» per la conquista dell'Eliseo, Sarkozy rimette in discussione i principi della laicità francese. Il messaggio è rivolto ai musulmani, i quali, oltre che numerosi, sono anche futuri elettori, ma anche alla società francese in generale. Sarkozy ne ha colto incertezze e bisogno latente di spiritualità. Per questo, confessa anche il suo: «Tutto ciò che può aiutare a dare un senso alla vita è importante, in un mondo in cui è così difficile trovare punti di riferimento. Non si possono educare i giovani facendo affidamento soltanto su valori materiali, temporali, repubblicani». Sarkozy si professa credente e praticante a modo suo. Farsi vedere alla messa, con la seconda moglie Cecilia, aiuta. A mani giunte, verso l'Olimpo, pardon l'Eliseo.

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