Da Corriere della Sera del 28/10/2004

La crisi di Strasburgo rilancia il Professore

di Massimo Franco

La strategia ufficiale è una resistenza a oltranza: un governo italiano compatto nella difesa di Rocco Buttiglione commissario europeo, anche se magari non più alla Giustizia. Ma quella sommersa lascia trapelare atteggiamenti meno eroici: con Palazzo Chigi attestato su una trincea mobile, e pronto a sacrificare Buttiglione sull’altare di un accordo che salvi la Commissione del portoghese José Manuel Barroso dal naufragio finale. Il fatto che ieri, per la seconda volta l’ex ministro alle Politiche comunitarie abbia smentito di aver parlato di dimissioni con Silvio Berlusconi, dà la misura del nervosismo e dell’incertezza nel centrodestra. Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha giurato che, «allo stato, il candidato del governo italiano» rimane Buttiglione. Ma i maligni si sono soffermati sull’avverbio temporale, «allo stato». D’altronde, sotto voce si è aperta la caccia al sostituto. E Romano Prodi ha fatto capire che ci dovrebbe essere un profondo rimescolamento. Cambierà «più di un commissario», prevede il presidente uscente della Commissione Ue, costretto a rimanere dopo il rinvio del voto chiesto da Barroso per evitare la bocciatura: una proroga e una visibilità inaspettate, figlie della crisi istituzionale a Strasburgo.

Così sarà lui, capo dell’opposizione a Silvio Berlusconi, a firmare domani il Trattato costituzionale di Roma; e oggi verrà ricevuto dal Papa. Ma soprattutto, il ruolo di garante della continuità della Commissione permette a Prodi di dare la propria versione di quanto sta avvenendo con un impatto maggiore. E la sua lettura risulta agli antipodi rispetto a quella governativa; sottolinea impietosamente l’isolamento europeo del centrodestra berlusconiano; piccona la tesi del pregiudizio antireligioso contro Buttiglione, cara alla maggioranza di governo.

«Trattandosi della Giustizia, non c’entra la mancata ratifica da parte dell’Italia del mandato di cattura europeo?», ha chiesto retoricamente in tv il presidente della Commissione Ue. Per molti parlamentari «ha giocato questa motivazione», si è risposto evocando un veto non scritto. Ma se la tesi è esatta, qualunque commissario alla Giustizia in odore di berlusconismo verrebbe sgambettato: agli occhi dell’Europa, inaffidabile sarebbe l’Italia di centrodestra che si presenta con il «papista» Buttiglione.

Ma la religione non c’entra, garantisce Prodi. «Come due miei predecessori profondamente cattolici, Delors e Santer, in Europa non ho mai sentito discriminazioni». Sono parole che ribadiscono il suo legame con le istituzioni del Vecchio Continente; ed esaltano le difficoltà di Berlusconi. Prodi sa che la vicenda si chiuderà entro novembre: probabilmente con l’insediamento di una Commissione Barroso riveduta e corretta. Ma sa anche che l’ombra del caso Buttiglione potrebbe perseguitare Palazzo Chigi molto più a lungo. E le elezioni si avvicinano.

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