Da Corriere della Sera del 28/10/2004
LO SCIENZIATO
«Il futuro? Estrarre idrogeno dall’acqua di mare»
di Franco Foresta Martin
ROMA - La sfida più promettente delle ricerche in campo energetico? «Produrre grandi quantità di idrogeno da una fonte inesauribile come l’acqua di mare, sfruttando l’energia solare. E poi utilizzarlo come vettore energetico pulito, sia per alimentare centrali elettriche, sia per far muovere i mezzi di trasporto». E’ il sogno di Sir David King, esperto di problemi energetici di fama internazionale e consigliere personale del primo ministro Tony Blair. A Roma per una giornata di studio a cui ha partecipato anche il premio Nobel Carlo Rubbia, King delinea la transizione verso l’economia dell’idrogeno senza fughe in avanti, indicando come arrivarci, alla luce delle ricerche più avanzate.
L’idrogeno sembra la chiave del futuro ma stenta a decollare.
«E’ vero ci sono problemi di produzione, immagazzinamento, distribuzione e di batterie, le cosiddette fuel cell . La comunità scientifica sta tentando di risolverli. Poi ci sarà da vincere la sfida del mercato. L’economia dell’idrogeno si affermerà quando l’impiego di questo vettore sarà competitivo».
C’è una sorgente da cui attingere idrogeno a piene mani?
«In Giappone lo stanno estraendo dall’acqua di mare, con metodi detti di catalisi fotoelettrica, cioè impiegando la luce solare. Il processo funziona, per ora, a bassa efficienza. Ma intravedo spazio per miglioramenti. Poi stiamo anche provando a scomporre l’acqua per mezzo delle altissime temperature generate dai reattori nucleari al fine di estrarre idrogeno. In prospettiva potrebbe rivelarsi una via praticabile sia con l’attuale tecnologia della fissione nucleare sia con quella della futura fusione nucleare».
Intanto, pur di fare decollare l’economia dell’idrogeno, c’è chi trova conveniente estrarlo dagli idrocarburi.
«Anche questa è una strada da perseguire. In questa fase intermedia è utile procedere in tutti i modi possibili. In Islanda, per esempio, provano a estrarlo con l’energia delle sorgenti geotermiche. Insomma, le alternative sono diverse. Ancora una volta sarà il mercato a indicarci la più conveniente, la più competitiva rispetto alle altre forme di energia».
Oggi qual è la differenza di prezzo fra un’automobile convenzionale e una a idrogeno?
«Se come termine di confronto prendiamo un’automobile idonea da un punto di vista ambientale, cioè una ibrida che funziona sia a combustione interna sia a batterie convenzionali, ebbene quella a idrogeno costa cento volte di più. Da questo si capisce che c’è ancora molta strada da fare».
Quale spazio c’è per altre energie pulite?
«Innanzitutto bisogna incrementare l’efficienza energetica, riducendo consumi e emissioni fino al 50%. In Inghilterra, per la produzione di energia elettrica, puntiamo a energie rinnovabili come il vento e stiamo anche pensando di sfruttare le maree e il moto ondoso».
E del nucleare che ne pensa?
«E’ un’opzione molto importante. La stiamo tenendo aperta anche se, laddove è possibile, puntiamo sulle rinnovabili».
Qual è la sua opinione sul ritorno al carbone con cicli più puliti?
«Se l’obiettivo è quello di ridurre le emissioni di CO2 per scongiurare il riscaldamento globale, allora il carbone non va bene. Si potrà prendere in considerazione solo quando si potrà segregare la CO2 sottoterra. Ma dare per buona oggi questa possibilità è come mettere una foglia di fico per coprire una realtà scomoda».
Riscaldamento globale: lei è scettico o preoccupato?
«Sono uno scienziato, devo guardare ai fatti. Il riscaldamento è una realtà. Fa più caldo degli ultimi 800.000 anni. La CO2 è raddoppiata dall’era preindustriale. Dunque c’è evidenza della responsabilità dell’uomo. Più difficile stabilire l’impatto sui vari Paesi».
Dopo la ratifica russa gli Usa resteranno ancora fuori da Kyoto?
«Rappresentano il 25% delle emissioni. Dobbiamo fare di tutto per coinvolgerli. Blair spera che la prossima presidenza inglese del G8 possa essere un momento favorevole».
L’idrogeno sembra la chiave del futuro ma stenta a decollare.
«E’ vero ci sono problemi di produzione, immagazzinamento, distribuzione e di batterie, le cosiddette fuel cell . La comunità scientifica sta tentando di risolverli. Poi ci sarà da vincere la sfida del mercato. L’economia dell’idrogeno si affermerà quando l’impiego di questo vettore sarà competitivo».
C’è una sorgente da cui attingere idrogeno a piene mani?
«In Giappone lo stanno estraendo dall’acqua di mare, con metodi detti di catalisi fotoelettrica, cioè impiegando la luce solare. Il processo funziona, per ora, a bassa efficienza. Ma intravedo spazio per miglioramenti. Poi stiamo anche provando a scomporre l’acqua per mezzo delle altissime temperature generate dai reattori nucleari al fine di estrarre idrogeno. In prospettiva potrebbe rivelarsi una via praticabile sia con l’attuale tecnologia della fissione nucleare sia con quella della futura fusione nucleare».
Intanto, pur di fare decollare l’economia dell’idrogeno, c’è chi trova conveniente estrarlo dagli idrocarburi.
«Anche questa è una strada da perseguire. In questa fase intermedia è utile procedere in tutti i modi possibili. In Islanda, per esempio, provano a estrarlo con l’energia delle sorgenti geotermiche. Insomma, le alternative sono diverse. Ancora una volta sarà il mercato a indicarci la più conveniente, la più competitiva rispetto alle altre forme di energia».
Oggi qual è la differenza di prezzo fra un’automobile convenzionale e una a idrogeno?
«Se come termine di confronto prendiamo un’automobile idonea da un punto di vista ambientale, cioè una ibrida che funziona sia a combustione interna sia a batterie convenzionali, ebbene quella a idrogeno costa cento volte di più. Da questo si capisce che c’è ancora molta strada da fare».
Quale spazio c’è per altre energie pulite?
«Innanzitutto bisogna incrementare l’efficienza energetica, riducendo consumi e emissioni fino al 50%. In Inghilterra, per la produzione di energia elettrica, puntiamo a energie rinnovabili come il vento e stiamo anche pensando di sfruttare le maree e il moto ondoso».
E del nucleare che ne pensa?
«E’ un’opzione molto importante. La stiamo tenendo aperta anche se, laddove è possibile, puntiamo sulle rinnovabili».
Qual è la sua opinione sul ritorno al carbone con cicli più puliti?
«Se l’obiettivo è quello di ridurre le emissioni di CO2 per scongiurare il riscaldamento globale, allora il carbone non va bene. Si potrà prendere in considerazione solo quando si potrà segregare la CO2 sottoterra. Ma dare per buona oggi questa possibilità è come mettere una foglia di fico per coprire una realtà scomoda».
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