Da La Repubblica del 02/10/2004
Commercianti, artigiani e professionisti contro la revisione degli studi di settore prevista dalla Finanziaria
Partite Iva in rivolta: alzeremo i prezzi
Venturi (Confesercenti): "Provvedimento ingiustificato e inaccettabile"
di Luisa Grion
ROMA - Il fronte è compatto: la revisione degli studi di settore è una «beffa» che non può passare. Lo dicono artigiani e commercianti convinti di essere la categoria più penalizzata dalla Finanziaria 2005. Quella che «dovrebbe pagare i debiti dello Stato». Quella da sacrificare ad un´opinione pubblica «cui si è lasciato credere che il potere d´acquisto, perso con il passaggio all´euro, ce lo siamo messo in tasca noi».
La protesta, assicurano, lieviterà in fretta. Si tratta solo di aspettare le «tabelle» per capire bene l´entità della manovra, ma lo spettro della «minimum tax» già si affaccia. Ciò che fa più arrabbiare, infatti, è il meccanismo che renderebbe automatico, anno per anno, l´aumento della base imponibile. «E un provvedimento ingiustificato e inaccettabile - dice Marco Venturi, presidente della Confesercenti - fare riferimento ad un aggravio annuale sulla base di un indice Istat piuttosto che confrontarsi con gli interessati, come ora è previsto, vuol dire voler rompere a tutti i costi un patto che funziona per rastrellare soldi su soldi. Il fatto è che noi non possiamo più pagare». Sia Venturi che Billè, leader della Confcommercio, ne fanno anche una questione di prezzi: difficile chiedere alla categoria di tenere fermi o abbassare i listini quando si fanno lievitare così, d´imperio, i costi delle imprese. «E se aumentano i prezzi - avvertono i commercianti - addio ripresa dei consumi».
Stessa linea per gli artigiani. Ivan Malavasi, presidente del Cna, è convinto che la revisione degli studi di settore rappresenti una «doppia fregatura»: «Per il fatto in sé - dice - ma anche perché così facendo si alzerà la base imponibile del concordato. In più ci sono due provocazioni inaccettabili. Da una parte si vuol tranquillizzare l´opinione pubblica dando credito a quell´impressione sbagliata secondo cui artigiani e commercianti avrebbero lucrato sul passaggio all´euro. Dall´altra, mentre alle grandi imprese si concedono incentivi, alle piccole - quelle che hanno assorbito la disoccupazione - si chiede di pagare». Secondo la Confartigianato c´è una sola spiegazione all´atteggiamento del governo: «Non si vuol tener conto - commenta il suo presidente, Luciano Petracchi -del fatto che in questi mesi interi settori, dal tessile alle calzature alla metalmeccanica, hanno visto ridurre vendite e fatturati. Altro che aumenti della base imponibile». Petracchi in fondo è quasi ottimista: «Sono convinto che la questione non possa finire così - afferma - la protesta che ne nascerebbe sarebbe violenta. E per il governo si tratterebbe di un suicidio politico».
La protesta, assicurano, lieviterà in fretta. Si tratta solo di aspettare le «tabelle» per capire bene l´entità della manovra, ma lo spettro della «minimum tax» già si affaccia. Ciò che fa più arrabbiare, infatti, è il meccanismo che renderebbe automatico, anno per anno, l´aumento della base imponibile. «E un provvedimento ingiustificato e inaccettabile - dice Marco Venturi, presidente della Confesercenti - fare riferimento ad un aggravio annuale sulla base di un indice Istat piuttosto che confrontarsi con gli interessati, come ora è previsto, vuol dire voler rompere a tutti i costi un patto che funziona per rastrellare soldi su soldi. Il fatto è che noi non possiamo più pagare». Sia Venturi che Billè, leader della Confcommercio, ne fanno anche una questione di prezzi: difficile chiedere alla categoria di tenere fermi o abbassare i listini quando si fanno lievitare così, d´imperio, i costi delle imprese. «E se aumentano i prezzi - avvertono i commercianti - addio ripresa dei consumi».
Stessa linea per gli artigiani. Ivan Malavasi, presidente del Cna, è convinto che la revisione degli studi di settore rappresenti una «doppia fregatura»: «Per il fatto in sé - dice - ma anche perché così facendo si alzerà la base imponibile del concordato. In più ci sono due provocazioni inaccettabili. Da una parte si vuol tranquillizzare l´opinione pubblica dando credito a quell´impressione sbagliata secondo cui artigiani e commercianti avrebbero lucrato sul passaggio all´euro. Dall´altra, mentre alle grandi imprese si concedono incentivi, alle piccole - quelle che hanno assorbito la disoccupazione - si chiede di pagare». Secondo la Confartigianato c´è una sola spiegazione all´atteggiamento del governo: «Non si vuol tener conto - commenta il suo presidente, Luciano Petracchi -del fatto che in questi mesi interi settori, dal tessile alle calzature alla metalmeccanica, hanno visto ridurre vendite e fatturati. Altro che aumenti della base imponibile». Petracchi in fondo è quasi ottimista: «Sono convinto che la questione non possa finire così - afferma - la protesta che ne nascerebbe sarebbe violenta. E per il governo si tratterebbe di un suicidio politico».
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