Da La Repubblica del 02/10/2004

Intervista allo storico Jacques Le Goff

"Così la nostra Europa perderebbe l´anima"

"Il regime turco non è del tutto democratico e la Turchia non ha niente in comune con l´Europa La storia profonda si fa lentamente"

di Giampiero Martinotti

Jacques Le Goff, lei è uno degli storici più ascoltati del nostro tempo ed è sempre stato un convinto europeista. Al tempo stesso, non nasconde la sua radicale contrarietà all´ingresso della Turchia nell´Ue: come mai?
«Prima di tutto, penso che l´Europa si definisca attraverso tre criteri: un territorio, delle istituzioni e una pratica. Le istituzioni e la pratica, su questo siamo tutti d´accordo, devono essere democratiche. E io aggiungerei che l´Europa dev´essere laica, anche se sarei stato favorevole a una menzione più precisa, nella costituzione europea, dell´importanza storica del cristianesimo».

Fermiamoci un attimo su questo punto: il regime turco non è democratico?
«Non del tutto, in particolare per il suo atteggiamento nei confronti delle minoranze. Una democrazia deve rispettarle e offrire loro la libertà, nei limiti della comunità nazionale, ma in Turchia ci sono due problemi. Il primo è storico: da poco tempo, gli Stati e le istituzioni riconoscono un certo numero di colpe del passato e mi sembra indispensabile che la Turchia riconosca il genocidio armeno. E poi c´è il problema curdo: la situazione attuale non è accettabile, i curdi dovrebbero avere una larga autonomia. Sono solo due aspetti che indicano come le condizioni di un regime pienamente democratico non siano ancora riunite».

Veniamo al primo criterio che lei ha definito, quello legato al territorio. E´ forse la domanda più difficile: cos´è l´Europa, quali sono i suoi confini?
«L´Europa non è un guazzabuglio, ha una sua coerenza e per disegnarne i contorni abbiamo a disposizione la geografia e la storia. E´ un problema molto difficile. Dal punto di vista geografico, l´Europa è l´estremità del continente eurasiatico. Vediamo facilmente le sue frontiere a nord, a sud e a ovest, perché sono fissate dal mare. Il problema è a est. I geografi greci, che hanno dato il nome all´Europa, ripresi poi dai chierici del Medioevo, hanno fissato la frontiera orientale al Tanais, cioè il Don. Quest´Europa ingloba la maggior parte dell´Ucraina e della Bielorussia e solo una piccola parte della Russia occidentale. Oggi questa frontiera non significa granché».

Molto più vicino a noi, il generale de Gaulle ha parlato di un´Europa che va dall´Atlantico agli Urali: è una frontiera plausibile?
«Gli Urali non sono un confine certo: si superano e la Russia si è storicamente sviluppata sui due versanti».

E allora come fissiamo questa sfuggente frontiera orientale?
«Una cosa è certa: territori oggi considerati come asiatici non possono entrare ufficialmente e concretamente nell´Europa. Per un certo periodo, l´Europa dovrà rispettare una geografia il cui limite è da qualche parte tra la frontiera occidentale e quella asiatica della Russia. Tuttavia, la geografia è chiara in un punto: a sud di questo limite orientale c´è una frontiera, rappresentata dal Bosforo e dal mar di Marmara. Un pezzetto di Turchia è europeo, con la più grande città del paese, Istanbul, ma il grosso del territorio geografico turco è asiatico, il suo nome corrente è Asia minore. Dal punto di vista geografico, un´Europa che andasse fino all´Iraq non avrebbe senso, sarebbe incoerente. C´è già chi esprime timori sull´allargamento a 25: a maggior ragione, l´ingresso della Turchia farebbe capottare l´Europa. E´ un rischio che non possiamo correre».

In questo ragionamento non c´è anche una ragione religiosa, la difficoltà ad accogliere un paese musulmano?
«Non è la mia posizione. Ci sono europei ostili all´adesione turca per ragioni religiose, perché pensano che un paese musulmano, anche se piuttosto laico, non possa entrare in un insieme così fortemente marcato dal cristianesimo. Per me, l´Europa è laica e questo aspetto non ha peso. Ci sono già degli europei musulmani».

Ma la Turchia appartiene anche alla storia europea, l´impero ottomano ha controllato a lungo territori del nostro continente: questo non conta?
«A cementare l´unità europea è la cultura, che si manifesta attraverso la sua diversità, ma la Turchia non ha niente in comune con l´Europa. I turchi sono stati non solo dei conquistatori, dei dominatori (questo tipo di relazioni possono cambiare), ma semplicemente degli stranieri. Fra i membri dell´impero ottomano, di cui alcuni sono in Europa, bisogna distinguere precisamente fra quelli che da molto tempo vivono nello spazio europeo e quelli che sono rimasti all´esterno, geograficamente e culturalmente. Non voglio usare parole troppo ridondanti, ma temo che l´ingresso della Turchia tolga all´Europa la sua anima».

Ma la sua adesione non sarebbe anche un messaggio lanciato agli altri paesi musulmani, la dimostrazione che uno Stato laico, anche se appartenente all´Islam, può essere accolto nella comunità occidentale?
«No, non credo a questo argomento. Non spetta all´Europa ripagare la laicità della Turchia e del resto c´è un paese musulmano ancora più laico, la Tunisia. Le nozioni di territorio e di frontiera cambiano con il tempo e non rifiuto l´idea che un giorno la Turchia abbia le carte in regola per aderire. Nell´immediato, bisogna firmare accordi con Ankara, farne un partner privilegiato, stabilire cosa vogliamo veder cambiare in Turchia. E´ questa la strada giusta da percorrere. La storia profonda, essenziale si fa lentamente: volere tutto e subito è un non senso storico».

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