Da Il Messaggero del 02/11/2004
Strage nel mercato, torna il terrore a Tel Aviv
Kamikaze di 16 anni si fa esplodere: con lui altri tre morti. Condanna di Arafat da Parigi
di Eric Salerno
GERUSALEMME «Mandare un adolescente in una missione suicida è immorale». Samira Abdullah è la madre di Amer Far, il ragazzo di sedici anni, residente di un campo profughi presso Nablus, che si è fatto saltare in aria ieri mattina nel grande mercato ortofrutticolo Carmel di Tel Aviv. Piange, ma è anche piena di rabbia nei confronti del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (che ha rivendicato l'attacco) per aver usato suo figlio per seminare morte in Israele: «Avrebbero dovuto mandare un adulto che capisce il significato delle proprie azioni». Il Fronte, una formazione in origine marxista, non ha mai aderito formalmente agli accordi di Oslo e l'attentato è il primo all'interno d'Israele da più di due mesi. E' probabile che sia stato preparato da tempo ma, in un momento come questo, con Arafat in ospedale malato e forse per sempre fuori gioco, appare come un monito dei palestinesi estremisti ai moderati: non provate a fermare il terrorismo e aprire un dialogo con Israele.
La spazio ristretto che passa in mezzo alle bancarelle di frutta e verdura nel più grande mercato all'aperto di Tel Aviv era pieno quando vi è arrivato il giovane Far, probabilmente trasportato nelle vicinanze da un complice. È un luogo frequentato anche da residenti di quartieri più distanti. Ebrei e arabi vi lavorano insieme e la coesistenza tra le due comunità israeliane ha retto anche nei momenti di maggiori conflittualità e rabbia legate alla situazione nei territori palestinesi occupati. L'ordigno esploso conteneva viti e pezzi di lamiera per provocare il maggiore danno possibile. Tre israeliani sono morti, un uomo di 65 anni e due giovani donne. I feriti sono una cinquantina di cui almeno uno versa in fin di vita. I soccorsi sono stati particolarmente difficili. Le ambulanze sono riuscite a raggiungere rapidamente la periferia del mercato ma i barellieri hanno dovuto correre a piedi per arrivare sul luogo dell'attentato. «L'ordigno non era particolarmente potente è il commento del capo della polizia di Tel Aviv, tra i primi ad arrivare sul luogo dell'attentato ma chi si trovava accanto al terrorista non ha avuto scampo». È quasi un anno e mezzo dall'ultimo attacco da parte di un kamikaze a Tel Aviv e la metropoli in riva al Mediterraneo era tornata a vivere una vita del tutto normale.
«Non credo che azioni come questa servono la causa palestinese», ha subito commentato il premier Ahmed Qurei nell'esortare la sua gente a porre fine a ogni attacco contro i civili. Al coro di condanne, si è aggiunta anche quella di Yasser Arafat. Dall'ospedale dove è ricoverato a Parigi ha telefonato a uno dei suoi consiglieri per dire basta alla violenza che colpisce i civili, sia da una parte che dall'altra. Per il premier israeliano, Ariel Sharon, le condanne «a mezza bocca» non bastano. Israele, insiste, si aspetta che i palestinesi «rispettino gli impegni assunti nel tracciato di pace, combattano il terrorismo, lottino contro l'incitazione all'odio d'Israele e realizzino riforme strutturali».
È improbabile una ritorsione massiccia. Israele non vuole provocare il caos nei territori palestinesi e aspetta di sapere di cosa è affetto Arafat. Imad Shaker, un aiutante del presidente, ha detto oggi che «anche se dovesse tornare, e io spero di sì, non sarà il medesimo Arafat. Non per noi, non per Israele, nemmeno per se stesso. È un uomo vecchio e malato, con bisogni diversi». Shaker, contrariamente a quanto riferito nei giorni scorsi dal delegato palestinese a Parigi, afferma che i medici «ancora non hanno escluso la leucemia. Il presidente sta meglio, ma è molto malato». Nell'attesa di conoscere la diagnosi, il quotidiano arabo Al-Hayat cita fonti palestinesi per evocare l'ipotesi di un avvelenamento premeditato. Non è la prima volta che se ne parla ma altri palestinesi vicini ad Arafat dicono che fin dai primi giorni della sua malattia i medici hanno escluso questa possibilità.
La spazio ristretto che passa in mezzo alle bancarelle di frutta e verdura nel più grande mercato all'aperto di Tel Aviv era pieno quando vi è arrivato il giovane Far, probabilmente trasportato nelle vicinanze da un complice. È un luogo frequentato anche da residenti di quartieri più distanti. Ebrei e arabi vi lavorano insieme e la coesistenza tra le due comunità israeliane ha retto anche nei momenti di maggiori conflittualità e rabbia legate alla situazione nei territori palestinesi occupati. L'ordigno esploso conteneva viti e pezzi di lamiera per provocare il maggiore danno possibile. Tre israeliani sono morti, un uomo di 65 anni e due giovani donne. I feriti sono una cinquantina di cui almeno uno versa in fin di vita. I soccorsi sono stati particolarmente difficili. Le ambulanze sono riuscite a raggiungere rapidamente la periferia del mercato ma i barellieri hanno dovuto correre a piedi per arrivare sul luogo dell'attentato. «L'ordigno non era particolarmente potente è il commento del capo della polizia di Tel Aviv, tra i primi ad arrivare sul luogo dell'attentato ma chi si trovava accanto al terrorista non ha avuto scampo». È quasi un anno e mezzo dall'ultimo attacco da parte di un kamikaze a Tel Aviv e la metropoli in riva al Mediterraneo era tornata a vivere una vita del tutto normale.
«Non credo che azioni come questa servono la causa palestinese», ha subito commentato il premier Ahmed Qurei nell'esortare la sua gente a porre fine a ogni attacco contro i civili. Al coro di condanne, si è aggiunta anche quella di Yasser Arafat. Dall'ospedale dove è ricoverato a Parigi ha telefonato a uno dei suoi consiglieri per dire basta alla violenza che colpisce i civili, sia da una parte che dall'altra. Per il premier israeliano, Ariel Sharon, le condanne «a mezza bocca» non bastano. Israele, insiste, si aspetta che i palestinesi «rispettino gli impegni assunti nel tracciato di pace, combattano il terrorismo, lottino contro l'incitazione all'odio d'Israele e realizzino riforme strutturali».
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