Da Corriere della Sera del 02/10/2004

LO SCENARIO

L’emissario del Fronte Nazionale e tutti i dubbi sul riscatto

di Massimo Nava

PARIGI - Tragedia annunciata o torbido thriller? La domanda rimbalza fra Damasco, Bagdad e Parigi e il dramma degli ostaggi francesi resta sospeso fra speranze e confusione. L'annuncio di un'imminente liberazione, addirittura di un convoglio diretto alla frontiera siriana, è stato spazzato via dalla notizia di un bombardamento aereo americano che avrebbe bloccato il viaggio e provocato la morte di almeno sei dei sequestratori. Trattandosi di ostaggi francesi e di ostacoli americani, il rischio che si alzi la tensione fra Parigi e Washington è evidente. Ma la credibilità della notizia, decisamente smentita dal comando americano e presa con le molle e senza commenti al ministero degli Esteri francese, è tutta da verificare, come le intenzioni e la credibilità della fonte, Didier Julia, il deputato da giorni impegnato in una missione parallela - non accreditata dal governo di Parigi - per la liberazione dei due giornalisti.

Julia, 70 anni, una passione per l'archeologia e vecchie amicizie con il regime di Saddam, parlava ieri sera da Damasco. Per tutta la giornata aveva lasciato intendere che la liberazione fosse imminente e che i due giornalisti fossero già in viaggio per la Siria. Poi la doccia fredda: «I bombardamenti hanno distrutto le case dove si trovavano i nostri connazionali», che comunque sarebbero incolumi. Notizie confermate a Parigi da Pierre Girard-Hautbout, un portavoce del deputato. La missione parallela, così segreta da essere annunciata sui giornali e scatenare polemiche, almeno fino ad oggi non ha quindi ridato la libertà a Georges Malbrunot e Christian Chesnot, prigionieri da 44 giorni. Ad annunciare l'«imminente» liberazione, era stato uno strano mediatore che, da giorni, si preoccupa di far conoscere il proprio ruolo, distillando notizie sulla trattativa «conclusa senza contropartita»: Philippe Brett ha sostenuto di averli incontrati con il loro autista siriano a Bagdad.

Il governo francese ha preso le distanze, criticando pubblicità e rischio che la missione serva solo a complicare la vicenda, come in effetti sta avvenendo. Tuttavia, il primo ministro Raffarin aveva ammesso «novità» e possibilità di un esito favorevole.

A Parigi, il mondo politico e le redazioni dei giornali sono entrati in fibrillazione. Il fatto che sia stato spedito ad Amman il segretario generale del Quai d'Orsay Jean-Pierre Lafon è una conferma che il dramma dei giornalisti del Figaro e di Radio France International possa essere vicino ad una svolta. Soltanto dopo si potranno chiarire i misteri. E' ovvio che il governo, se mai avesse aperto un canale parallelo, non vorrebbe che si sapesse. Per la Francia, il problema è anche quello di digerire lo smacco per i risultati finora ottenuti dalla cosiddetta «diplomazia del turbante» e i contraccolpi di una precipitosa euforia nei giorni successivi al rapimento, quando sembrava che l'amicizia di Parigi con il mondo arabo e il «pacifismo» di Chirac rappresentassero da soli una polizza sulla vita degli ostaggi. La strada del dialogo con il mondo arabo, intrapresa poi con successo anche dal governo italiano, anziché essere apprezzata come metodo ha attirato sulla Francia più sarcasmo che stima per il modo confuso con cui è stata messa in pratica.

Va anche detto che all'attivismo del governo è seguita la calma piatta della società civile che ha diradato le mobilitazioni di solidarietà. Per uscire dall'impasse, ogni mezzo è consentito, compresi nuovi intermediari e i buoni uffici di un vecchio amico della Francia, la Siria. Del resto, già all'epoca della vicenda degli ostaggi in Libano, Parigi diede fondo senza troppi scrupoli alla rete di intermediari e agenti finendo per pagare un sostanzioso riscatto.

Il governo nega. Ma la biografia dei personaggi coinvolti lascia spazio a ogni genere di interpretazioni, compreso il gioco delle parti: se va male non sappiamo nulla. Philippe Brett, ex autista del Fronte Nazionale, è fra i promotori di una lobby filoirachena, l'associazione per lo sviluppo (Ofdic) che si è distinta per rapporti di amicizia con il regime di Saddam Hussein e iniziative tese alla violazione dell'embargo. All'associazione fa riferimento il deputato Julia, organizzatore di viaggi a Bagdad durante l'embargo. L'ultimo alla vigilia della guerra, all'insaputa del governo francese. Almeno ufficialmente.

Da Damasco, Julia ha continuato a vantare buoni uffici per la liberazione dei connazionali. E' possibile che la lobby «culturale» sia potuta entrare in contatto con ex membri del regime. La trama di ostaggi quasi liberi e agenti poco segreti potrebbe essere svelata se si potessero accertare i rapporti di Brett con i servizi francesi o se invece si sia trattato di un'iniziativa personale.

Prima di dare la notizia dell'intoppo, Julia era apparso più prudente, precisando che gli ostaggi si trovavano ancora a Bagdad e parlando di misteriosi emissari con valigie di denaro. Poi la notizia del bombardamento. A Parigi, Pierre Girard, portavoce dell'Ofdic, ha detto di essere riuscito a parlare con Brett. Il convoglio, secondo quanto riferito, sarebbe stato bloccato da operazioni militari già in prossimità della frontiera siriana. Già nelle scorse settimane, erano circolate speculazioni su presunti ostacoli alle trattative frapposti dalle attività dei marines. Le notizie arrivate da Damasco potrebbero contribuire a rilanciarle oppure a spiegare un altro fallimento. La sorte degli ostaggi resta nella confusione. Il profilo di Julia non contribuisce a fugarla.

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