Da Der Spiegel del 05/10/2004

Il premier Erdogan: "Nessuna condizione"

"Non ci saranno rinvii tra noi e l´Europa unione inevitabile"

Tutto il mondo islamico guarda a questa trattativa Con noi sarà più facile ricomporre lo scontro tra le culture

di Joachim Preuss, Bernhard Zand

Signor primo ministro Erdogan, a Bruxelles si profila un responso positivo per l´avvio dei negoziati di adesione all´Unione europea, ma a determinate condizioni. L´Europa preferirebbe evitare un processo che conduca automaticamente alla piena adesione. Lo reputa accettabile?
«Accettiamo negoziati mirati ad un unico obiettivo: il pieno status di paese membro. Non esiste nessuna terza via per noi, nessun partenariato a determinate condizioni o formule analoghe. Naturalmente rientra nel carattere di un negoziato che si discuta senza limiti, su tutti i parametri necessari a soddisfare i criteri di Copenaghen e di Maastricht. Quando tutti i membri dell´Unione giudicheranno soddisfatti i criteri dettati, saremo membri a pieno titolo. E´ l´unico obiettivo della trattativa».

Gli scettici in Europa preferirebbero tenere aperta una porta di servizio: se entrambe le parti accettano i risultati del negoziato, la Turchia entrerà, ma se una della parti non è d´accordo, allora no.
«La Turchia si avvia a divenire membro dell´Ue e su questa strada non si torna indietro. Possiamo discutere della durata dei negoziati, questo sì. Se dureranno cinque, sette o dieci anni, non si sa».

Conosce già i contenuti della raccomandazione della Commissione?
«Li conoscerò solo quando il rapporto verrà pubblicato. Ma facciamo forte affidamento su una raccomandazione positiva».

Il presidente francese Chirac preferirebbe far approvare la Costituzione europea prima che Bruxelles si dedichi alla Turchia. Ciò può avvenire a fine 2005. Potrebbe accettare un simile slittamento?
«Una cosa del genere non è possibile in nessun caso. Al vertice di Copenaghen del 2002 ci è stata garantita la scadenza del dicembre 2004».

Ma al vertice di dicembre servirà l´approvazione di tutti e 25 i capi di Stato e di governo dell´Unione europea.
«A quanto mi risulta tutti i 25 amici manterranno la parola data. E mi auguro che il 17 dicembre si chiuda la questione. Quando inizieranno i negoziati avremo una nuova Unione europea, e una nuova Turchia. E lavoreremo ancor più sodo».

Qual è la ragione principale per cui la Turchia dovrebbe essere accettata?
«La geografia ci insegna che la Turchia è parte del continente europeo. E´ la porta più estrema dell´Europa verso l´Asia e la porta dell´Asia verso l´Europa. Se l´Ue vuole essere un´unione politica e non un´associazione cristiana, se l´Unione ha l´obiettivo di ricongiungere le civiltà, allora la Turchia deve farne parte.

Un nuovo stato membro dell´Ue che da solo è più grande di tutti e dieci paesi entrati nella Ue nel maggio 2004, e che porterà in Europa quasi altrettanta popolazione... Riesce a comprendere le riserve degli europei?
«Le nostre ambasciate sono presenti da tempo in Europa. Quasi quattro milioni di turchi vivono già nell´Unione, nella sola Germania sono due milioni e mezzo. Ormai non ci resta che concludere la procedura giuridica di questo processo».

Da parte europea le perplessità non dipendono tanto da dati oggettivi quanto da una condizione psicologica che ha a che fare con il terrore islamico dopo l´11 settembre. Molti europei si dicono: i turchi sono musulmani, sono potenzialmente pericolosi.
«In tutti i popoli e in tutti i paesi sono presenti dei terroristi e noi condanniamo le loro azioni. Non esiste forse il terrorismo nel mondo cristiano?».

Al di là della ragione, gli uomini sono trasportati dalle emozioni...
«...e per superare queste empasse emotive dobbiamo sfruttare gli anni del negoziato. L´intero mondo islamico seguirà con attenzione i negoziati. Un risultato positivo avrà un potente effetto psicologico. La Turchia rappresenterà un ponte ideale tra le civiltà. L´obiettivo è la globalizzazione della pace. E in questo processo la Turchia è una delle forze più importanti. E´ un paese che ha interiorizzato da democrazia, che concilia i valori religiosi con la democrazia e il laicismo. Per questo contribuirà al superamento delle resistenze psicologiche tra le culture».
Annotazioni − Articolo pubblicato il 05/10/2004 su La Repubblica.
Traduzione di Emilia Benghi.

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