Da Corriere della Sera del 04/11/2004

Il presidente più votato, battuto anche Reagan

di Ennio Caretto

WASHINGTON - George Bush è il presidente che ha ottenuto il massimo numero di voti della storia, quasi 59 milioni, eclissando il record di 54 milioni 400 mila stabilito da un altro repubblicano, Ronald Reagan, nell'84. Nel giorno del più alto afflusso alle urne dal '68, l'anno terribile della Guerra del Vietnam, quasi 120 milioni di elettori inclusi quelli non ancora contati, circa il 60 per cento degli aventi diritto, Bush ha così legittimato la sua presidenza, contestata quattro anni fa in seguito agli scandali della Florida. Il presidente ha ricevuto il 51 per cento dei suffragi contro il 48 per cento di John Kerry, 55 milioni e mezzo, 3 milioni e mezzo in più. All'ultimo conteggio - mancavano ancora due Stati - ha inoltre largamente superato la soglia dei 270 Grandi elettori, i delegati dei 50 stati, il minimo richiesto dalla Costituzione. Un trionfo personale e della sua dottrina, quel bushismo che appare un misto di conservazione e fede, che ha enormemente ampliato il dominio repubblicano del Congresso.

Il trionfo Bush non ha potuto assaporarlo che alle 11 di ieri mattina locali, le 17 in Italia, ben 24 ore dopo la chiusura dei seggi, quando Kerry gli ha telefonato per congratularsi e chiedergli di unificare la nazione. Tutta l'America, traumatizzata dal rischio di un bis del dramma del 2000, aveva trascorso una notte insonne davanti ai teleschermi. Neppure l'annuncio fatto dal capo di gabinetto della Casa Bianca, Andrew Card, all'alba, secondo il quale il presidente riteneva di avere conquistato lo Stato chiave - e indeciso - dell'Ohio «con un vantaggio incolmabile», l'aveva rasserenata.

Nell'Ohio, dove Bush contava circa 140 mila voti popolari in più dell’avversario, erano ancora in ballo oltre 150 mila «voti provvisori», disconosciuti dagli osservatori repubblicani. A lungo Kerry, che tallonava il presidente con 252 Grandi elettori a 254, ha sperato nel sorpasso. Quando ha capito che era impossibile, si è arreso.

La notte elettorale più lunga del 2000 ha lasciato un segno sull'America. La superpotenza si è chiesta come, in quattro anni, un sistema elettorale evidentemente in panne non fosse stato riparato. E ha messo sotto processo exit poll, che in prima serata avevano assegnato la vittoria a Kerry. Ma le elezioni del 2004 non sono state infangate come quelle di 4 anni fa. Hanno riconciliato gli americani alla politica, messo a fuoco i rapporti tra i due partiti, e segnalato le cause della spaccatura del Paese in due. La superpotenza si è portata a destra, votando soprattutto per la lotta al terrorismo e i valori culturali tradizionali, i punti forti di Bush, non sulla guerra all'Iraq e l'economia, i punti forti di Kerry. Era dagli anni Cinquanta, l'età d'oro di Ike Eisenhower, il presidente liberatore dell’Europa nella seconda guerra mondiale, che i repubblicani non si imponevano così decisamente.

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