Da La Repubblica del 06/11/2004

Corte suprema, è scontro sulle nomine

Con i nuovi giudici il presidente disegnerà il secondo mandato

Ostruzionismo in Senato dei democratici se saranno designati degli estremisti
È battaglia tra l´ala moderata ed estremista dei repubblicani per la scelta dei candidati

di Maurizio Ricci

NEW YORK - Più dell´Iraq, più della riforma delle pensioni, è la battaglia sui giudici che, agli occhi degli americani, definirà la seconda presidenza Bush. In termini culturali e ideologici: le decisioni sulla nomina di nuovi giudici della Corte suprema possono infatti determinare l´anima della democrazia americana, il suo grado di apertura alle nuove libertà personali e alla tolleranza, a cominciare dai gay e dall´aborto, per molti anni a venire. E anche in termini politici: le scelte di Bush chiariranno se il suo secondo mandato punterà al consenso, con aperture all´America che ha votato per Kerry, o se, invece, cercherà lo scontro, pagando il debito elettorale contratto con il cuore conservatore del Paese - quella vasta Jesusland, come l´ha già chiamata qualcuno - che, cristiani fondamentalisti in testa, lo ha portato martedì scorso alla vittoria. La battaglia è già iniziata. Non con i democratici, ma sul terreno più insidioso per il presidente: fra l´ala moderata e l´ala estremista del partito repubblicano.

La composizione della Corte è immutata dal 1994. Ora, Bush ha probabilmente l´occasione di rivoluzionare gli equilibri interni: i giudici sono nominati a vita, ma, nei prossimi quattro anni, più di un giudice potrebbe scegliere la via delle dimissioni. John Paul Stevens ha 84 anni, William Rehnquist (il presidente) 80, Sandra Day O´Connor 73. Rehnquist è gravemente malato di cancro e la sua sostituzione dovrebbe essere imminente. L´attuale presidente è già, con Antonin Scalia e Clarence Thomas, decisamente schierato sul fronte conservatore, e la sua sostituzione non modificherebbe l´equilibrio attuale che, ad esempio, in tema di aborto e di gay, ha visto la Corte schierata 6 contro 3 a favore del diritto di scelta della donna e del "rispetto" per gli omosessuali. Più decisive sarebbero eventuali scelte successive. Ma il modo in cui la Casa Bianca imposterà anche la prima nomina indicherà qual è la strategia scelta da Bush.

Nella sua prima conferenza stampa, il presidente ha rivendicato la continuità con le scelte precedenti, sottolineando che il solo requisito che gli interessa, nei giudici, è che «interpretino la legge, non la scrivano». È un´affermazione un po´ forte da parte di uno che è diventato presidente, quattro anni fa, grazie a una interpretazione della legge che molti hanno giudicato assai estensiva, da parte della Corte suprema. Ma, dopo la vittoria di martedì, il 2000 è lontano e la frase di Bush serve a ricordare quella preferenza per una interpretazione restrittiva della Costituzione, che è il termine in codice per definire i giudici conservatori. I 200 giudici finora nominati da Bush sono più attenti alla lotta alla criminalità che alle garanzie per gli imputati, più sensibili ai diritti degli stati rispetto a quelli federali. E lo scontro sulle nomine nei tribunali, del resto, è stato il più aspro di quelli avvenuti nel Congresso. L´opposizione democratica è riuscita a bloccare, fino ad oggi, dieci altre nomine (fra cui quella di Miguel Estrada, possibile candidato alla Corte suprema), ricorrendo all´ostruzionismo. Saliti da 51 a 55 seggi, i repubblicani sono più forti oggi al Senato, ma ancora distanti da quel limite di 60, necessario per scavalcare l´ostruzionismo, che i democratici hanno nuovamente minacciato, nel caso di nomine «estremiste». Queste sono, però, quelle che gli chiede l´elettorato di Jesusland. «Il presidente ha un mandato per far finire l´aborto», tuona Troy Newman di Operation Rescue. «Difenda i diritti dei non nati», incalza Jan LaRue di Concerned Women. Del resto, la Corte ha già in calendario sentenze che toccano temi scottanti per questa America, come il rapporto tra religione e Stato: ad esempio, la possibilità di erigere monumenti ai Dieci Comandamenti in edifici pubblici come le scuole. I democratici promettono una lotta senza quartiere per evitare una svolta reazionaria della Corte. Ma sfidarli, come vuole la destra religiosa, significa, avverte l´ala moderata dei repubblicani, sacrificare tutto quello spazio di compromesso, essenziale per far passare attraverso il Congresso altri capitoli dell´agenda Bush, come la riforma fiscale e quella delle pensioni.

Lo scontro interno è già aperto. Arlen Specter, senatore centrista in prima fila come futuro presidente della Commissione che dovrà valutare le nomine dei giudici, aveva subito avvertito che il Senato «difficilmente approverà giudici che cambierebbero il diritto di scelta della donna». La reazione della destra religiosa e degli stessi vertici repubblicani del Senato ha costretto Specter - che pubblicamente è sempre stato a favore del diritto di scelta - a una mezza marcia indietro: «Mai e poi mai valuterei i giudici basandomi sul tema aborto» ha dichiarato ieri, riconoscendo che la precisazione gli era stata chiesta dallo stesso partito. Ma quella di una «crisi di coscienza» dei repubblicani moderati non è più solo un´ipotesi remota.

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