Da La Repubblica del 08/11/2004
Dopo l´omicidio del regista crescono paura e rabbia: il paese della convivenza diventa meno tollerante?
Amsterdam, lo spettro della Jihad "Gli arabi ci stanno cacciando"
Caso Van Gogh, l´Olanda scopre la paura degli integralisti
di Riccardo Staglianò
AMSTERDAM - Diamantstraat, per come la raccontano, è l´epicentro dell´incipiente jihad. E´ da questa stradina di 500 metri scarsi, costeggiata perlopiù da villini monofamiliari, che i sismografi della politica avrebbero dovuto capire poteva per succedere. Perché è da qui che solo pochi giorni prima dell´assassinio di Theo Van Gogh una coppia di quarantenni ha deciso di andarsene esasperata dalle continue intimidazioni di un gruppo di bulletti marocchini che ciondolavano tutto il giorno davanti alla loro porta.
«Ci stanno cacciando dalla nostra città» riassume Yoris, un commerciante della centralissima piazza Dam. E anche il sindaco socialista Job Cohen si è scusato pubblicamente per non aver «dato una risposta più tempestiva e vigorosa». Ma è Frits Bolkestein, commissario europeo uscente, a sganciare la «bomba» politica dichiarando ieri in tv che «il re del Marocco deve pronunciarsi contro l´estremismo musulmano» per dimostrare che il suo Paese «non vuole essere un esportatore di assassini». E´ davvero un eccesso di tolleranza ad aver partorito Mohammed Bouyari e gli altri sospettati? Una parte dell´opinione pubblica, non solo di destra, è tentata dalla scorciatoia perché è sotto shock. Ma due passi nel «quartiere dei diamanti» invitano alla prudenza.
Mendy, ad esempio, è la quarantacinquenne che viveva dall´altro lato del marciapiede rispetto alla famiglia che se ne è andata. «Li conoscevo solo di vista spiega e so che hanno denunciato, oltre a provocazioni verbali, anche un furto. Faccio fatica a crederlo. C´era sempre un nugolo di ragazzini, e sentivano musica con gli stereo portatili, ma rubare? Io mi sento sicura e ad andarmene non ci penso neppure». Suo figlio di 15 anni non ha mai avuto grane: non esce con loro ma li saluta e ognuno per sé.
A metà della strada si apre Smaragdplein, una piazzetta che ospita la scuola elementare islamica El Arkam e un campetto da basket recintato da una grata di ferro e sponsorizzato dalla Levi´s. Solo uno dei genitori assiepati parla inglese e, infastidito, liquida la questione con un «no problem here». Chi non vuole negare l´evidenza invece si organizza, come i «contaktvader», i «padri di contatto», adulti marocchini che fanno ronde volontarie dalle 7 all´una di notte per controllare che tutto fili liscio. Van Woustraat, la via dello shopping locale, potrebbe essere l´ambientazione ideale per uno spot sul multiculturalismo. Macellerie halal, prodotti tipici pachistani, agenzie di viaggio per il Suriname e anche un ristorante che vanta specialità italiane e turche opportunamente chiamato «Il ponte». «Non è cambiato niente nelle ultime settimane - ribadisce Saro, commesso egiziano dell´internet cafe Al Mughirah - : solo i giornalisti che vengono a chiederci cosa va storto. E adesso piace molto considerare il gesto di un singolo criminale come la riprova di un´inesistente emergenza religiosa».
Ha probabilmente molte ragioni, ma il clima si è fatto più pesante. I tassisti, per la maggior parte musulmani, quando entra un cliente cambiano di colpo l´arabian pop che ascoltavano alla radio per qualche stazione occidentale. Rashid non vuole parlare di politica, ma alla fine sbotta: «Un islamico ammazza un bianco e scoppia il finimondo mentre a Bush, che ne fa uccidere decine di migliaia in Iraq, nessuno dice niente». Ieri, nel ristorante dell´hotel Hilton, una signora di Rotterdam si è alzata turbata per segnalare uno zaino che qualcuno aveva dimenticato al tavolo. Gli olandesi sono ottimisti, gioviali, parlano le lingue e viaggiano moltissimo: sembrano programmati dalla nascita per l´integrazione. «Non è affatto un problema religioso - spiega Ratna, una psicologa sociale che lavora anche per la Ue - ma culturale. I marocchini di qui fanno fatica perché sono berberi, oppressi dagli arabi in patria e non abituati a mischiarsi. Anche se di terza generazione si sposano con gente della loro terra, che ha così un´occasione unica per emigrare». Ma così è come se tornassero indietro, fanno figli che sentono parlare arabo in casa, e la comunicazione con l´esterno non migliora. E alla fine, nel rettangolo transennato intorno al punto dove Van Gogh è stato assassinato, oltre a centinaia di mazzi di gerbere e rose si sono accumulati altrettanti messaggi di passanti. La maggior parte tristemente prevedibili: «Tornate a casa vostra», «Chiamarli bestie è un´offesa agli animali» oppure un altro che sentenzia: «Sin dall´inizio l´islam ha voluto conquistare il mondo: Mecca, Medina, New York, Madrid, Beslan». Ma quello che la dice più lunga è il disegno di una faccia che ricorda «L´urlo» di Munch con la scritta «chi sarà il prossimo?».
«Ci stanno cacciando dalla nostra città» riassume Yoris, un commerciante della centralissima piazza Dam. E anche il sindaco socialista Job Cohen si è scusato pubblicamente per non aver «dato una risposta più tempestiva e vigorosa». Ma è Frits Bolkestein, commissario europeo uscente, a sganciare la «bomba» politica dichiarando ieri in tv che «il re del Marocco deve pronunciarsi contro l´estremismo musulmano» per dimostrare che il suo Paese «non vuole essere un esportatore di assassini». E´ davvero un eccesso di tolleranza ad aver partorito Mohammed Bouyari e gli altri sospettati? Una parte dell´opinione pubblica, non solo di destra, è tentata dalla scorciatoia perché è sotto shock. Ma due passi nel «quartiere dei diamanti» invitano alla prudenza.
Mendy, ad esempio, è la quarantacinquenne che viveva dall´altro lato del marciapiede rispetto alla famiglia che se ne è andata. «Li conoscevo solo di vista spiega e so che hanno denunciato, oltre a provocazioni verbali, anche un furto. Faccio fatica a crederlo. C´era sempre un nugolo di ragazzini, e sentivano musica con gli stereo portatili, ma rubare? Io mi sento sicura e ad andarmene non ci penso neppure». Suo figlio di 15 anni non ha mai avuto grane: non esce con loro ma li saluta e ognuno per sé.
A metà della strada si apre Smaragdplein, una piazzetta che ospita la scuola elementare islamica El Arkam e un campetto da basket recintato da una grata di ferro e sponsorizzato dalla Levi´s. Solo uno dei genitori assiepati parla inglese e, infastidito, liquida la questione con un «no problem here». Chi non vuole negare l´evidenza invece si organizza, come i «contaktvader», i «padri di contatto», adulti marocchini che fanno ronde volontarie dalle 7 all´una di notte per controllare che tutto fili liscio. Van Woustraat, la via dello shopping locale, potrebbe essere l´ambientazione ideale per uno spot sul multiculturalismo. Macellerie halal, prodotti tipici pachistani, agenzie di viaggio per il Suriname e anche un ristorante che vanta specialità italiane e turche opportunamente chiamato «Il ponte». «Non è cambiato niente nelle ultime settimane - ribadisce Saro, commesso egiziano dell´internet cafe Al Mughirah - : solo i giornalisti che vengono a chiederci cosa va storto. E adesso piace molto considerare il gesto di un singolo criminale come la riprova di un´inesistente emergenza religiosa».
Ha probabilmente molte ragioni, ma il clima si è fatto più pesante. I tassisti, per la maggior parte musulmani, quando entra un cliente cambiano di colpo l´arabian pop che ascoltavano alla radio per qualche stazione occidentale. Rashid non vuole parlare di politica, ma alla fine sbotta: «Un islamico ammazza un bianco e scoppia il finimondo mentre a Bush, che ne fa uccidere decine di migliaia in Iraq, nessuno dice niente». Ieri, nel ristorante dell´hotel Hilton, una signora di Rotterdam si è alzata turbata per segnalare uno zaino che qualcuno aveva dimenticato al tavolo. Gli olandesi sono ottimisti, gioviali, parlano le lingue e viaggiano moltissimo: sembrano programmati dalla nascita per l´integrazione. «Non è affatto un problema religioso - spiega Ratna, una psicologa sociale che lavora anche per la Ue - ma culturale. I marocchini di qui fanno fatica perché sono berberi, oppressi dagli arabi in patria e non abituati a mischiarsi. Anche se di terza generazione si sposano con gente della loro terra, che ha così un´occasione unica per emigrare». Ma così è come se tornassero indietro, fanno figli che sentono parlare arabo in casa, e la comunicazione con l´esterno non migliora. E alla fine, nel rettangolo transennato intorno al punto dove Van Gogh è stato assassinato, oltre a centinaia di mazzi di gerbere e rose si sono accumulati altrettanti messaggi di passanti. La maggior parte tristemente prevedibili: «Tornate a casa vostra», «Chiamarli bestie è un´offesa agli animali» oppure un altro che sentenzia: «Sin dall´inizio l´islam ha voluto conquistare il mondo: Mecca, Medina, New York, Madrid, Beslan». Ma quello che la dice più lunga è il disegno di una faccia che ricorda «L´urlo» di Munch con la scritta «chi sarà il prossimo?».
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