Da La Stampa del 02/11/2004
Originale su http://www.lastampa.it/redazione/news_high_tech/archivio/0411/brewster.asp
Per il fondatore di «Internet archive» e' ora di cambiare il copyright
Brewster Kahle: «I libri? Sono patrimonio di tutti»
di Luca Castelli
Salvare dall'oblio i libri fuori catalogo e renderli liberamente disponibili agli studenti, ai ricercatori e a chiunque interessato alla loro consultazione. E' questa la nuova missione culturale che si è prefisso Brewster Kahle, il fondatore dell'Internet Archive (un'immensa riserva di libri, film, concerti musicali, software e pagine Web di pubblico dominio su www.archive.org). E per raggiungere il suo scopo, il più famoso «bibliotecario del Web» ha addirittura aperto un contenzioso con il ministro della giustizia degli Stati Uniti John Ashcroft, chiedendo il cambiamento radicale della legge sul diritto d'autore.
Professor Kahle, assieme al collezionista di film Rick Prelinger lei ha intrapreso una battaglia in tutela delle "opere orfane"? Cosa sono?
«Gli "orphan works" sono tutte quelle opere che non hanno una casa, abbandonate, di cui non si riesce a trovare il proprietario. I libri vanno fuori catalogo, gli editori scompaiono e si scopre che gran parte dei testi nelle biblioteche pubbliche non vengono più ristampati. Il nostro obiettivo è quello di renderli accessibili su Internet, esattamente come erano accessibili a noi nelle vecchie biblioteche».
Questo non è possibile?
«No, perché nella maggior parte dei casi non si riesce a risalire a chi detiene i diritti d'autore delle opere. Quindi non le si può rendere di pubblico dominio. Per fare un esempio che mi è molto vicino, alcuni libri scritti da mio nonno sono fuori catalogo da diverse decine di anni, ma io non posso renderli di pubblico dominio perché non so se c'è ancora qualcuno che ne è proprietario. Farne una copia non danneggerebbe nessuno, né da un punto di vista morale né commerciale, perché tanto ormai sono titoli fuori dal mercato. Eppure se io decidessi di metterli a disposizione di tutti su Internet, secondo le leggi attuali verrei considerato un criminale».
Perché sarebbe così importante proporli in formato digitale su Internet?
«Perché ormai il Web è la biblioteca ufficiale a cui si riforniscono studenti e ricercatori. Ed è giusto che loro abbiano a disposizione gli stessi libri che avevamo a disposizione noi: se no, sarebbe come rifiutare ai propri figli la biblioteca che ci ha aiutato a crescere. Il rischio è davvero grosso: nel giro di pochi anni, una nuova generazione di studenti potrebbe essere privata della gran parte dei libri pubblicati nel XX° secolo».
Lei ha sempre dichiarato che il suo obiettivo finale è "l'accesso universale all'intera conoscenza umana". E' una possibilità concreta o un'utopia?
«Non solo è una possibilità concreta, ma a portata di mano. Ci sono alcune società - come Amazon, Google e Yahoo - che lavorando su aspetti diversi di questo processo stanno ottenendo risultati fantastici. Ce ne sono però anche altre, legate a vecchi modelli di business, che passano gran parte del loro tempo nei tribunali nel tentativo di ostacolare il cambiamento. Per esempio l'industria discografica, che fa di tutto per proteggere la vendita dei tradizionali cd. Purtroppo negli ultimi quarant'anni il sistema del copyright è stato manipolato da queste lobby e oggi ci stiamo rendendo conto sulla nostra pelle del danno compiuto e di quanto sarebbe grave se il diritto d'autore rimanesse ancora nelle loro mani. L'accesso universale all'informazione è un bene sia per la società che per l'economia. Fortunatamente, oggi la tecnologia lo ha reso raggiungibile».
Quale sarebbe il sistema di copyright perfetto per l'era digitale?
«Non bisognerebbe inventare niente di nuovo, basterebbe tornare a quello in vigore fino al 1970 negli Stati Uniti, quando il diritto d'autore sulle opere non scattava automaticamente ma bisognava chiederlo, fornendo una copia del prodotto alla Libreria del Congresso per ragioni di preservazione. Poi, dopo un certo numero di anni e un eventuale rinnovo, il copyright svaniva e l'opera diventava di dominio pubblico».
Lei gestisce l'importante biblioteca online Internet Archive, da dove si possono scaricare liberamente migliaia di opere di pubblico dominio. Ci può fornire qualche cifra?
«L'Internet Archive è attivo dal 1996 e ha iniziato raccogliendo milioni di pagine Web. Quindi siamo passati alla musica, ai film, ai software, ai libri. Al momento la nostra collezione è superiore ai 400 terabyte di memoria, con 8000 film, 17000 libri, 20000 registrazioni musicali e 40 miliardi di pagine Web. Chiunque può consultare l'archivio e scaricare liberamente qualsiasi opera».
E' un progetto esclusivamente statunitense o lavorate in collaborazione con altri Paesi?
«Siamo in contatto con la biblioteca di Alessandria d'Egitto e con alcune realtà europee, per contribuire al lancio di due archivi simili al nostro che servano le rispettive regioni e offrano gli stessi servizi. La nostra speranza è che nascano altri progetti del genere, a cui cercheremo sempre di dare una mano».
Professor Kahle, assieme al collezionista di film Rick Prelinger lei ha intrapreso una battaglia in tutela delle "opere orfane"? Cosa sono?
«Gli "orphan works" sono tutte quelle opere che non hanno una casa, abbandonate, di cui non si riesce a trovare il proprietario. I libri vanno fuori catalogo, gli editori scompaiono e si scopre che gran parte dei testi nelle biblioteche pubbliche non vengono più ristampati. Il nostro obiettivo è quello di renderli accessibili su Internet, esattamente come erano accessibili a noi nelle vecchie biblioteche».
Questo non è possibile?
«No, perché nella maggior parte dei casi non si riesce a risalire a chi detiene i diritti d'autore delle opere. Quindi non le si può rendere di pubblico dominio. Per fare un esempio che mi è molto vicino, alcuni libri scritti da mio nonno sono fuori catalogo da diverse decine di anni, ma io non posso renderli di pubblico dominio perché non so se c'è ancora qualcuno che ne è proprietario. Farne una copia non danneggerebbe nessuno, né da un punto di vista morale né commerciale, perché tanto ormai sono titoli fuori dal mercato. Eppure se io decidessi di metterli a disposizione di tutti su Internet, secondo le leggi attuali verrei considerato un criminale».
Perché sarebbe così importante proporli in formato digitale su Internet?
«Perché ormai il Web è la biblioteca ufficiale a cui si riforniscono studenti e ricercatori. Ed è giusto che loro abbiano a disposizione gli stessi libri che avevamo a disposizione noi: se no, sarebbe come rifiutare ai propri figli la biblioteca che ci ha aiutato a crescere. Il rischio è davvero grosso: nel giro di pochi anni, una nuova generazione di studenti potrebbe essere privata della gran parte dei libri pubblicati nel XX° secolo».
Lei ha sempre dichiarato che il suo obiettivo finale è "l'accesso universale all'intera conoscenza umana". E' una possibilità concreta o un'utopia?
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