Da Corriere della Sera del 10/11/2004

Arafat in coma cerebrale, ha le ore contate

I capi palestinesi al suo capezzale a Parigi: «Nessuno staccherà la spina, deciderà Dio»

di Massimo Nava

PARIGI - «Arafat è ancora vivo e soltanto Dio deciderà il momento della morte». E’ il messaggio politico e religioso con cui la delegazione palestinese in Francia tenta di fermare l’altalena incessante dei necrologi annunciati. Nello psicodramma che separa la fine imminente di Arafat e l’inizio di una nuova era, Parigi è stata per un giorno «capitale» della Palestina. E’ qui infatti che i bollettini medici e le verità almeno ufficiali sullo stadio terminale del vecchio leader s’incrociano con i bollettini politici sulla delicata fase della transizione. La delegazione palestinese giunta l’altra notte nella capitale francese rappresentava lo stato maggiore del «dopo Arafat» e ha ottenuto una sostanziale legittimazione nel percorso dall’ospedale militare di Percy all’Eliseo, dove il presidente Chirac l’ha ricevuta.

Le dichiarazioni al vetriolo della moglie di Arafat, Suha, e il suo tentativo di gestire l’agonia con lo scudo della legislazione francese sulla privacy del paziente, non hanno impedito ai leader palestinesi l’accesso alla camera asettica dove Arafat è tenuto in vita. Il numero due dell’Olp Abu Mazen, il premier palestinese Abu Ala, il ministro degli Esteri Nabil Shaat e il presidente del Parlamento Rahawi Fattouh hanno potuto vedere Arafat per oltre due ore, parlare con i medici, nonostante che, contemporaneamente, continuassero a rimbalzare annunci di decesso e immancabili smentite.

La visita al capezzale ha permesso di diradare la coltre di riserbo, perché anche il bollettino dei sanitari francesi è diventato più esplicito. Si è parlato di aggravamento e di coma cerebrale e sono state escluse le ipotesi inquietanti di avvelenamento. Ma soprattutto la delegazione palestinese, probabilmente con la mediazione francese, ha riaffermato che la morte del leader è anche un fatto politico, non un affare privato della signora Arafat.

Negli incontri con il presidente Chirac e con il ministro degli Esteri, Michel Barnier, la delegazione palestinese ha avvertito il pieno sostegno della Francia. L’incontro all’Eliseo era stato preceduto da una telefonata fra Chirac e il presidente Bush, nel corso della quale si è parlato anche della salute di Arafat. Si avverte la volontà di non perdere il momento favorevole ad un impegno comune per la ripresa della road map in Medio Oriente. Questo è anche il senso di una lettera aperta «agli amici americani», firmata da Barnier e pubblicata ieri su Le Monde e sul Wall Street Journal . Il presidente Chirac, che ha preso la decisione di accogliere Arafat, è oggi l’ultimo leader ad averlo visto vivo e il primo a ricevere i possibili successori.

«Abbiamo ringraziato Chirac - ha detto Abu Mazen - per le cure mediche assicurate ad Arafat e per il sostegno della Francia alla causa palestinese». Il numero due dell’Olp è sembrato il più ottimista sulle possibilità di ripresa pur in una situazione «molto difficile». Tocca al ministro degli Esteri, Nabil Shaat, riassumere questioni mediche e politiche prima di ripartire in serata per Ramallah.

La prima è la conferma del deterioramento delle condizioni. «Siamo nelle mani di Dio - ha detto Shaat - ma cuore, polmoni e cervello funzionano e le speculazioni sulla morte sono prive di senso. Abbiamo parlato con i medici e speriamo ancora in una ripresa». Interrogativi sono sorti a proposito dell’arrivo a Parigi dell’imam Taissir Dayut Temimi, un vecchio amico di Arafat che avrebbe il compito di valutare aspetti religiosi in rapporto alle condizioni terminali del leader. Ma il ministro degli Esteri, ricordando i principi della religione musulmana, ha escluso come offensiva qualsiasi ipotesi di «eutanasia». Nessuno insomma staccherà la spina e l’agonia potrebbe prolungarsi. Viene considerata ancora prematura un’indagine sulle sue capacità d’intendere e di volere.

Nabil Shaat ha voluto dare assicurazioni sul processo di transizione. Il governo continua a funzionare. La continuità sarà assicurata ad interim dal presidente del Parlamento che dovrà organizzare elezioni democratiche entro 60 giorni. «Ma Arafat oggi è ancora vivo», ha aggiunto. Poi alcune parole sulla signora Arafat, che aveva parlato di «complotto» e aveva accusato la delegazione di voler «seppellire vivo» il vecchio leader. «Suha ha vissuto momenti difficili. Ci ha ricevuto, ci ha permesso di vedere Arafat, ha compreso che suo marito è anche il presidente del popolo palestinese». Parole distensive, anche se non scriveranno la fine dello psicodramma.

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