Da La Repubblica del 14/11/2004

Arafat, è partita la successione

Abu Ala: "Al voto in due mesi". Torna in pista Barghuti

Le elezioni per il nuovo leader dovrebbero tenersi entro il 9 gennaio, secondo la Costituzione
Il "Mandela dei Territori" è il più gradito fra i suoi: per lui il 19 per cento dei palestinesi

di Alberto Stabile

GERUSALEMME - Non sono neanche trascorsi i tre giorni di lutto canonici per la morte di Yasser Arafat, che già si parla di una possibile candidatura di Marwan Barghuti alla presidenza dell´Autorità palestinese. Il premier Ahmed Qorei (Abu Ala) ha confermato ieri che le elezioni per la scelta del successore di Arafat si terranno entro 9 gennaio, vale a dire entro il termine di sessanta giorni previsto dalla Costituzione palestinese. Ma questo, più che un impegno, suona come un auspicio, essendo numerose e molto volatili, le condizioni interne e internazionali che dovranno verificarsi perché la consultazione si tenga entro i termini stabiliti.

E tuttavia, per i sostenitori di Barghuti, è già campagna elettorale. La foto del leader di al Fatah nella West Bank, che sconta cinque ergastoli in un carcere israeliano, è comparsa nei giorni scorsi quasi incastonata nei manifesti di Arafat affissi sul muro della Muqata.

L´immagine del capo e fondatore dei «tanzim», la milizia giovanile di al Fatah che ha rappresentato la forza d´urto palestinese nella seconda intifada, è apparsa anche in mezzo alla folla accorsa alla sepoltura di proprio leader. Ma, soprattutto, quello di Marwan Barghuti è il primo nome che viene fatto quando i palestinesi che s´incontrano per strada s´avventurano nella scelta dell´erede ideale di «Abu Ammar».

Appartenente ad una vasta famiglia di Ramallah, 45 anni, spostato con Fadwa, avvocatessa e militante del Fatah, Barghuti è un esponente della generazione dei quarantenni che si sono fatti largo durante la prima intifada e si sono spesso scontrati con la leadership dei cosiddetti "tunisini", installatasi nei Territori al seguito di Arafat.

Dopo il processo e la condanna per reati connessi con operazioni terroristiche, che secondo la sentenza non ha comunque ordinato, la sua popolarità è molto cresciuta. Un sondaggio sul gradimento dei leader palestinesi condotto nel 2002, al tempo del suo arresto, metteva Barghuti al secondo posto con il 19 per cento, dietro ad Arafat, primo col 35 per cento. In un test più recente condotto a settembre dal Centro di ricerche di Khalil Shikhaki, un politologo di Nablus da anni impegnato nello studio delle tendenze della società palestinese, il tasso di popolarità di Barghuti era leggermente calato al 12 per cento, ma restava comunque saldamente dietro ad Arafat. Neanche lontanamente insidiato dai leader della vecchia guardia, come Abu Mazen e Abu Ala, i quali, anche se piazzati in ruoli istituzionali di tutto rispetto, godono di una popolarità marginale, non superiore al due-tre per cento.

Dopo che alcuni sostenitori del leader incarcerato avevano fatto sapere in giro che, se ci fossero state le elezioni, Barghuti vi avrebbe preso parte «come qualsiasi altro leader palestinese», la moglie, ieri ha confermato che all´interno di al Fatah si sta discutendo se «Marwan sarà candidato o no».

L´esito di questo dibattito sarà reso noto entro un paio di settimane, ma Fadwa ha nel frattempo precisato che «mio marito è il candidato meglio piazzato», perché, «dopo Arafat, è lui la pesonalità palestinese più popolare» ed ha un chiaro programma per passare dall´intifada alla pace. La logica che sottostà alla candidatura di Barghuti è quella che punta a creare una sorta di «Mandela palestinese», un combattente dal vasto seguito, e per giunta imprigionato, la cui elezione rappresenterebbe di per se un chiaro messaggio antagonista rivolto alla controparte israeliana.

È evidente che la leadership, diciamo così, istituzionale palestinese, oggi impegnata nella lotta per la successione, non potrà ignorare la popolarità di Barghuti e la forza dirompente insita nella sua eventuale candidatura. Abu Mazen potrà ottenere la legittimazione ma non il seguito popolare che circonda il capo dei Tanzim.

Il rovescio della medaglia sta nel fatto che il governo israeliano, con il ministro degli Esteri, Shalom, ha già detto che il posto di Barghuti è in carcere. Ieri Abu Ala ha lanciato l´ennesimo segnale di disponibilità alla ripresa del negoziato. Il premier palestinese ha fatto appello agli Stati Uniti e ai dirigenti israeliani perché rivedano le loro posizioni e favore la ripresa del negoziato, creando, innanzitutto, le condizioni perché le elezioni si svolgano in un clima di libertà. Una lunga trattativa con Israele sulla candidatura di Barghuti, finirebbe col deviare l´attenzione dal tema principale del negoziato che resta la pace.

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