Da La Repubblica del 14/11/2004

Costa d´Avorio, intervista al presidente Gbagbo dopo gli scontri con i soldati francesi dei giorni scorsi

"Chirac ha sbagliato tutto non siamo più una colonia"

di Pietro Del Re

ABIDJAN - «I francesi non si sono accorti che stanno facendo di me un martire. Hanno sbagliato a comportarsi in questo modo, e finché non lo avranno capito sarà molto difficile intrattenere buoni rapporti con loro». Parla Laurent Gbagbo, presidente della Costa d´Avorio, l´uomo che da una settimana è in rotta di collisione con l´ex potenza coloniale. L´uomo che ha sfidato Jacques Chirac. "Le chef", il capo, come lo chiamono i suoi ministri, sta diventando un eroe nazionale proprio grazie agli eccessi di Chirac. Il presidente ci riceve nello studio stile Impero della fiabesca residenza presidenziale che fece costruire negli anni Sessanta il "padre della patria" ivoriana, Félix Houphouet-Boigny. Da quando sabato scorso i carri armati di Parigi la circondarono, la «résidence» è presidiata giorno e notte da migliaia di "giovani patrioti", scudi umani contro eventuali tentativi di golpe.

Signor presidente, poche ore fa lei ha invitato gli stranieri a restare in Costa d´Avorio. Ma la fuga dal paese sembra ormai inarrestabile.
«È vero, c´è ancora molta paura tra gli stranieri, ma dobbiamo restare uniti. Viviamo e lavoriamo insieme da decenni, penso quindi che potremo superare questi momenti difficili tenendoci per mano. Lancio dunque un appello affinché tutti mantengano la calma, ritrovino la ragione, il sangue freddo. Per noi ivoriani ogni straniero deve essere considerato un uomo sacro».

Ma nelle strade della capitale ci sono ancora gli squadroni di sbandati che fino pochi giorni fa hanno derubato i bianchi, saccheggiato le loro case, stuprato le loro donne.
«Condanno le violenze che ci sono state ad Abidjan, ma sono cose che accadono ogni volta che un paese giovane subisce una mutazione. E noi ci stiamo lentamente dirigendo verso la decolonizzazione dalla Francia. Ormai da più di quarant´anni. Quanto alle bande che ancora occupano la città, bisogna distinguere tra i "giovani patrioti" e i teppisti che hanno brutalizzzato i francesi. Pochi giorni fa, quattromila criminali sono fuggiti dal carcere di Abidjan e credo che siano stati loro a commettere i crimini più gravi. I "giovani patrioti" manifestano da anni, e non hanno mai torto un capello a nessuno».

Ma come ha potuto verificarsi questa evasione di massa?
«È quello che mi chiedo anch´io. Penso che qualcuno li abbia aiuti a fuggire dal carcere. Qualcuno che aveva interesse a creare il caos in Costa d´Avorio».

Che cosa ha pensato, la settimana scorsa, quando ha visto i carri armati francesi intorno alla sua residenza?
«Ho pensato che era qualcosa di ingiusto, di intollerabile. Ho subito chiamato il comando della missione militare francese per chiedere spiegazioni. Lo sa che cosa mi hanno risposto?, Che avevano sbagliato strada. Difficile, se non impossibile credergli. Sono fatti del genere che aggravano le crisi».

Non ha pensato a un golpe?
«Certo che ci ho pensato, ma non ero spaventato per me. Ero invece preoccupato per ciò che tale provocazione avrebbe suscitato. Così è stato. Migliaia di persone sono scese per le strade della città, i cecchini francesi hanno sparato sulla folla, oltre sessanta ivoriani sono stati ammazzati».

Sabato 6 novembre nove soldati francesi sono rimasti uccisi nel corso di un raid aereo delle forze filogovernative. Chirac ha subito ordinato la distruzione dell´aviazione ivoriana. Chiederà risarcimento per i suoi caccia e i suoi elicotteri?
«È troppo presto parlare di cose de genere. Adesso voglio solo il ritorno della calma nel paese. Ogni mattina conto quanti nuovi negozi hanno riaperto battenti, quante persone tornano a lavorare nei loro uffici. Voglio che la vita ricominci come prima. Poi, una volta ottenuto questo risultato mi occuperò del resto: della morte dei soldati francesi, e della feroce rappresaglia ordinata dal presidente francese».

La Costa d´Avorio è spaccata in due. Al nord i ribelli, al sud il suo esercito. Il giorno dello sciagurato raid aereo contro i francesi avevate già bombardato pesantemente le postazione avversarie. Senza l´"errore" che ha scatenato le ire del presidente Chirac, oggi avreste vinto la guerra?
«Certamente, il 6 novembre doveva essere l´ultimo giorno di bombardarmenti. La maggioranza dei ribelli era già fuggita nel Burkina Faso. Avevamo già recuperato gran parte del territorio ivoriano».

Dopo quello che è successo, e mi riferisco anzitutto alla violazione da parte dei francesi della vostra sovranità nazionale, le sembra possibile ricominciare a dialogare con Parigi?
«Noi parliamo francese, mangiamo francese, camminiamo francese perché anche le nostre automobili arrivano dalla Francia. Ma pensiamo ivoriano: il nostro cervello è al cento per cento made in Ivory Coast. Detto questo, ricominceremo a dialogare con loro. La Francia è riuscita a diventare amica perfino della Germania. Vuole che non ci riesca con noi? All´interno dell´establishment francese troveremo certamente delle persone con cui parlare».

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