Da Corriere della Sera del 16/11/2004
Lettera a Bush: è ora di lasciare. Scelta la Rice
Il segretario di Stato si dimette. Il presidente offre il suo posto al consigliere per la Sicurezza
di Ennio Caretto
WASHINGTON - «La mia intenzione è sempre stata di servire per un solo mandato». Dal podio della sala stampa del Dipartimento di Stato, Colin Powell conferma la notizia delle proprie dimissioni. Sono le 13 locali, le radio e le televisioni americane hanno diffuso la notizia 4 ore prima ed è stato come se fosse esplosa una bomba. Nel mondo politico americano e internazionale non si parla d’altro. Se ne va il leader delle colombe, tace la voce della moderazione. Non doveva essere una sorpresa, Powell aveva segnalato di volersi dimettere già la scorsa estate. Ma la prospettiva era poi rientrata, e adesso l’annuncio ufficiale suona come una denuncia dell’unilateralismo di Bush.
La Casa Bianca fa del suo meglio per dissipare l’impressione negativa. Definisce Powell «encomiabile», sottolinea che il presidente ne ha accettato a malincuore l’addio, ricevuto venerdì con una lettera ufficiale. Quelle del segretario di Stato più popolare degli ultimi 30 anni, ammette, saranno orme difficili da seguire. Una missione che Bush ha deciso di affidare alla sua fedelissima Condoleezza Rice, consigliere per la Sicurezza. La notizia è stata confermata, ieri notte, da fonti autorevoli della Casa Bianca. La designazione ufficiale è attesa nella giornata di oggi. Al posto della Rice subentrerà il suo vice, Steve Hadley. Condoleezza sarà, se nominata, la seconda donna a ricoprire l’incarico di segretario di Stato dopo la democratica Madeleine Albright.
Powell, ieri, si è sforzato di prevenire le polemiche. Ha reso pubblica la lettera di venerdì: «Caro signor presidente, come abbiamo discusso negli ultimi mesi, credo che oggi, a elezioni finite, sia giunto per me il momento di ritirarmi dall’incarico e ritornare alla vita privata». Si è dichiarato «orgoglioso della guerra al terrorismo», ha tracciato il quadro di un’amministrazione unita, «che ha realizzato molto in 4 anni», innanzitutto la liberazione dell’Afghanistan e dell’Iraq. E ha promesso di rimanere «altre settimane», sino al sì del Congresso sul successore. È una promessa doverosa: le dimissioni hanno traumatizzato i palestinesi, che avevano appena svelato di attenderlo a giorni.
Ricevendo il ministro degli Esteri israeliano Silvan Shalom, Powell ha ribadito il suo impegno di pace in Medio Oriente, notando che andrà il 22 prossimo a Sharm el Sheikh, in Egitto, alla conferenza sull’Iraq e poi probabilmente in Palestina. È una garanzia di continuità.
Ma in un discorso a Londra, Tony Blair, il più leale alleato di Bush, tradisce l’ansietà del mondo per l’uscita di scena del segretario di Stato. L’America, avverte, deve abbracciare un «multilateralismo efficace». «Ho scarsa simpatia - dice il premier britannico - per l’unilateralismo di principio. Nulla funzionerà se gli Usa non si rivolgeranno agli altri. Una sicurezza duratura contro il fanatismo e il terrorismo non può essere solo il frutto di una risposta militare convenzionale, ma sarà il frutto di un impegno alla democrazia, alla libertà e alla giustizia». Gli fanno eco i palestinesi, auspicando che Bush si adoperi per un loro Stato, mentre Israele denuncia il terrorismo.
Desta ansietà anche il fatto che Powell sia il sesto ministro a dimettersi dopo quelli della Giustizia John Ashcroft e del Commercio Don Evans la settimana scorsa, e quelli dell’Energia Spencer Abrahams, dell’Istruzione Rod Paige e dell’Agricoltura Anne Veneman ieri. Non si tratta però di espressioni di dissenso degli interessati, né di una purga presidenziale, è solo il rimpasto di prammatica nel secondo mandato dei presidenti americani. Sono previste anzi altre tre o quattro dimissioni, tra queste anche il vice di Powell, Richard Armitage.
Ma l’attenzione del mondo è concentrata soprattutto sul ministro della Difesa, Donald Rumsfeld. Saranno la successione al segretario di Stato e il fato di Rusmfeld, il leader dei falchi dopo il vicepresidente Richard Cheney, a indicare se e come cambierà la politica estera di Bush nei prossimi 4 anni. La Rice è considerata più conservatrice di Powell, e potrebbe abbandonarne la linea morbida. Rumsfeld o resterà al suo posto o verrà sostituito da uomini altrettanto rigidi come Paul Wolfowitz o uno dei fidi di Cheney. Tuttavia, secondo il generale Anthony Zinni, uno dei protagonisti della Guerra del Golfo del ’91, Bush dovrebbe rendersi conto di avere «un’unica opportunità» di mediare in Medio Oriente.
La Casa Bianca fa del suo meglio per dissipare l’impressione negativa. Definisce Powell «encomiabile», sottolinea che il presidente ne ha accettato a malincuore l’addio, ricevuto venerdì con una lettera ufficiale. Quelle del segretario di Stato più popolare degli ultimi 30 anni, ammette, saranno orme difficili da seguire. Una missione che Bush ha deciso di affidare alla sua fedelissima Condoleezza Rice, consigliere per la Sicurezza. La notizia è stata confermata, ieri notte, da fonti autorevoli della Casa Bianca. La designazione ufficiale è attesa nella giornata di oggi. Al posto della Rice subentrerà il suo vice, Steve Hadley. Condoleezza sarà, se nominata, la seconda donna a ricoprire l’incarico di segretario di Stato dopo la democratica Madeleine Albright.
Powell, ieri, si è sforzato di prevenire le polemiche. Ha reso pubblica la lettera di venerdì: «Caro signor presidente, come abbiamo discusso negli ultimi mesi, credo che oggi, a elezioni finite, sia giunto per me il momento di ritirarmi dall’incarico e ritornare alla vita privata». Si è dichiarato «orgoglioso della guerra al terrorismo», ha tracciato il quadro di un’amministrazione unita, «che ha realizzato molto in 4 anni», innanzitutto la liberazione dell’Afghanistan e dell’Iraq. E ha promesso di rimanere «altre settimane», sino al sì del Congresso sul successore. È una promessa doverosa: le dimissioni hanno traumatizzato i palestinesi, che avevano appena svelato di attenderlo a giorni.
Ricevendo il ministro degli Esteri israeliano Silvan Shalom, Powell ha ribadito il suo impegno di pace in Medio Oriente, notando che andrà il 22 prossimo a Sharm el Sheikh, in Egitto, alla conferenza sull’Iraq e poi probabilmente in Palestina. È una garanzia di continuità.
Ma in un discorso a Londra, Tony Blair, il più leale alleato di Bush, tradisce l’ansietà del mondo per l’uscita di scena del segretario di Stato. L’America, avverte, deve abbracciare un «multilateralismo efficace». «Ho scarsa simpatia - dice il premier britannico - per l’unilateralismo di principio. Nulla funzionerà se gli Usa non si rivolgeranno agli altri. Una sicurezza duratura contro il fanatismo e il terrorismo non può essere solo il frutto di una risposta militare convenzionale, ma sarà il frutto di un impegno alla democrazia, alla libertà e alla giustizia». Gli fanno eco i palestinesi, auspicando che Bush si adoperi per un loro Stato, mentre Israele denuncia il terrorismo.
Desta ansietà anche il fatto che Powell sia il sesto ministro a dimettersi dopo quelli della Giustizia John Ashcroft e del Commercio Don Evans la settimana scorsa, e quelli dell’Energia Spencer Abrahams, dell’Istruzione Rod Paige e dell’Agricoltura Anne Veneman ieri. Non si tratta però di espressioni di dissenso degli interessati, né di una purga presidenziale, è solo il rimpasto di prammatica nel secondo mandato dei presidenti americani. Sono previste anzi altre tre o quattro dimissioni, tra queste anche il vice di Powell, Richard Armitage.
Ma l’attenzione del mondo è concentrata soprattutto sul ministro della Difesa, Donald Rumsfeld. Saranno la successione al segretario di Stato e il fato di Rusmfeld, il leader dei falchi dopo il vicepresidente Richard Cheney, a indicare se e come cambierà la politica estera di Bush nei prossimi 4 anni. La Rice è considerata più conservatrice di Powell, e potrebbe abbandonarne la linea morbida. Rumsfeld o resterà al suo posto o verrà sostituito da uomini altrettanto rigidi come Paul Wolfowitz o uno dei fidi di Cheney. Tuttavia, secondo il generale Anthony Zinni, uno dei protagonisti della Guerra del Golfo del ’91, Bush dovrebbe rendersi conto di avere «un’unica opportunità» di mediare in Medio Oriente.
Sullo stesso argomento
Articoli in archivio
su Gulf News del 10/11/2006
su Gulf News del 03/11/2006
La OTAN reconoce haber matado a civiles en un bombardeo en Afganistán
Las autoridades afganas acusan a la Alianza de matar a 63 civiles por error
Las autoridades afganas acusan a la Alianza de matar a 63 civiles por error
su El Pais del 27/10/2006
News in archivio
su Amnesty International del 16/10/2006
su Corriere della Sera del 28/09/2006
su Panorama del 13/09/2006