Da La Stampa del 18/11/2004

I programmi del presidente

Bush sogna una grande alleanza

di Maurizio Molinari

Nel periodo che intercorre fra un'amministrazione e l'altra Washington è per tradizione un laboratorio di idee, nomi e progetti perché si gettano i semi dei disegni politici e delle lotte di potere che segneranno il nuovo governo e quindi gli equilibri del pianeta. Ciò di cui si parla in questi giorni, fra le serate a Georgetown, i seminari a porte chiuse e i pranzi di lavoro all'Hotel Willard, è l'intenzione attribuita al presidente George W. Bush di far entrare nella storia il suo secondo mandato lanciando l'idea di una nuova organizzazione internazionale. A dispetto di un mondo segnato dalle lacerazioni, Bush sarebbe già al lavoro con il futuro segretario di Stato, Condoleezza Rice, per stabilire un elenco di priorità sulle quali tutti sono d'accordo, primo passo verso un'Alleanza del XXI secolo che unisca le nazioni accomunate dal rifiuto del terrorismo e della proliferazione nucleare così come dalla volontà di promuovere gli scambi commerciali e di combattere povertà, malattie endemiche e sottosviluppo.

Ad innescare il tam tam è stato il vicepresidente Dick Cheney allorché, all'indomani della vittoria, definì l'intento del quadriennato con il termine «transformation», trasformazione. Il generale James Jones, comandante supremo delle forze alleate in Europa, ci ha messo del suo prevedendo per la Nato un futuro «più politico» e meno militare. Ciò di cui nei centri studi conservatori si mormora e in quelli liberal si paventa è lo scenario di un Presidente in arrivo a febbraio in Europa portatore di un ambizioso progetto multilateralista destinato a modificare radicalmente l'architettura degli accordi internazionali che oggi regolano le relazioni fra nazioni sovrane ma che risalgono alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Trattandosi della genesi di un'idea, che potrebbe affermarsi come affondare, a Washington se ne discute ogni possibile variazione.

Ecco alcuni esempi: includere solo gli europei restando nel quadro transatlantico, anche la Russia ovvero l'intero emisfero settentrionale, oppure estendere il raggio a Giappone, Terzo Mondo e Paesi arabi mirando a una dimensione planetaria; mettere l'accento su ciò che unisce, puntando a un patto fra le democrazie del pianeta, oppure sulla definizione del nemico ovvero la lotta al terrore; limitarsi a un'agenda di politica e sicurezza come avviene nel caso della Nato oppure includere promozione di commercio e sviluppo sociale come fa il testo del piano sulle riforme nel Grande Medio Oriente approvato dal G-8 di Savannah.

Il principale ostacolo politico su questo ambizioso sentiero di riassetto dell'ordine internazionale potrebbe rivelarsi Kofi Annan, segretario generale dell'Onu. Ma è molto indebolito: il suo mandato termina nel 2006 e inoltre ha sul capo la spada di Damocle dell'inchiesta del Congresso sui 21,3 miliardi di dollari di fondi stornati illegalmente da Saddam Hussein nel corso di 12 anni grazie a funzionari inefficienti o corrotti.

Saranno le prossime settimane a dire se l'idea della nuova Alleanza prenderà forma, segnando l'inizio del quadriennato oppure se resterà solo abbozzata su dei fogli dimenticati in uno dei cestini color legno nella West Wing della Casa Bianca.

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