Da La Stampa del 18/11/2004

Le misure proposte da Forza Italia avrebbero un forte impatto sull’elettorato di An e Udc

Nel mirino anche i contratti pubblici

Tra i tagli, solo due finestre anziché quattro per le pensioni

di Roberto Giovannini

ROMA - Aumenti salariali per gli statali bloccati al 3,7%. Riduzione immediata da quattro a due delle «finestre» per poter andare in pensione di anzianità. Blocco totale delle nuove assunzioni nel pubblico impiego. Interventi sulle accise, a cominciare dai tabacchi. Quanto all’Irap, l’ipotesi della cancellazione degli sgravi per le piccole e piccolissime imprese sembra essere stata accantonata, mantenendo le risorse già indicate per il calo dell'imposta. È questa la ricetta proposta da Forza Italia - e illustrata ieri dal presidente del Consiglio Berlusconi al vicepremier Gianfranco Fini - per trovare i 5,5 miliardi di euro necessari per finanziare la riforma dell’Irpef con le famose tre aliquote e il «contributo di solidarietà». Come era stato stabilito nel Dpef di luglio. Una ricetta politicamente «dolorosa» per Alleanza Nazionale, ma che il premier sembra essere intenzionato a voler perseguire con grandissima determinazione.

Nel colloquio pomeridiano di martedì con il ministro dell’Economia Siniscalco Berlusconi aveva parlato della necessità di compiere almeno «un gesto simbolico» sulla riduzione dell’Irpef. Quasi a dire che ci si sarebbe potuti accontentare di due, forse tre miliardi da trovare nelle pieghe del bilancio pubblico e destinare a dare se non altro un segnale agli elettori/contribuenti delusi per la marcia indietro del presidente del Consiglio. Nella serata, poi, Berlusconi ha incontrato in una lunga cena di lavoro lo stato maggiore di Forza Italia, da Bondi a Cicchitto, da Gianni Letta all’economista Renato Brunetta. E proprio Brunetta - assecondando la chiarissima intenzione del premier di cambiare strada e rimettere in discussione l’accordo di maggioranza che aveva portato alla deludente mini-manovra su Irap e detrazioni familiari - ha esposto un piano complessivo. Un piano che ripropone la riforma fiscale con le «tre aliquote Irpef più una» (23%, 33%, 39% e 42-43%), finanziandola con risorse tagliate in modo «credibile» da voci di spesa non strategiche, o meno strategiche rispetto al taglio delle imposte sui redditi. Un piano che ha convinto Silvio Berlusconi.

Il risparmio più importante viene dalla riduzione degli stanziamenti per i rinnovi contrattuali del pubblico impiego, definito «attento controllo» dei rinnovi. Originariamente, dice Forza Italia, in Finanziaria erano stati stanziati 6 miliardi di euro per gli aumenti salariali dei 3.800.000 pubblici dipendenti, in grado di assicurare un incremento degli stipendi pari al 3,7% nel prossimo biennio. Successivamente Gianfranco Fini e Domenico Siniscalco - per andare incontro alle richieste dei sindacati di un +8%, necessari a loro dire per garantire il recupero del potere d’acquisto - avevano aumentato gli stanziamenti per crescere fino a quota +5,1%. Per Fi, però, i salari di fatto dei «pubblici» nell’ultimo biennio sono aumentati quattro punti più dell’inflazione. E anche l’accordo del 1993 consentirebbe un meccanismo per evitare gli sfondamenti salariali. E dunque, ripristinando i 6 miliardi originari (e limitando gli aumenti salariali al 3,7%) si risparmierebbero quasi 2 miliardi di euro.

Un miliardo verrebbe da un’altra misura «delicata» socialmente. La riforma delle pensioni, tra l’altro, a partire dal 2008 ha ridotto da quattro a due le «finestre» in cui ogni anno gli aventi diritto possono andare in pensione di anzianità (una norma che ritarda da sei a undici mesi il momento effettivo del pensionamento). Sarebbe sufficiente anticipare al 2005 il taglio delle finestre. Risparmi significativi (o aumenti di entrate) possono provenire dal blocco drastico del turn over nella pubblica amministrazione, oltre che da aumenti delle accise su tabacchi e altre imposte indirette. Possibili limature anche ai trasferimenti diretti al Mezzogiorno. Infine, l’Irap: nel Dpef di luglio si ipotizzavano sgravi per un miliardo mirati alla ricerca e l’innovazione, poi aumentati dopo il vertice di maggioranza a 2,5 miliardi. Gran parte delle risorse, si ragiona, sono destinate a microtagli Irap a pioggia, considerati inadeguati dalle stesse imprese che ne dovrebbero beneficiare, ma l’ipotesi di eliminarle durante il vertice notturno sarebbe tramontata. I conti tornerebbero; va da sé che il costo «politico» non sarebbe indifferente, specie per An e Udc, che dovrebbero scontentare (simultaneamente) lavoratori vicini alla pensione, pubblici dipendenti, e piccole imprese. Già Alleanza Nazionale è entrata in fibrillazione di fronte alla prospettiva di dover scontentare pezzi di quello che ritiene suo elettorato per varare una riforma fiscale che premierà i contribuenti più ricchi. Scetticismo anche nell’Udc: come spiega il senatore Ivo Tarolli, uno degli esperti economici del partito di Follini, «una ipotesi del genere avrebbe costi non indifferenti, che bisognerà valutare politicamente con grande attenzione».

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