Da La Repubblica del 22/11/2004

Nessuna notizia del Nobel Aung San Suu Kyi, agli arresti domiciliari dal ´93. Molti dissidenti ancora in isolamento

Birmania, liberi i primi oppositori

I generali rilasciano quasi 4.000 detenuti, tra cui anche alcuni leader

di Raimondo Bultrini

BANGKOK - E´ passato appena un mese dalla cacciata dell´ex primo ministro birmano Khin Nyunt, considerato un moderato tra i falchi del più monolitico regime militare dell´Asia.

Ma invece di portare a un nuovo giro di vite contro l´opposizione, l´evento sembra segnare un´apertura. I generali al potere hanno annunciato a sorpresa il rilascio di 3.937 prigionieri, politici e non, «erroneamente accusati - come ha detto la tv nazionale - dal National Intelligence bureau», l´Ufficio della sicurezza disciolto il 22 ottobre dopo l´arresto del suo capo Khin Nyunt e di duemila alti ufficiali.

Già da venerdì scorso oltre 600 detenuti hanno iniziato a lasciare le loro celle delle famigerate prigioni di Insein a Rangoon, di Mandalay, Sittwe e molte altre ancora. Tra loro c´è Min Ko Naing, leader delle rivolte studentesche domate nel sangue nel 1988, ed è stata annunciata anche la liberazione del giornalista Win Tin, 74 anni, membro del partito di opposizione della Lega nazionale per la democrazia, in carcere dal 1989.

In un clima di gelide relazioni internazionali, con la giunta militare isolata e il paese sottoposto a un duro embargo commerciale, le notizie che giungono da Rangoon riaprono uno spiraglio per la scarcerazione della leader dell´Nld Aung San Suu Kyi, agli arresti domiciliari dal maggio del 1993 quando squadristi e militari assaltarono la carovana della Nobel per la Pace nel nord del paese e uccisero decine (alcuni dicono centinaia) di militanti. Ma della sua sorte, e di quella del vecchio leader del partito Tin Oo, si sa ben poco. Silenzio anche sul resto dei membri dell´Nld e degli altri gruppi dissidenti - circa 1.300 secondo Amnesty International e l´Nld - che restano ancora in rigido isolamento, sebbene non sia escluso che possano far parte della lista dei detenuti in attesa di libertà.

E´ con questa speranza che tra i membri dell´opposizione rifugiati all´estero circola per la prima volta un certo cauto ottimismo, con notizie non confermate di trattative in corso tra il regime e i dirigenti della Lega per la democrazia a Rangoon.

Se resta difficile capire che cosa stia realmente succedendo tra i ranghi del rigido esecutivo guidato dai generali Than Shwe, Maung Aye e Soe Win, diversi fattori esterni potrebbero aver contribuito a un certo rilassamento della tensione.

Mentre Stati Uniti, Nazioni Unite e Comunità europea continuavano a criticare e a imporre sanzioni contro Rangoon, a fine ottobre il capo della giunta Than Shwe è stato ricevuto con tutti gli onori in India. Un´apertura politica insolita per la Birmania tradizionalmente legata alla Cina e per la stessa India, ideologicamente distante da Rangoon, ma interessata a impedire la fuga oltre confine dei ribelli separatisti di Nagaland e Manipur e a ottenere una colossale fornitura di gas birmano. L´altro fattore determinante per questa apparente svolta potrebbe essere l´approssimarsi del vertice dei paesi dell´Asean, «vicini di casa» meno potenti dell´India ma sempre più influenti in una regione dove l´«anomalia birmana» costituisce da 42 anni (tanti ne sono passati dal primo golpe del 1962) uno dei problemi più delicati, dai diritti umani all´immigrazione, dai traffici di droga a quelli di armi. Se per i membri dell´Asean l´ex premier Khin Nyunt era stato a lungo una sorta di referente unico, con la liberazione dei prigionieri i generali hanno voluto forse dare il segnale che ora, senza di lui, sarà più facile la riapertura al dialogo e agli affari.

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