Da Corriere della Sera del 20/11/2004

Dietro gli aut aut un’intesa che non c’è

di Massimo Franco

Si tratti di ultimatum, avvertimento o semplice esortazione agli alleati, ieri, da Bratislava, Silvio Berlusconi ha fatto capire che non è finita. La nomina di Gianfranco Fini alla Farnesina non ha rafforzato il governo, né risolto il braccio di ferro sulle tasse. Anzi, in qualche modo lo sta drammatizzando. È come se, dopo avere risolto il problema del ministro degli Esteri, il presidente del Consiglio avesse deciso di occuparsi dell’unica cosa che davvero gli preme; e su quella fosse disposto a giocarsi l’intera legislatura. «Forza Italia» ha avvertito, «chiederebbe nuove elezioni senza il supporto di alcuni alleati che non vedono nella riduzione delle tasse una manovra economica necessaria». Il messaggio è netto: o il fisco, o le urne. Il motivo per cui ha deciso di inviarlo, però, sembra meno decifrabile. C’è chi vede un Berlusconi disperato, a caccia di un alibi per andare al voto anticipato; oppure sicuro di piegare An e Udc al «sì» alla riduzione delle tasse invocata da FI e Lega. Qualcuno, però, fa notare anche che da qualche giorno il fronte berlusconiano descrive un premier nostalgico del «periodo rivoluzionario» di una decina d’anni fa; e determinato a rinverdirlo.

È possibile che Berlusconi sia stanco di mediare con gli alleati. E abbia maturato la convinzione che l’elettorato da lui si aspetta decisioni e soluzioni, non marce indietro. Eppure, a marcare il cambiamento di clima rispetto al passato sono proprio le reazioni del resto del centrodestra. Fini, beneficiario dell’ultima trattativa di governo, ieri ha detto che i progetti fiscali di Palazzo Chigi sono gli stessi di An; ma anche che debbono portare voti.

Non solo. Il neoministro degli Esteri ha negato che Berlusconi abbia voluto minacciare gli alleati: per Fini, «il governo finirà la legislatura» e non ci saranno elezioni anticipate. Ma il vero messaggio che manda è lo smarcamento dalle questioni sulle quali la maggioranza sta litigando. Lasciando la guida del partito, il capo della destra dice a Palazzo Chigi che d’ora in poi gli interlocutori saranno i membri del triumvirato di An. Tutti sanno, però, che La Russa, Alemanno e Matteoli, hanno idee divergenti in materia fiscale; e dunque l’unità d’intenti «strategica» con Berlusconi può significare molto o poco.

Per questo, quando il premier annuncia un emendamento alla finanziaria con le nuove proposte, An replica che «non risulta un testo unitario della maggioranza». E mentre il ministro leghista, Roberto Calderoli, teorizza lo sforamento dei vincoli europei «di un punto pieno del Pil» per finanziare i tagli, a gelarlo è un altro ministro di An, Alemanno: «Sarebbe un salto nel buio». Ma soprattutto, colpisce il silenzio dell’Udc. In fondo, l’aut aut sul voto anticipato sembra destinato a Follini, così come la pressione crescente perché entri al governo. La risposta, invece, è l’attesa silenziosa e ostentata per l’emendamento di Berlusconi. Sotto, si indovina la convinzione inconfessabile che difficilmente il premier riuscirà a mettere d’accordo tutti.

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