Da Corriere della Sera del 02/12/2004

Lite sui fondi destinati ai religiosi

Israele, governo in crisi Sharon perde sul bilancio e licenzia i ministri ribelli

di Mara Gergolet

GERUSALEMME - Ariel Sharon è rimasto senza alleati. Minoritaria da mesi, litigiosa e frastagliata, tre volte battuta in Parlamento in un mese, la coalizione è andata a sbattere contro lo scoglio, visibile fin dall’estate, della finanziaria. E si è spaccata. La legge sul bilancio, presentata dal ministro delle Finanze Benjamin Netanyahu, è stata sepolta da un coro di 69 no di fronte ai 43 voti a favore. Ma soprattutto, i laici dello Shinui, seconda forza di governo, hanno opposto il gran rifiuto a Sharon: inaccettabili, per loro, gli aiuti alle organizzazioni e alle scuole religiose. «Non svenderemo lo Stato agli ultra-ortodossi», ha argomentato il leader Tommy Lapid. Ne hanno rimediato la cacciata dal governo. Sharon non ci ha pensato dieci minuti a spedire ai cinque ministri dello Shinui le lettere di licenziamento.

La mano ferma e inflessibile con cui Sharon ha diretto il governo verso la scontro, senza fare nulla per evitarlo, dice che non si tratta di un incidente, bensì di un naufragio pilotato. Nelle intenzioni di Sharon, almeno, la bocciatura della finanziaria dovrebbe porre fine al governo «Sharon I» per insediare al suo posto uno «Sharon II». Purché la manovra non sfugga di mano, e Israele non si ritrovi ad andare al voto, per la terza volta in tre anni.

La crisi, del resto, covava dall’estate. E’ stato il piano del ritiro da Gaza, voluto e orgogliosamente difeso da Sharon, a ridurre il suo governo prima in minoranza, poi ad aizzare contro il premier la rivolta del suo stesso partito, il Likud. Inutili si sono rivelati, finora, tutti i tentativi di allargare la maggioranza ai laburisti. Per questo, spiega un consigliere di Sharon, il premier ha forzato la mano. «Non ci metteremo certo a piangere se perderemo il voto sul budget - ha raccontato al quotidiano Maariv -. Il primo ministro vuole dimostrare alla fazione del Likud di non aver altra scelta che di espandere immediatamente il governo e di formare un governo di unità nazionale». Il comitato centrale del Likud ne discuterà la prossima settimana.

Ma se la politica israeliana offrirà nelle prossime settimane molti spunti, quella palestinese non sarà da meno. Con una mossa a sorpresa, arrivata all’ultim’ora, il carcerato Marwan Barghouti è stato candidato dalla moglie alle elezioni palestinesi. Il beniamino della piazza, il Tribuno della lotta armata contro Israele sfiderà il pragmatico e moderato apparatchik Abu Mazen. E dire che quest’ultimo, al mattino, aveva la presidenza in tasca.

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