Da La Stampa del 02/12/2004

Tensioni su Irap e tetto spese, depositati 220 subemendamenti

«Finanziaria in bilico»

Senato verso la fiducia

La riforma Irpef secondo il centrosinistra: una tantum sullo scudo fiscale e aliquota unica sulle rendite finanziarie per premiare i redditi più bassi

di Roberto Giovannini

ROMA - Potrebbe arrivare la fiducia sulla Finanziaria 2005. Il governo non ha ancora deciso, ma nel corso di un colloquio tra il ministro dell’Economia Domenico Siniscalco e il presidente del Senato Marcello Pera il titolare di Via XX Settembre ha chiesto lumi sul percorso parlamentare della manovra economica. I pericoli non mancano, e nell’Esecutivo si considera l’eventualità di ricorrere a un maxiemendamento generale su cui porre la questione di fiducia.

Che il clima sia delicato lo si è visto con lo scontro in Commissione Bilancio tra il senatore Udc Ivo Tarolli e il sottosegretario al Tesoro Giuseppe Vegas sull’introduzione di una Commissione di controllo sulla spesa pubblica. C’è poi la Lega Nord che insiste per modificare il testo della riforma fiscale varato dal Consiglio dei ministri per aumentare gli sgravi Irap per le piccole imprese. Ci sono gli oltre 220 subemendamenti (la metà dal centrodestra) al testo del governo sull’Irpef. Ci sono le proposte di senatori della Cdl per riaprire condoni che il Tesoro non gradisce. E così, anche se i ministri smentiscono, si comincia a pensare al ricorso al voto di fiducia: una soluzione che «blinderebbe» la Finanziaria, ma che permetterebbe di evitare il rischio di una quarta lettura al Senato proprio nel bel mezzo delle festività natalizie.

Come si ricorderà, il dibattito in prima lettura a Montecitorio era stato chiuso in gran fretta, con la rinuncia obbligata all’esame di molti emendamenti. E proprio ieri, il presidente della Commissione Bilancio di Montecitorio, il leghista Giancarlo Giorgetti ha scritto al suo omologo di Palazzo Madama Antonio Azzollini (Fi), chiedendo che gli emendamenti «concordati» tra governo e maggioranza ritirati alla Camera vengano «recuperati» dai senatori. Se il testo del Senato venisse rimodificato dai deputati (che riprenderanno la discussione dal 21 dicembre), si imporrebbe giocoforza la quarta lettura al Senato sotto le feste. Il ricorso alla fiducia accelererebbe l’iter, e chiuderebbe la porta a ulteriori richieste emendative che riaprirebbero problemi politici. È il caso delle richieste della Lega sull’Irap, che vengono bocciate da Vegas: l'emendamento fiscale «quello è, e quello resta», ha chiarito ieri mattina.

E sempre Vegas ieri ha duellato con l’Udc Tarolli sulla proposta (accantonata, quando sembrava passare con il sì dell’Ulivo) di varare una commissione di controllo della spesa pubblica formata da Bankitalia, Istat e Corte dei Conti. «Così congegnata - ha detto il sottosegretario - la Commissione rischia di contare più del governo». «Non è un contropotere al governo - ha replicato Tarolli - ma uno strumento che serve a prevenire e a fornire al governo utili indicazioni per i rimedi necessari». Altri problemi ci sono sull’adeguamento degli studi di settore per gli autonomi, che deve dare 3,8 miliardi di entrate.

Intanto, il centrosinistra ha formalmente presentato la sua proposta sulle tasse, partorita con qualche fatica: si tratta di una riforma alternativa a quella del governo, con una copertura finanziaria altrettanto alternativa, trovata (teoricamente) colpendo le rendite finanziarie e i fruitori del condono Tremonti sull’esportazione di capitali. Naturalmente, hanno spiegato i capigruppo Ds e Margherita, Gavino Angius e Willer Bordon, il senso della proposta è soprattutto politico, visto che ora secondo la Gad non è possibile tagliare le tasse in modo «sostenibile». La nuova Ire dell’Ulivo è caratterizzata da una progressività più decisa, e premia fortemente i contribuenti con redditi bassi e medi, penalizzando invece rispetto a oggi i più ricchi, che comunque beneficerebbero della (generalizzata) restituzione del fiscal drag, ovvero dell’aumento della tassazione dovuto all’inflazione.

In dettaglio, la nuova Ire voluta dal centrosinistra avrebbe quattro aliquote e scaglioni diversi: 23% fino a 18mila euro, 30% fino a 33.500, 40% fino a 70mila, e 45% oltre 70mila, e le detrazioni per carichi di famiglia sono sostituite da un assegno legato al reddito complessivo. C’è anche uno speciale assegno (il 2,5% dell’imponibile) per i redditi inferiori ai 21.500 euro. Per le imprese, si prevede una fiscalizzazione degli oneri impropri, l’istituzione di un Fondo per compensare il Tfr devoluto ai fondi pensione, un credito d'imposta pari al 10% delle spese per la ricerca, misure a sostegno degli investimenti in ricerca e sviluppo nell’industria. La copertura sarebbe in parte «una tantum», con un contributo straordinario del 5% sulle somme regolarizzate con l'adesione allo «scudo fiscale» Tremonti, e in parte strutturale, con una aliquota unificata al 20% su tutte le rendite finanziarie. Una misura che penalizzerebbe i detentori di titoli pubblici e altre forme di risparmio (fondi, azioni, ecc.) che oggi pagano il 12,5% sui rendimenti percepiti, e avvantaggerebbe chi ha soldi sul conto bancario (oggi tassati al 27,5%).

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