Da Corriere della Sera del 04/12/2004

Bush conferma Rumsfeld. Strage di sciiti a Bagdad

Trenta uccisi, autobomba davanti a una moschea

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Donald Rumsfeld rimane ministro della Difesa. Il più discusso membro del gabinetto, di cui era stata chiesta la testa dopo gli scandali delle torture ad Abu Ghraib e a Guantanamo, ha ieri accettato la richiesta del presidente Bush di continuare nell'incarico. Lo ha annunciato la Casa Bianca al termine di una controversa giornata in cui numerosi parlamentari repubblicani hanno ripetutamente reclamato le dimissioni di Kofi Annan da segretario dell'Onu a causa del coinvolgimento del figlio nello scandalo "petrolio per cibo" col regime di Saddam Hussein.

La conferma di Rumsfeld, il leader dei falchi, e gli attacchi ad Annan, che paga la sua opposizione all’intervento americano, segnalano che, se necessario, nel secondo mandato Bush adotterà in Iraq una politica ancora più rigida che nel primo. Il caso Rumsfeld e il caso Annan sono esplosi sullo sfondo di un Iraq in fiamme. A Bagdad due attentati, uno a una moschea sciita l'altro a una stazione di polizia, hanno fatto una trentina di morti.

Un furgone bomba ha inoltre semidistrutto una stazione di confine con la Giordania a Trebil: s'ignora se ci siano vittime. Infine dalla Germania si è appreso che un gruppo di terroristi aveva preparato un attentato al premier iracheno Allawi durante la sua visita: la polizia ha operato vari arresti. La reazione di Bush, che lunedì riceverà il presidente dell'Iraq Al Yawar alla Casa Bianca, è stata ferma: ha ribadito che le elezioni a Bagdad si svolgeranno il 30 gennaio.

La conferma di Rumsfeld è importante per molti motivi. Su 15 ministri se ne sono già dimessi 8 e si dice che se ne dimetteranno altri 5-6: Rumsfeld potrebbe essere il solo sopravvissuto. E' scomparsa l'unica colomba, il segretario di stato Colin Powell, sostituito da Condoleezza Rice, un altro falco. Anche Bernard Kerick, il nuovo ministro della Sicurezza, è un fautore della linea dura, come lo è il neo direttore della Cia Porter Gross. E con ogni probabilità, lo sarà chi prenderà il posto dell'ambasciatore all'Onu uscente John Danforth. La Casa Bianca ha ieri spiegato che «Rumsfeld è l'uomo giusto al posto giusto».

In altre parole, il presidente sta formando un gabinetto di guerra: la sua politica estera e di difesa si accentrerà sull'Iraq e sulla lotta al terrorismo.

Gli attacchi personali al segretario dell'Onu Annan vanno visti in questa prospettiva. Ieri Powell ha tentato di difenderlo: «E' un buon segretario dell'Onu - ha detto in un'intervista - Lo scandalo "oil for food" ci ha molto turbato, ma l'inchiesta non è su di lui, dobbiamo aspettare che si concluda». A differenza degli altri quattro membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, la Russia la Cina la Francia e la Gran Bretagna, e a differenza dell'Ue, Powell non ha però ribadito la sua «amicizia e fiducia» ad Annan. Ha glissato come Bush, che a un incontro con i giornalisti ha evitato due volte di rispondere alla domanda se anch'egli, come il suo partito, ne voglia le dimissioni.

Il presidente pone l'accento sulla «trasparenza», dice di volere solo che venga fatta luce sullo scandalo dell'Onu e minaccia in caso contrario di ridurne drasticamente i finanziamenti. Ma i suoi uomini denunciano il ruolo che nel programma «petrolio in cambio di cibo» avrebbe avuto il figlio di Annan, Kojo. Il progetto di riforma del Consiglio passa in secondo piano, a Washington non se parla, tutto è rinviato al dopo elezioni in Iraq. L'obiettivo pare chiaro: non necessariamente costringere il segretario a dimettersi ma metterlo in posizione di non nuocere ai suoi disegni. Una iniziativa che susciterà interrogativi sul Bush-due in Europa e nel mondo islamico. Il nuovo gabinetto di guerra di Bush sarà approvato dal Congresso a cavallo dell'insediamento del presidente alla Casa Bianca per la seconda volta il 21 gennaio. Poco dopo, Bush si recherà a Bruxelles. Sul tavolo non ci saranno solo l'Iraq e Kofi Annan, ma anche l'Iran, del cui accordo con i governi di Parigi, Berlino e Londra il presidente Usa diffida, e che rischia di essere motivo di una nuova crisi.

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