Da Il Messaggero del 18/12/2004

NUOVO SCENARIO

Israele, i laburisti entrano nell’esecutivo

Varato il governo di unità nazionale: alla sinistra otto ministeri, Peres vice premier

di Marcella Emiliani

E' FATTA. Tra il Likud e il Partito laburista ieri è stato messo a punto l'accordo che, riportando la sinistra al centro del potere, consentirà il varo già domani del governo di unità nazionale. I colloqui avevano segnato una battuta d'arresto giovedì notte per una serie di affermazioni non proprio concilianti verso Sharon fatte dal negoziatore capo del Labour, la signora Dalia Itzik che se ne era uscita dicendo che il premier mai avrebbe concesso certi ministeri ai laburisti, nella fattispecie quello della Sicurezza interna e della Giustizia, alludendo ai guai giudiziari del medesimo Sharon. Dal canto suo il Likud già smaniava perché roso dal sospetto che in casa laburista si volesse alzare il prezzo per l'entrata nel governo. Risultato: l'iniziativa l'ha presa direttamente il presidente del Labour, Shimon Peres, che l'accordo l'ha concluso, la Itzik è rimasta a casa tra battutacce un po' pesanti di entrambi gli schieramenti, ai laburisti andranno otto ministeri (il più importante è quello degli Interni), ma soprattutto Peres fungerà a tutti gli effetti da vice primo ministro. Non è un mistero che l'entrata del Partito laburista nel governo sia stata osteggiata tanto dentro il medesimo Partito quanto nel Likud, che Sharon sia arrivato a "ricattare" con la minaccia delle elezioni anticipate, pur di convincerlo a dare il suo assenso. Alla fine, tra dibattiti infuocati e passioni in collisione, in Israele ha vinto il pragmatismo e il compromesso, nell'accezione migliore del termine, come è sempre successo nei momenti cruciali della storia del paese, alla testa del quale ora governerà davvero "una strana coppia" di vecchi nemici che si ritrovano a fare assieme i padri della patria, ad un'età veneranda, ma sempre indomita.

Il fattore tempo, d'altronde, era ed è determinante. Sharon non ha mai nascosto di voler procedere al più presto al ritiro unilaterale da Gaza, da una parte; dall'altra Israele non poteva farsi trovare in alto mare nella creazione del nuovo esecutivo con le elezioni presidenziali palestinesi in calendario per il 9 gennaio. La presenza di Peres nel governo, d'altronde, è una garanzia per quanti a livello internazionale vogliono il ritorno ad una trattativa coi palestinesi (l'Unione Europea soprattutto) per resuscitare la road map e riavviare il processo di pace "alla vecchia maniera". Non è detto che succeda (Peres per ora appoggia in pieno il piano di ritiro unilaterale), ma il futuro presidente dell'Autonomia palestinese, che sarà quasi per certo Abu Mazen, ci spera. Nel frattempo sull'altra sponda dell'Atlantico si tace. Nell'agenda di Bush al primo posto continua ad esserci la guerra in Iraq, il disimpegno delle truppe americane e le elezioni del 30 gennaio, quanto mai incerte.

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