Da Corriere della Sera del 20/12/2004
Yukos, sull’asta pubblica è giallo Offerta «fantasma» da 9 miliardi
La sconosciuta Bajkal si aggiudica la Yugansk
di Fabrizio Dragosei
MOSCA - Il principale braccio operativo della Yukos è stato ieri venduto all’asta a una misteriosa società russa dopo che una corte di Houston aveva di fatto reso impossibile l’acquisto da parte della Gazprom, il colosso del gas. Il BajkalFinansGroup dovrà sborsare 9,3 miliardi di dollari ma non è affatto chiaro se questo gruppo esista veramente, a chi faccia capo e dove operi. Così la Russia dimostra ancora una volta di essere un Paese del tutto particolare, visto che una società che pompa più petrolio del Qatar viene venduta all’ultimo momento a una misteriosa entità economica che ha sede nella cittadina di Tver a un indirizzo dove sembra essere registrata solamente una ditta che fabbrica macchinari per l’industria petrolifera.
Dietro questo schermo fumogeno, la realtà sembra essere quella che tutti prevedevano. La maggiore compagnia petrolifera del Paese è stata strappata dalle mani dei proprietari, che in parte sono in galera (tra questi il numero uno Mikhail Khodorkovskij, che rischia dieci anni). Ed è stata venduta a dei prestanome che rappresentano o la Gazprom, o un altro gruppo vicino al Cremlino o direttamente lo Stato.
Adesso si aprirà un fronte legale che si trascinerà per anni in corti di tutto il mondo. Le sentenze dei tribunali americani e di altre corti internazionali possono essere ignorate sul suolo russo. Ma gli attivi delle compagnie russe che si trovano fuori dal territorio nazionale possono essere congelati o sequestrati.
Inoltre una situazione così conflittuale avrà sicuramente conseguenze sull’accesso al credito delle società russe coinvolte.
Da tempo la Yukos è impegnata in un mortale braccio di ferro con il Cremlino: da quando Khodorkovskij decise di occuparsi di politica venendo meno a un patto sottoscritto in passato tra il presidente Putin e i maggiori oligarchi russi. Alla società sono stati contestati i pagamenti fiscali disinvolti (come quelli di tutte le società russe) degli anni passati. In totale il fisco ha chiesto 27 miliardi di dollari di tasse arretrate. In più sono stati congelati i conti bancari ed è stato vietato di vendere le società controllate per pagare il debito.
Paralizzata così la Yukos, è stato deciso di mettere in vendita la sua principale società operativa, la Yugansk, per recuperare una parte delle tasse arretrate. La base d’asta era quasi la metà del reale valore della Yugansk e le offerte erano state presentate solo da società controllate dalla Gazprom, il gigante statale del gas guidato direttamente dal Cremlino tramite un fedelissimo di Putin.
Ma negli ultimi giorni i proprietari della Yukos si erano rivolti alla corte di Houston (dove la Yukos ha una filiale) chiedendo di essere ammessi alla procedura di bancarotta che presuppone alcune garanzie.
Una di queste è che la società non può essere smembrata. Così la corte ha imposto alle controllate della Gazprom di non partecipare all’asta fissata per ieri. In Russia si è subito risposto che la decisione non aveva alcun effetto sul territorio della Federazione. Ma all’estero il discorso è diverso. Tanto che il consorzio di banche internazionali che doveva finanziare Gazprom per l’acquisto, si è subito tirato indietro. Inoltre Gazprom, se fosse andata avanti allo scoperto, avrebbe rischiato il sequestro degli introiti delle vendite di gas all’estero (ad esempio quello che arriva in Italia tramite l’Eni).
Così all’ultimo momento è spuntata la Bajkal. Potrebbe essere della Gazprom. Ma potrebbe anche essere inesistente (anche se, ufficialmente, dovrebbe aver versato una cauzione di 1,7 miliardi di dollari per partecipare all’asta). Se questo fosse il caso, o se l’asta venisse annullata per qualsiasi altro motivo, dopo 14 giorni la Yugansk verrebbe trasferita allo Stato.
Dietro questo schermo fumogeno, la realtà sembra essere quella che tutti prevedevano. La maggiore compagnia petrolifera del Paese è stata strappata dalle mani dei proprietari, che in parte sono in galera (tra questi il numero uno Mikhail Khodorkovskij, che rischia dieci anni). Ed è stata venduta a dei prestanome che rappresentano o la Gazprom, o un altro gruppo vicino al Cremlino o direttamente lo Stato.
Adesso si aprirà un fronte legale che si trascinerà per anni in corti di tutto il mondo. Le sentenze dei tribunali americani e di altre corti internazionali possono essere ignorate sul suolo russo. Ma gli attivi delle compagnie russe che si trovano fuori dal territorio nazionale possono essere congelati o sequestrati.
Inoltre una situazione così conflittuale avrà sicuramente conseguenze sull’accesso al credito delle società russe coinvolte.
Da tempo la Yukos è impegnata in un mortale braccio di ferro con il Cremlino: da quando Khodorkovskij decise di occuparsi di politica venendo meno a un patto sottoscritto in passato tra il presidente Putin e i maggiori oligarchi russi. Alla società sono stati contestati i pagamenti fiscali disinvolti (come quelli di tutte le società russe) degli anni passati. In totale il fisco ha chiesto 27 miliardi di dollari di tasse arretrate. In più sono stati congelati i conti bancari ed è stato vietato di vendere le società controllate per pagare il debito.
Paralizzata così la Yukos, è stato deciso di mettere in vendita la sua principale società operativa, la Yugansk, per recuperare una parte delle tasse arretrate. La base d’asta era quasi la metà del reale valore della Yugansk e le offerte erano state presentate solo da società controllate dalla Gazprom, il gigante statale del gas guidato direttamente dal Cremlino tramite un fedelissimo di Putin.
Ma negli ultimi giorni i proprietari della Yukos si erano rivolti alla corte di Houston (dove la Yukos ha una filiale) chiedendo di essere ammessi alla procedura di bancarotta che presuppone alcune garanzie.
Una di queste è che la società non può essere smembrata. Così la corte ha imposto alle controllate della Gazprom di non partecipare all’asta fissata per ieri. In Russia si è subito risposto che la decisione non aveva alcun effetto sul territorio della Federazione. Ma all’estero il discorso è diverso. Tanto che il consorzio di banche internazionali che doveva finanziare Gazprom per l’acquisto, si è subito tirato indietro. Inoltre Gazprom, se fosse andata avanti allo scoperto, avrebbe rischiato il sequestro degli introiti delle vendite di gas all’estero (ad esempio quello che arriva in Italia tramite l’Eni).
Così all’ultimo momento è spuntata la Bajkal. Potrebbe essere della Gazprom. Ma potrebbe anche essere inesistente (anche se, ufficialmente, dovrebbe aver versato una cauzione di 1,7 miliardi di dollari per partecipare all’asta). Se questo fosse il caso, o se l’asta venisse annullata per qualsiasi altro motivo, dopo 14 giorni la Yugansk verrebbe trasferita allo Stato.
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