Da La Repubblica del 27/12/2004

Ucraina, il giorno di Yushenko "arancioni" in testa nel voto-bis

L´opposizione in piazza: "Stavolta non possono rubare"

L´avversario annuncia ricorsi: "Non si è potuto far votare migliaia di vecchi e malati"
Nei primi exit poll il leader filo-occidentale ha un vantaggio di 15-20 punti sul suo sfidante
È la notte più attesa del Paese: la fine del comunismo soprav- vissuto con altri nomi
La "pasionaria" Tymoshenko: "Ci saranno riforme ma non vendette"

di Giampaolo Visetti

KIEV - Un abete blu, altissimo, carico di regali rossi fatti di luce, si illumina sulla folla. Dietro, l´elegante centro commerciale di cristallo viene coperto con un enorme drappo arancione: al centro il numero 2005, non un anno solo, ma un´epoca nuova. In cima al vertiginoso obelisco dedicato all´Indipendenza dalla Russia, nel 1991, sventola la bandiera dei ribelli. Sul fondo del "Maidan" brilla l´insegna di Mc Donald´s, centrata dai razzi che partono dalla tendopoli del Kreshiatik. Anche Fiodor, la civetta adottata dagli insorti di "Porà", porta al collo la sciarpetta arancione. Sono le 20 della domenica che l´Ucraina voleva. La piazza della rivoluzione somiglia già a un pezzo di Occidente. Promesse di lusso, di natali ricchi, sogni di libertà. Il senso di un peso che cade: una liberazione, difficile da esprimere.

Migliaia di persone ancora non conoscono gli exit poll che annunciano il trionfo di Viktor Yushenko. Ma la gente già si abbraccia sulle panchine, i giovani brindano con bottiglioni di spumante della Crimea. Si intona l´inno nazionale, il rap dedicato alle falsificazioni del regime crollato, i canti della tradizione. Gli anziani piangono e sventolano piccole bandiere di nylon. I ragazzi salgono in macchina e fanno partire cortei a clacson scatenato. Per le strade si balla, a gruppi: madri, nonni, bambini che si divertono a vedere i genitori finalmente felici. È la notte più attesa dell´Ucraina: la fine del comunismo sopravvissuto con altri nomi e medesimi protagonisti, l´addio all´ansia degli ordini da Mosca, il tramonto dell´Urss nei cervelli e dell´autoritarismo di Kuchma. L´inizio dell´Europa alle porte, dell´America che ancora è sogno e modello. Non finirà fino a quando Yushenko non sarà ufficialmente proclamato presidente.

Poi, passato un quarto d´ora, il boato. Parte assieme ai primi exit poll del terzo turno. Il leader filo-occidentale degli arancioni è in testa di 15-20 punti. Dai diversi istituti viene dato tra il 51,1 e il 58,1 per cento. Viktor Yanukovich, candidato filo-russo del regime, poi mollato dal presidente uscente Leonid Kuchma, oscilla tra il 38,4 e il 41,3 per cento. Nessun dato, fino a oggi. Solo il voto dall´estero: Yushenko 69,69 per cento, Yanukovich 27,11.

Cinquantamila bandiere arancioni si alzano. Per un istante la folla resta sospesa, paralizzata dalla commozione. Sul palcoscenico che l´opposizione ha eletto a teatro dell´insurrezione contro le autorità, si recitano poesie, suona la star Alessia Gulova e spunta un pope a ringraziare Dio. «Vittoria netta - annuncia il portavoce di Yushenko - impossibile da rubare». Esplodono i fuochi d´artificio: la protesta si libera in una festa semplice e forte. Le facce e la felicità ricordano i primi passaggi attraverso la breccia nel Muro di Berlino. Il crollo di un mondo, l´annuncio una società da rifondare. Non c´è ancora qualcosa di ufficiale, ma sembra non contare più. La folla di Kiev è già avanti, come in uno stato d´innocenza, a domani.

Pochi agenti osservano spaesati, non c´è traccia degli annunciati 170 mila poliziotti dei reparti speciali. Nessun sostenitore di Yanukovich, nessuna «marcia dei 35 mila minatori da Donetsk». I leader arancioni ironizzano sulle felicitazioni di Putin a Yanukovich, il 21 novembre. «Il Cremlino deve capire che è impossibile bloccare la libertà». C´è molta enfasi, retorica, foto - ricordo, voglia di sentirsi in una data storica. «Ora dobbiamo aiutare le ex repubbliche sovietiche - grida Mikola Tomenko - a portare avanti le loro rivoluzioni». La pasionaria Yulia Tymoshenko, frena. «Nessuno dovrà più avere paura di nulla - dice - Yushenko e io non mangiamo bambini a colazione: ci saranno riforme profonde, ma non vendette».

Duro, ma non minaccioso, quello che appare ormai sconfitto. «Non si è potuto far votare migliaia di invalidi - dichiara terreo Yanukovich - di vecchi, di malati. Mezzo Paese è stato dimenticato: difenderemo i diritti degli elettori con tutti i modi legali possibili». È l´annuncio di una disperata strategia dei ricorsi, per invalidare anche questo terzo turno, ma suona come una resa. Con oltre 12 mila osservatori internazionali nei seggi, non si sarebbero ripetuti i brogli massicci. Concordi la commissione elettorale centrale, Kuchma, il comitato degli elettori. Con un distacco tanto ampio appare remota anche l´eventualità di una rivolta delle regioni russofone del sudest. «Punto ancora alla vittoria - dice Yanukovich - ma se perdo vedranno cosa significa un´opposizione durissima in parlamento. Non ci saranno più trattative». Ora il problema per Yushenko, assente dalla piazza e silenzioso, è governare un Paese dove i mostri del passato e delle divisioni sono stati liberati. E non deludere gli occhi della folla: il suo gridare «Yu-shen-ko, pre-si-dent», quasi fosse una formula magica contro ogni dolore patito, una medicina capace di fare miracoli.

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