Da La Repubblica del 28/12/2004

Dolore e silenzio nei villaggi-fantasma

Quasi isolate le zone colpite. Il presidente: "Non eravamo preparati"

di Omero Ciai

COLOMBO - I TELEFONI fuori uso, le strade impraticabili, gli alberghi presi d´assalto dai primi sfollati che hanno raggiunto la capitale dello Sri Lanka attraversando la zona centrale, montagnosa, dell´isola, non rendono neppure lontanamente l´idea del disastro immane che si è abbattuto su parecchie centinaia di chilometri di coste di questo paese. Neppure i cadaveri che galleggiano nel canale d´acqua che attraversa Colombo la possono rendere. Li tirano a riva con delle lunghe canne. Saranno tre, forse cinque: si vedono dal ponte.

Il maremoto ha spazzato via tutta la costa a sud e a sudest, la più bella, la più turistica ma ieri sera, a oltre 48 ore dalla catastrofe, è impossibile avere un´idea precisa dei danni, delle vittime, dei dispersi. Le cifre, che continuano a crescere ora dopo ora, - 11.500 morti, 800mila senzatetto - sono appena delle ipotesi, calcoli per difetto di una matematica illusoria che non ha nulla a che fare con i corpi aggrappati alle palme, le case di legno divelte dall´urto dell´acqua.

Nessuno è ancora arrivato a Hikkaduwa, poco più di 60 chilometri a sud di Colombo, da dove un´italiana che vi possiede un ristorante, Barbara, ha lanciato un appello per avere al più presto soccorsi. La cittadina sarebbe completamente distrutta e nella zona ci sarebbero un centinaio di italiani in difficoltà. Poco più a sud, a Matara, è morta Raffaella Piva ed è scomparso un altro italiano di cui si conosce soltanto il nome: Ermanno.

Ma anche queste sono soltanto piccole certezze. Troppo ampia ancora tutta la zona non raggiunta dai soccorsi per avere dei contorni più precisi. Il presidente Chandrika Kumaratunga ha detto che il suo paese non «era preparato per una catastrofe del genere, non era mai successo nulla di simile». L´unica cosa che possiamo fare, ha aggiunto la donna che guida il paese, «è dire a tutti quelli che vivono lungo le coste di spostarsi sulle alture». Un po´ poco. Mentre la macchina dei soccorsi sembra essere davvero lentissima, senza mezzi e senza un´indicazione precisa.

Vista da Colombo, in realtà, sembra quasi non esserci alcuna macchina dei soccorsi. Il governo ha proibito ai singoli di recarsi verso sud, lungo la strada costiera che, in pratica, è l´unica che unisce tutto il paese. In molti punti è fuori uso, in altri pericolosa, ma questa proibizione ha anche l´effetto di disinnescare la molla della solidarietà, del gesto volontario che, in questi casi sopperisce alle mancanze della burocrazia amministrativa.

Così Colombo appare un gigante assopito nella bollente afa dei Tropici dove le comunicazioni diventano impossibili e le notizie arrivano di bocca in bocca.

In tutta la zona colpita è stato dichiarato il coprifuoco, i corpi delle vittime vengono ammassate negli ospedali dove i familiari si presentano per cercare i loro cari. Il coordinatore per i soccorsi dell´Onu, Jan Egeland, ha già lanciato l´appello internazionale perché «gli effetti a lungo termine potrebbero essere tanto devastanti quanto lo è stato lo tsunami». Il primo problema sono i cadaveri ancora dispersi ma scarseggiano anche l´acqua e il cibo. Il rischio è quello ovvio in queste circostanze. I soccorsi internazionali arrivano e se ne vanno in fretta.

Italiani, francesi e inglesi vengono qui soprattutto per evacuare i loro connazionali in difficoltà, svolta l´opera lasciano il resto al suo destino. Insomma alla Protezione civile italiana, che già stanotte cercherà con un idrovolante di raggiungere l´area di Galle dove è stato segnalato il gruppo di italiani dispersi, si sono mosse anche quelle degli altri paesi europei. Due Airbus A330 francesi sono attesi a Colombo per l´evacuazione. Fino ad ora si parla di un totale di duecento turisti stranieri dispersi, dei quali settanta vittime già accertate del maremoto.

I racconti dei superstiti, per quanto simili, sono tutti testimonianza di una violenza incontrollabile e rapidissima. Un turista francese sulla spiaggia ha visto la sua piccola figlia di 4 anni portata via, inghiottita dalla massa d´acqua; altri sono stati travolti dalle onde nelle loro camere d´albergo, magari al primo piano, magari niente più che casette di legno lungo la spiaggia. Il bungalow tra le palme, l´alberghetto resort a uno o due piani, sono un po´ la formula consueta della villeggiatura in tutta la zona costiera dello Sri Lanka. Fuscelli, trascinati via in un attimo dal maremoto. Tra le difficoltà di queste ore, spiega l´ambasciatore italiano Salvatore Zotta, c´è anche il fatto che i turisti italiani al mare si sono ritrovati, nel giro di un attimo, magari superstiti, ma senza più nulla di ciò che avevano, dagli indumenti, alle carte di credito, ai documenti.

Le testimonianze che arrivano a singhiozzo dalle centinaia di villaggetti della zona sudest della costa raccontano di pile di cadaveri, avvolti in lenzuoli di cotone o in sacchi di plastica, in attesa di essere bruciati e di fosse comuni scavate con qualsiasi mezzo dai sopravvissuti in attesa di essere soccorsi dai pompieri o dagli agenti della polizia nazionale. In migliaia sarebbero all´opera in tutta la zona del disastro anche se un coordinamento centralizzato sembra del tutto assente. A sud di Colombo, decine di località tra Galle e Matara sarebbero nient´altro che villaggi fantasma mentre mancano ancora del tutto notizie da altre zone della costa dove il maremoto potrebbe aver colpito con ancora maggior violenza. La parte dell´isola di fronte a Sumatra è meno abitata, c´è un grande parco naturale meta di numerose escursioni ed è, finora, uno dei luoghi meno battuto dai soccorsi. Soccorsi che, dicono a Colombo in qualche caso vanno a rilento anche per il timore di una nuova ondata che potrebbe raggiungere ancora una volta lo Sri Lanka e che gli esperti per il momento non escludono.

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