Da La Repubblica del 28/12/2004
Petali di fiori e fumi d´incenso: così gli indiani invocano il cielo perché restituisca migliaia di dispersi
India, a rischio la centrale atomica
Riunione d´emergenza al governo. Previsti nuovi tsunami
Centinaia di pellegrini cristiani erano affluiti a un santuario mariano
di Alix Van Buren
Prega l´India in queste ore perché allo schiaffo impietoso della natura non s´aggiunga il rischio nucleare. Lo sguardo fisso all´orizzonte in attesa di nuove onde previste dai metereologi, il governo di Nuova Delhi annuncia possibili fessure nell´impianto elettro-nucleare dello Stato di Tamil Nadu, colpito dallo tsunami. La centrale di Kalpakkan, consacrata a Indira Gandhi, eretta sulle sponde dell´Oceano a 80 chilometri da Madras, sarebbe stata danneggiata da infiltrazioni d´acqua. La Commissione per l´energia atomica oggi è convocata d´emergenza per valutare i guasti.
Prega, ancora, l´India per le migliaia di morti accertate, e per le altre migliaia che non hanno fatto ritorno. Bambini, troppo piccoli ed esili per arginare la furia dell´oceano, e pescatori sballottati dai flutti giganti: queste le prime vittime divorate dallo tsunami lungo centinaia di migliaia di chilometri nell´India meridionale. Altrettanti petali di fiori coloravano ieri le acque dell´Oceano, pegno d´affetto e di speranza, sacrificio incruento alla natura in memoria degli scomparsi. Al sorgere dell´alba, fra lamentazioni e inni di preghiera, le famiglie dei pescatori si prostravano a gruppetti lungo le sponde implorando salvezza per i dispersi, mentre pennacchi d´incenso s´alzavano al cielo.
Alle loro spalle, cumuli di cadaveri venivano ammonticchiati in obitori a cielo aperto, in attesa di un riconoscimento. Una breve attesa, poiché il caldo tropicale impone una rapida sepoltura, e già vengono allestite fosse comuni. «Le onde continuavano a inseguirci», ripeteva attonito alla Reuters Satya Kumari, un operaio alla periferia di Pondicherry. «Hanno spazzato via tutte le capanne. Che cosa abbiamo fatto per meritarci tanto?». Poco distante una donna, in attesa accanto ai cadaveri, si spezzava in un grido all´arrivo dei resti di una bimba: «Anasuya, Anasuya. Parlami, sono tua mamma», stringendo al grembo il piccolo corpo inzaccherato di sabbia e alghe. Il padre, balbettata appena una parola, si schiantava nel pianto.
Difficile quantificare le proporzioni del disastro. La stima delle vittime s´impenna ogni ora. Quando s´alza la notte, il mesto calcolo già supera i 7100 morti. Esercito, polizia e aviazione pattugliano le coste dalla terra e dall´aria. Gli elicotteri comunicano l´avvistamento di centinaia di corpi in balia dei flutti al largo delle sponde orientali. Forse i resti dei tanti pescatori che domenica, alle prime luci, avevano preso il mare. O forse dei pellegrini che salutavano il plenilunio compiendo il bagno rituale. Erano in centinaia, fedeli indù ma anche cristiani, nel Tamil Nadu, erede di una tradizione millenaria di tolleranza religiosa. Centinaia di cristiani erano affluiti al santuario mariano di Nagapatnam, travolti anch´essi dall´onda.
Ma l´India sa che lo tsunami resta in agguato: «Come un mostruoso gorgoglio, si spegne poco a poco», avvisa S. Sridharan, meteorologo di Madras. Eppure il popolo dei sopravvissuti continua ad arrischiarsi sulle sponde, per implorare gli dei benevoli del mare.
Prega, ancora, l´India per le migliaia di morti accertate, e per le altre migliaia che non hanno fatto ritorno. Bambini, troppo piccoli ed esili per arginare la furia dell´oceano, e pescatori sballottati dai flutti giganti: queste le prime vittime divorate dallo tsunami lungo centinaia di migliaia di chilometri nell´India meridionale. Altrettanti petali di fiori coloravano ieri le acque dell´Oceano, pegno d´affetto e di speranza, sacrificio incruento alla natura in memoria degli scomparsi. Al sorgere dell´alba, fra lamentazioni e inni di preghiera, le famiglie dei pescatori si prostravano a gruppetti lungo le sponde implorando salvezza per i dispersi, mentre pennacchi d´incenso s´alzavano al cielo.
Alle loro spalle, cumuli di cadaveri venivano ammonticchiati in obitori a cielo aperto, in attesa di un riconoscimento. Una breve attesa, poiché il caldo tropicale impone una rapida sepoltura, e già vengono allestite fosse comuni. «Le onde continuavano a inseguirci», ripeteva attonito alla Reuters Satya Kumari, un operaio alla periferia di Pondicherry. «Hanno spazzato via tutte le capanne. Che cosa abbiamo fatto per meritarci tanto?». Poco distante una donna, in attesa accanto ai cadaveri, si spezzava in un grido all´arrivo dei resti di una bimba: «Anasuya, Anasuya. Parlami, sono tua mamma», stringendo al grembo il piccolo corpo inzaccherato di sabbia e alghe. Il padre, balbettata appena una parola, si schiantava nel pianto.
Difficile quantificare le proporzioni del disastro. La stima delle vittime s´impenna ogni ora. Quando s´alza la notte, il mesto calcolo già supera i 7100 morti. Esercito, polizia e aviazione pattugliano le coste dalla terra e dall´aria. Gli elicotteri comunicano l´avvistamento di centinaia di corpi in balia dei flutti al largo delle sponde orientali. Forse i resti dei tanti pescatori che domenica, alle prime luci, avevano preso il mare. O forse dei pellegrini che salutavano il plenilunio compiendo il bagno rituale. Erano in centinaia, fedeli indù ma anche cristiani, nel Tamil Nadu, erede di una tradizione millenaria di tolleranza religiosa. Centinaia di cristiani erano affluiti al santuario mariano di Nagapatnam, travolti anch´essi dall´onda.
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