Da Corriere della Sera del 05/01/2005

Mezzo milione di feriti ora lotta per sopravvivere

L’allarme dell’Organizzazione mondiale della sanità: «Temiamo dissenteria e epidemie. L’acqua potabile non basta»

di Francesco Battistini

BANGKOK - Mezzo milione di feriti, milioni d'assetati. Ci vuole altro che gli elefanti di Hollywood, quelli usati per i film di Oliver Stone e anche loro spediti qui a sfoltire la giungla per raggiungere villaggi irraggiungibili. Ci vuole altro che la squadretta di sei chimici, geologi e biologi spagnoli, mandata a identificare le fonti utilizzabili. In Indonesia e nello Sri Lanka l'acqua è diventata un'emergenza enorme, dopo dieci giorni di corpi putrefatti, canali di scolo cancellati, carcasse d'animali sepolti nel fango. L'Organizzazione mondiale della sanità sostiene che ci sono 500 mila feriti da curare e che la catastrofe sanitaria, «se non si riesce al più presto a consentire l'accesso all'acqua potabile», ancora una volta è l'incubo che galleggia nell'intera regione. «Stiamo facendo una gara contro il tempo», dice Fadela Chaib, la portavoce dell'Oms, ma al momento i nostri sono indietro: il tempo che può portare infezioni ed epidemie trova grandi vantaggi sulle coste e nelle isole dove ancora non è arrivato nessuno, ma preoccupa un po' dappertutto. Medici e infermieri lavorano allo stremo. Pure in Paesi meglio attrezzati come la Thailandia sono saltati i turni di riposo, è stato richiamato in servizio il personale in pensione e a lavare i cessi dei reparti, raccontano i giornali, si sono presentati gli studenti di medicina. Anche le cliniche private, che nel logo mettono regolarmente il simbolo di Visa e American Express, hanno spedito a casa i pazienti paganti e non urgenti per fare posto a migliaia di maremotati, urgentissimi e spesso senza un bath .

Mezzo milione di feriti in pericolo. L'allarme, dato e smentito a ripetizione, adesso viene rilanciato dall'Oms: «Sì, se non veniamo a capo del problema dell'acqua, le condizioni dei feriti possono peggiorare e temiamo che le epidemie esplodano». Secondo fonti mediche riportate da tivù thailandesi, ma non confermate ufficialmente, i casi di febbre da malaria sono già in aumento. I 55 milioni di dollari stanziati dall'Unhcr, l'agenzia Onu per i profughi, rischiano d'arrivare troppo tardi dove servono. Sono stati inviati finora due milioni di kit d'emergenza, un'enorme quantità d'antidiarroici, milioni di compresse per la depurazione dell'acqua.

L'ostacolo è sempre lo stesso: non si sa come distribuirli. Nello Sri Lanka, durante la primissima emergenza, l'acqua la si è portata con le motociclette. Nelle zone dell'Indonesia tagliate fuori da tutto, come Meulaboh, possono atterrare solo piccoli aerei Twin Otter che lanciano sacchi di riso da 20 chili e qualche tanica per dissetare. Impossibile, ad ogni decollo, caricare più di due o tre persone ferite. Impossibile organizzare interventi di depurazione, usando i bacini e le sorgenti locali, per provare a curare sul posto i meno gravi. Le infezioni sono in agguato: «Se troviamo una fonte d'acqua qualsiasi - spiega il capo della squadra spagnola, Inigo Villa - in poco tempo siamo in grado di produrre 300 mila litri di buona qualità potabile. Ci basta un lago, un fiume, una pozza. Ma per trovare la fonte, in zone dove non esistono mappe idrogeologiche, dobbiamo perlustrare le zone, chiedere alla gente del posto. Impossibile. Vogliamo intervenire, ma dove?».

Aprire le strade è l'unica soluzione. Per portare l'acqua e trasportare via i feriti. Le persone da recuperare sono ancora decine di migliaia, dice la Croce Rossa, e senza vie d'accesso la situazione peggiora. L'arrivo dei marines americani a Sumatra ha portato anche sistemi potenti di depurazione delle acque, ospedali da campo. E per aumentare la quantità di materiale necessario, adesso si usano gli enormi elicotteri Sh-60, che trasportano il doppio dei Seahawks. Forse si potevano spostare prima, questi palazzi volanti. Ma c'è una storia che i giornali thailandesi raccontano fra mille condizionali, che nessuno conferma e nessuno smentisce perché coperta dal segreto militare: l'onda anomala avrebbe creato gravi problemi anche alla base superblindata di Diego Garcia, la grande piattaforma americana nell'arcipelago delle Chagos, quella che fu usata per spedire i bombardieri sull'Afghanistan. Non si sa se ci sono state vittime, fra i militari. Si sa però che alle prime richieste d'aiuto delle autorità thailandesi, per trasportare qualche gravissimo, dall'ospedale della base militare è stato chiesto d'aspettare. Forse c'erano altri feriti da curare, anche lì.

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