Da Il Messaggero del 10/01/2005

Exit poll: vince Abu Mazen col 70% dei voti

di Marcella Emiliani

QUALCHE difficoltà bisognava pure metterla in conto: e infatti alle storiche elezioni presidenziali del dopo-Arafat si sono puntualmente registrate. Ma nonostante la confusione sugli iscritti alle liste elettorali, nonostante un po’ di caos alle urne soprattutto a Rafah e a Gerusalemme Est (dove la gente ha votato per posta), che ha costretto gli organizzatori a prolungare l’apertura dei seggi dalle 19 alle 21, gli osservatori ieri rilevavano che - tutto sommato - questa prova di democrazia dei palestinesi è stata positiva e l’Autonomia nazionale (Anp) avrà in Mahmoud Abbas alias Abu Mazen il successore regolarmente eletto del mitico Abu Ammar, alias Yasser Arafat, ormai assurto alla gloria del mito. In attesa di sapere il dato di affluenza alle urne (importante per misurare l’impatto dell’invito al boicottaggio fatto da Hamas e dalla Jihad islamica), e aspettando la percentuale definitiva della vittoria peraltro scontata ( anche in base agli exit poll) di Abu Mazen, è più che lecito chiederci cosa dobbiamo aspettarci da questa che un po’ frettolosamente è stata definita una «svolta epocale». Su Abu Mazen infatti si sono addensate come in una nube indistinta e minacciosa tante, troppe aspettative, costringendo il neo-presidente ad assumere un profilo squisitamente pirandelliano, da «uno, nessuno, centomila».

Ci si aspetta da lui che garantisca appieno la hudna, ovvero la tregua che ha negoziato con Hamas e la Jihad islamica proprio in vista delle elezioni; che, oltre al temutissimo terrorismo, venga a capo di una delinquenza comune che sta dilagando a Gaza e in Cisgiordania; che tenga serrati i ranghi del suo stesso partito al-Fatah, notoriamente dilaniato da lotte generazionali e dal conflitto ormai endemico tra i «tunisini», ovvero la vecchia guardia dell’Olp vissuta in esilio, e i giovani leoni nati e cresciuti nei Territori; che vari un’operazione «mani pulite» capace di moralizzare la vita politica palestinese; che faccia partire - assieme ad un vero processo riformistico all’interno dell’Autonomia nazionale - anche un minimo di sviluppo economico che allevi almeno in parte la miseria e la rabbia in cui sono precipitati i palestinesi, specie dallo scoppio della Intifada al-Aqsa nel 2000; che trasformi la stessa Anp in un magnete di aiuti internazionali che diano una mano alla ripresa economica ma anche alla costruzione di un’economia che non dipenda in maniera così drammaticamente strutturale da Israele; che sia al tempo stesso un capo di Stato per la sua gente, ma anche un leader di statura internazionale, capace di far sentire le proprie ragioni ai “grandi” della regione e del pianeta e che, naturalmente, sappia resuscitare il processo di pace con Israele.

Pur con tutta la stima che si può accordare ad Abu Mazen, tutto questo è troppo per un uomo solo che, anche se dotato di buone qualità di mediatore, non ha mai avuto né un carisma né un seguito degni di un “uomo del destino”. Sotto questo profilo, d’altronde, l’andamento della sua campagna elettorale è stato significativo: a seconda dell’uditorio cui si è trovato di fronte ha promesso quello che gli interlocutori del momento volevano sentirsi dire. Così ha condannato la deriva terroristica dell’Intifada, ma è tornato a definire Israele “l’entità sionista”, con un linguaggio degno dell’intransigenza di Hamas. Ha parlato di riaprire il dialogo con gli israeliani, ma ha fatto propri gli slogan più massimalisti ed estremisti in merito a Gerusalemme Est, al diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi e alle colonie ebraiche dei Territori. Ma la retorica, a quelle latitudini, non basta più e la morte di Arafat sembra aver portato con sé anche la fine di una lunga stagione di parole ambigue e fiammeggianti. I palestinesi, gli israeliani e gli Stati Uniti ad Abu Mazen chiedono fatti, non parole, e il massimo dell’aiuto che il neo-presidente può aspettarsi dai suoi due interlocutori più potenti, Israele e Usa, è tutt’al più una non belligeranza aperta, in attesa dei fatidici fatti.

Sullo stesso argomento

Articoli in archivio

Secret British document accuses Israel
FO paper says international laws are being violated and peace jeopardised
di Chris McGreal su The Guardian del 25/11/2005
 
Cos'� ArchivioStampa?
Una finestra sul mondo della cultura, della politica, dell'economia e della scienza. Ogni giorno, una selezione di articoli comparsi sulla stampa italiana e internazionale. [Leggi]
Rassegna personale
Attualmente non hai selezionato directory degli articoli da incrociare.
Sponsor
Contenuti
Notizie dal mondo
Notizie dal mondo
Community
• Forum
Elenco degli utenti

Sono nuovo... registratemi!
Ho dimenticato la password
• Sono già registrato:
User ID

Password
Network
Newsletter

iscriviti cancella
Suggerisci questo sito

Attenzione
I documenti raccolti in questo sito non rappresentano il parere degli autori che si sono limitatati a raccoglierli come strumento di studio e analisi.
Comune di Roma

Questo progetto imprenditoriale ha ottenuto il sostegno del Comune di Roma nell'ambito delle azioni di sviluppo e recupero delle periferie

by Mondo a Colori Media Network s.r.l. 2006-2024
Valid XHTML 1.0, CSS 2.0