Da La Repubblica del 13/01/2005
Finito il lavoro degli ispettori. I democratici: Bush ora spieghi il perché dell´attacco
Iraq, la Casa Bianca ammette "Non c´erano armi proibite"
La task force di 1200 uomini incaricati della ricerca è rientrata a casa prima di Natale
Il prossimo mese verrà pubblicato il rapporto finale di Duelfer, il capo dei "cacciatori"
di Alberto Flores D'Arcais
SAN FRANCISCO - Anche la Casa Bianca adesso lo ammette: in Iraq non c´erano armi di distruzione di massa. La caccia alle armi proibite di Saddam è finita poco prima di Natale, quando il responsabile dell´Iraq Survey Group - la task-force di milleduecento uomini (militari, specialisti dell´intelligence e staff di supporto logistico-amministrativo) impegnati da due anni nella loro ricerca - ha fatto ritorno negli Stati Uniti senza avere trovato alcuna prova concreta della loro esistenza.
Per una parola definitiva e ufficiale occorrerà attendere la pubblicazione del rapporto finale di Charles Duelfer, il capo dei cacciatori di armi, prevista per il prossimo mese. Già ieri il portavoce della Casa Bianca, Scott McClellan, ha però anticipato che il nuovo rapporto «non cambierà le linee fondamentali di quello precedente»; rapporto in cui Duelfer e i suoi uomini avevano messo per iscritto come in due anni di lavoro meticoloso, dopo aver ispezionato decine di siti segreti, perquisito tutte le installazioni militari, le fabbriche e i laboratori del passato regime e nonostante l´arresto e gli interrogatori di decine di scienziati iracheni impegnati per anni nei diversi progetti nucleari di Saddam Hussein, non era emersa alcuna prova certa che il dittatore di Bagdad fosse in possesso di armi di distruzione di massa quando - in seguito agli attacchi terroristici dell´11 settembre - l´amministrazione di George W. Bush aveva deciso di attaccare l´Iraq.
Duelfer aveva precisato nel suo primo rapporto (settembre 2004) che non solo Saddam Hussein non aveva armi di sterminio e non ne aveva costruite dal 1991 (anno della prima guerra del Golfo) ma che negli ultimi anni il regime iracheno non aveva neanche la capacità tecnologica e finanziaria per costruirne di nuove. McClellan ha precisato che gli uomini dell´Iraq Survey Group non sono più impegnati «nell´attiva ricerca» delle armi: «Ne saranno rimasti un paio, forse pochi di più a occuparsene. La ricerca è praticamente conclusa. Se ci saranno nuove segnalazioni sulle armi di distruzione di massa ovviamente ne terranno conto, ma adesso la loro missione riguarda altri problemi».
Le dichiarazioni del portavoce di Bush hanno confermato quanto aveva rivelato ieri il Washington Post: la fine della caccia alle armi - dovuta oltre che alla mancanza di nuove informazioni anche al «clima di violenza» - il ritorno di Duelfer a Washington prima di Natale, il fatto che non verrà sostituito (lo ha confermato al giornale una fonte della Cia) e che gli uomini dell´Iraq Survey Group restano nel Golfo, agli ordini del Pentagono, per occuparsi della situazione attuale, in primo luogo la lotta alla guerriglia.
A meno di venti giorni dalle prime libere elezioni, quelle che dovrebbero sancire la nascita della democrazia in Iraq, si riaprono dunque le polemiche sulle motivazioni ufficiali con cui la Casa Bianca motivò la guerra.
L´amministrazione Usa difende appieno la scelta con la motivazione che - armi o non armi - il mondo è «più sicuro» dopo la caduta di Saddam, i marines hanno posto fine ad uno dei regimi dittatoriali più sanguinari dei tempi moderni, gli iracheni sono finalmente liberi e l´Iraq servirà d esempio per la democratizzazione dell´intera regione.
Motivazione che divide i democratici. Se per il senatore Lieberman «il fatto che non ci siano armi non significa che Saddam non dovesse essere cacciato», il leader democratico al Congresso Nancy Pelosi ha chiesto che Bush dia spiegazioni: «Visto che le ricerche delle armi sono finite il presidente deve spiegare al popolo americano come mai si sia sbagliato e abbia continuato a sbagliare così a lungo sulle ragioni della guerra».
Mentre la Casa Bianca, sempre per bocca di McClellan ammette che le lezioni previste per il 30 gennaio «non saranno perfette» e il generale Gary Luck parte per l´Iraq per «valutare la situazione della sicurezza alla vigilia del voto», il New York Times, uno dei giornali più critici con Bush e sulla guerra, chiede il rinvio delle elezioni.
Per una parola definitiva e ufficiale occorrerà attendere la pubblicazione del rapporto finale di Charles Duelfer, il capo dei cacciatori di armi, prevista per il prossimo mese. Già ieri il portavoce della Casa Bianca, Scott McClellan, ha però anticipato che il nuovo rapporto «non cambierà le linee fondamentali di quello precedente»; rapporto in cui Duelfer e i suoi uomini avevano messo per iscritto come in due anni di lavoro meticoloso, dopo aver ispezionato decine di siti segreti, perquisito tutte le installazioni militari, le fabbriche e i laboratori del passato regime e nonostante l´arresto e gli interrogatori di decine di scienziati iracheni impegnati per anni nei diversi progetti nucleari di Saddam Hussein, non era emersa alcuna prova certa che il dittatore di Bagdad fosse in possesso di armi di distruzione di massa quando - in seguito agli attacchi terroristici dell´11 settembre - l´amministrazione di George W. Bush aveva deciso di attaccare l´Iraq.
Duelfer aveva precisato nel suo primo rapporto (settembre 2004) che non solo Saddam Hussein non aveva armi di sterminio e non ne aveva costruite dal 1991 (anno della prima guerra del Golfo) ma che negli ultimi anni il regime iracheno non aveva neanche la capacità tecnologica e finanziaria per costruirne di nuove. McClellan ha precisato che gli uomini dell´Iraq Survey Group non sono più impegnati «nell´attiva ricerca» delle armi: «Ne saranno rimasti un paio, forse pochi di più a occuparsene. La ricerca è praticamente conclusa. Se ci saranno nuove segnalazioni sulle armi di distruzione di massa ovviamente ne terranno conto, ma adesso la loro missione riguarda altri problemi».
Le dichiarazioni del portavoce di Bush hanno confermato quanto aveva rivelato ieri il Washington Post: la fine della caccia alle armi - dovuta oltre che alla mancanza di nuove informazioni anche al «clima di violenza» - il ritorno di Duelfer a Washington prima di Natale, il fatto che non verrà sostituito (lo ha confermato al giornale una fonte della Cia) e che gli uomini dell´Iraq Survey Group restano nel Golfo, agli ordini del Pentagono, per occuparsi della situazione attuale, in primo luogo la lotta alla guerriglia.
A meno di venti giorni dalle prime libere elezioni, quelle che dovrebbero sancire la nascita della democrazia in Iraq, si riaprono dunque le polemiche sulle motivazioni ufficiali con cui la Casa Bianca motivò la guerra.
L´amministrazione Usa difende appieno la scelta con la motivazione che - armi o non armi - il mondo è «più sicuro» dopo la caduta di Saddam, i marines hanno posto fine ad uno dei regimi dittatoriali più sanguinari dei tempi moderni, gli iracheni sono finalmente liberi e l´Iraq servirà d esempio per la democratizzazione dell´intera regione.
Motivazione che divide i democratici. Se per il senatore Lieberman «il fatto che non ci siano armi non significa che Saddam non dovesse essere cacciato», il leader democratico al Congresso Nancy Pelosi ha chiesto che Bush dia spiegazioni: «Visto che le ricerche delle armi sono finite il presidente deve spiegare al popolo americano come mai si sia sbagliato e abbia continuato a sbagliare così a lungo sulle ragioni della guerra».
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