Da La Repubblica del 13/01/2005

Cara Europa, fatti coraggio e integra i "barbari" del Sud

di Tahar Ben Jelloun

I magrebini seguono con particolare interesse i dibattiti in corso sulla questione dell´ingresso della Turchia nell´Unione europea. L´Impero ottomano non ha lasciato soltanto buoni ricordi nel mondo arabo. Solo il Marocco aveva resistito alla dominazione turca e ne conserva una certa fierezza. Oggi sono cose dimenticate e le relazioni tra il Maghreb e la Turchia sono discrete. Non ci sono molti scambi. Si ignorano reciprocamente con cortesia, e questo è un peccato. I magrebini considerano la Turchia lontana, non solo per via della distanza. La sentono estranea per la sua appartenenza alla costa asiatica, per l´evoluzione della sua storia recente e anche per la differenza di mentalità.

La rivoluzione di Mustafa Kemal Atatatürk, che nel 1923 ha instaurato la laicità in quel paese e che cinque anni più tardi ha optato per la scrittura in caratteri latini al posto dei caratteri arabi, è dispiaciuta a certi nazionalisti che consideravano l´islam una parte inalienabile dell´identità magrebina. È stata vissuta come una rottura, uno scisma all´interno di "Dar al Islam", la Casa dell´Islam. La Turchia lasciava quella grande casa e si volgeva verso Occidente. Oggi conta una popolazione ebrea stimata intorno alle 25.000 persone e intrattiene relazioni piuttosto cordiali con Israele.

La società turca non ha rinunciato all´islam in quanto a cultura e civiltà, ha semplicemente separato religione e politica. La pratica religiosa è diventata una questione di ordine privato, cosa che non ha impedito la costruzione di moschee e neppure lo sviluppo di movimenti fondamentalisti, che agiscono nell´ambito della laicità e non incoraggiano il terrorismo. D´altronde Al Qaeda non è riuscita a insediarsi nel paese. In questo senso la Turchia sta entrando nella modernità, tappa ambita dai tre paesi del Maghreb ? Marocco, Algeria e Tunisia ? che però sono lontani dall´accettare anche solo il dibattito sul principio di laicità. Assistiamo anzi a un ritorno della religiosità tra i giovani, delusi dalle cosiddette ideologie progressiste. Per modernità bisogna intendere il riconoscimento dell´individuo, lo Stato di diritto e la cultura della democrazia, che garantisce l´uguaglianza dei diritti tra uomini e donne. La Tunisia ha il codice famigliare più equo del mondo arabo, l´Algeria e il Marocco hanno rivisto il proprio accordando alla donna qualche diritto in più.

La prospettiva di vedere la Turchia appartenere prima o poi all´Europa fa riflettere una parte dell´élite magrebina che vorrebbe approfittare di questo allargamento particolare ed eccezionale per porre il "caso" della parte sud del Mediterraneo.

Quando a metà degli anni Ottanta il re Hassan II propose la candidatura del Marocco a entrare un giorno nell´Unione europea, la stampa non marocchina derise quell´iniziativa e non prese neanche in considerazione l´eventualità di una simile appartenenza. Ma Hassan II non era il tipo di dirigente che ama scherzare e ancor meno fare provocazioni gratuite. Vedeva lontano, sapeva che un giorno o l´altro l´avvenire del suo paese avrebbe fatto parte del destino europeo. Per i Marocchini, quel gesto aveva una portata simbolica. Non voleva dire che il Marocco rispondesse a tutte le condizioni e obbedisse ai numerosi criteri per diventare europeo, ma significava che la sua situazione geopolitica gli attribuiva la posizione per un parternariato particolare, vale a dire privilegiato, con la speranza di qualcosa di più se si fossero create nuove affinità. Era l´epoca in cui il Marocco faticava a trovare un terreno d´intesa con la Spagna sul problema della pesca, in cui gli agrumi ed altri prodotti marocchini avevano difficoltà ad arrivare sui mercati delle città europee, dove la sua immagine era offuscata dalla repressione degli oppositori e da una politica della sicurezza basata su arbitrarietà e paura. Le prigioni erano piene di detenuti politici e provviste di edifici riservati alle torture. Quegli anni di piombo sono passati. Il nuovo Marocco sta emergendo puntando sulla democratizzazione della vita politica, ma i cambiamenti tardano ad arrivare o lo fanno in dosi omeopatiche.

La Tunisia, grazie a Bourghiba, ha sempre avuto un´inclinazione per l´Europa. L´attuale presidente ha utilizzato la repressione per porre fine all´avventura fondamentalista e a ogni tentativo di opposizione. Siccome ha buoni risultati economici, certi paesi europei come Francia e Italia chiudono un occhio sulla violazione dei diritti umani. Per quanto riguarda l´Algeria, minata da una terribile guerra civile, a quanto se ne sa non ha ancora in progetto di fare lo stesso passo del Marocco e della Turchia. Ma se i tre paesi del Maghreb si unissero e si presentassero in quanto entità geografica ed economica, sarebbe difficile per l´Europa non esaminare la loro domanda di integrazione.

Nel XIX secolo, un grande pensatore musulmano all´origine del pensiero arabo moderno, Jamal Eddin Afghani (1838-1898), pensando al mondo arabo-musulmano diceva: «L´Oriente non troverà la salvezza se non riconciliandosi con la Ragione e la scienza». Questa riconciliazione non ha avuto luogo; è stata impedita dalla disfatta del socialismo arabo e dall´arrivo sulla scena politica dell´Islam in quanto ideologia di lotta. Il Maghreb non è sfuggito a questa sorte, la Turchia sembra invece sulla strada di questa rivoluzione culturale.

Domani, quando le verranno aperte le porte dell´Europa, la riconciliazione con la Ragione e con la scienza sarà un dato di fatto, perché diventare europei significa accettare di partecipare alla cultura della modernità senza per questo rinunciare ai valori che fondano la propria civiltà e la propria identità, significa sottoscrivere valori fondamentali come il rispetto dei diritti umani senza per questo abbandonare ciò che costituisce le proprie tradizioni e la propria autenticità. È per questo che la Turchia non potrà evitare una piccola rivoluzione nella sua maniera di leggere la storia e non potrà più adombrarsi ogni volta che le si parla del genocidio armeno. In «L´Etat criminel» (Seuil, 1995), Yves Ternon fornisce le prova dell´esistenza fin dal 1914 di un piano di soppressione della popolazione armena dell´Impero ottomano ad opera dello Stato diretto dai Giovani Turchi. Il genocidio degli armeni è un fatto storico. Riconoscerlo permetterà finalmente alla Turchia di voltar pagina su quella tragedia di oltre novant´anni fa.

Il Maghreb incoraggia gli europei a far posto a quel grande paese, ad accettarlo perché è una grande nazione e una potenza che gode di una situazione geopolitica interessante. L´Europa non perderà il suo spirito, come dicono gli avversari di questa candidatura, ma al contrario potrà arricchirsi e rinforzarsi al contatto con una cultura dove Oriente e Occidente si uniscono senza attriti significativi. Non sarà "lo scontro delle civiltà" ma la mescolanza delle culture, dei colori e delle spezie. Perfino la Grecia, che col vicino turco non aveva relazioni idilliache, milita oggi per la sua entrata nella comunità europea.

Il Maghreb si pone in questa problematica come se dovesse essere la tappa successiva: dopo la Turchia, il Maghreb, semplicemente perché come entità ha una memoria comune, a volte dolorosa, con almeno tre paesi europei che sono la Francia, la Spagna e l´Italia. Questo legame prosegue oggi con una politica di cooperazione culturale ed economica. In Marocco si parla francese e spagnolo, si legge la stampa europea, si seguono le trasmissioni delle televisioni europee, si sogna l´Europa, si lotta per avere un visto ed entrare nell´area di Schengen, si coltiva l´appartenenza mediterranea e soprattutto si conta sul consolidamento della modernità per sfuggire all´ondata fondamentalista. Sia in Algeria che in Tunisia il bilinguismo è una realtà di fatto.

Mentre i paesi arabi hanno fallito nel progetto di unirsi e costituirsi in un´entità forte, l´Europa potrà utilizzare quel fallimento per integrare al suo interno quelli, tra questi paesi, con cui ha avuto legami nel passato. Un magrebino si riconosce maggiori affinità con un francese o con un italiano che con un abitante dei paesi del Golfo. La differenza di comportamento e di mentalità è spesso mascherata dalla condivisione della lingua araba (l´arabo classico parlato dalle élite) e dall´islam sunnita.

Se ci fosse un solo paese del Maghreb a far parte dell´Europa, secondo modalità da considerare e negoziare più in là, questo sarebbe il Marocco. Le ragioni sono numerose:

- solo 14 km separano le coste spagnole da Tangeri; d´altronde, quando l´aria è tersa si vedono abbastanza distintamente le coste e le loro luci, donde il sogno di attraversare lo stretto di Gibilterra a rischio della vita;

- due città marocchine, Ceuta e Melilla, da cinque secoli occupate dalla Spagna, sono di fatto parte integrante ed estranea dell´Europa. Quando si entra a Ceuta, si passa dall´Africa all´Europa attraversando una decina di metri. Se questo spunto europeo si mantiene, allora non c´è ragione per escludere dallo spazio europeo il piccolo villaggio di M´Diq, adiacente alla città di Ceuta, a meno che la Spagna restituisca quei due presidi al Marocco, loro proprietario naturale;

- i marocchini sono autentici mediterranei, nel senso che il Mediterraneo è una cultura, uno stato d´animo, una concezione del tempo e della durata e poi una relazione affettiva e solidale tra i popoli. Per loro il Mediterraneo è una visione del mondo basata sullo scambio e la solidarietà.

Integrando questo paese, l´Europa corregge l´errore coloniale e lo invita ad accelerare il ritmo e l´audacia delle riforme che gli apriranno le porte della modernità. Allo stesso tempo, regola il suo debito con la costa meridionale del Mediterraneo, che ha trascurato e oggi soffre di povertà. Sarà l´occasione per creare un´armonia tra il Nord e il Sud del Mediterraneo, tra un nord sottopopolato e sviluppato e un sud sovrappopolato e non abbastanza sviluppato, per fare infine di questa regione dove i conflitti abbondano un vero lago di pace, di intesa e di cooperazione. Da qui a volgere lo sguardo verso un´altra regione che soffre da mezzo secolo non c´è che un passo che bisognerà pur fare: forzando appena la storia e la geografia, l´Europa potrà, integrando Israele e la Palestina, regolare uno dei conflitti più sanguinosi e più lunghi degli ultimi decenni e soffiare il posto alla potenza americana che decide del destino di quei popoli.

Allargandosi e affondando le sue radici in terre e culture che le sono prossime e familiari, l´Europa costituirà una nuova entità: gli Stati Uniti d´Europa, un´entità solida e solidale, simile e diversa, multiculturale e multirazziale, capace di affrontare politicamente ed economicamente la potenza americana lasciata a se stessa nel suo progetto di spadroneggiare e di intervenire quando e dove vuole senza nemmeno consultare le Nazioni Unite. Nello stesso tempo risolverà così il problema dell´immigrazione legale o clandestina perché i Turchi in Germania non saranno più immigrati stranieri in Europa ma europei di un nuovo genere. Se l´Europa è abbastanza audace da seguire alcuni dei suoi visionari e integra quei famosi "barbari", guadagnerà in potenza e in umanità, rinforzerà i suoi valori umanisti e farà mancare il terreno sotto i piedi a tutti gli estremisti di tutte le tendenze.
Annotazioni − Traduzione di Elda Volterrani.

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