Da Corriere della Sera del 13/01/2005

Il Cremlino punta sull’intensificazione dei rapporti con Pechino per trovare un’alternativa al rapporto con l’Occidente

L’Orso corteggia il Dragone

Trasporti, petrolio, manovre militari: così Putin gioca la carta cinese «La creazione di un triangolo strategico sarebbe una buona cosa»

di Franco Venturini

MOSCA - «Si capisce che voi occidentali abbiate lo sguardo puntato sull'effetto Ucraina, ma per capire le mosse di Putin dovreste guardare anche più lontano, verso la Cina» . All'Istituto per l'Estremo oriente dell'Accademia delle Scienze i pareri sono concordi: i fatti di Kiev hanno aggravato l'atavica paura russa dell'accerchiamento, e il Cremlino punta sull'intensificazione dei rapporti con Pechino per dotarsi di una alternativa strategica qualora i legami con l'Occidente dovessero entrare seriamente in crisi. «Questa non è la prima scelta di Putin - avverte un ricercatore - ma se gli USA dovessero davvero tagliare fuori la Russia e estendere la loro influenza dall'Atlantico all'Iraq passando dal Caucaso, la carta cinese diventerebbe preziosa. E comunque a Mosca può essere utile agitarla sin d'ora, questa carta, se non altro per indurre l'Europa a riflettere bene sui suoi futuri allargamenti».

Della possibilità di un abbraccio strategico tra l'Orso e il Dragone si discute da molti anni. Di solito con una marcata dose di scetticismo. Ma le novità degli ultimi mesi e quelle degli ultimi giorni, spesso trascurate in Occidente, sembrano fatte apposta per accreditare la tesi degli analisti moscoviti.

In occasione della visita che Putin ha compiuto a Pechino nell'ottobre scorso Russia e Cina hanno chiuso un contenzioso territoriale che durava da secoli, delimitando con certosina precisione un confine lungo 4.300 chilometri. Alla fine di dicembre è stato annunciato che nella seconda metà del 2005 si terranno inedite manovre militari congiunte in territorio cinese, e lo specialista Pavel Felgenhauer ha subito parlato di un «gesto calcolato per dimostrare all'Occidente che la Russia può avere altri alleati» . La Cina che reclama l'abolizione dell'embargo europeo è da anni la principale importatrice di armamenti russi, ma dal giro d'affari per due miliardi di dollari nel 2004 si sarebbe ora passati, secondo indiscrezioni ovviamente non verificabili, a ordinativi cinesi per cinque-sei miliardi.

E poi c'è il petrolio siberiano. Benché la Cina si sia impegnata a investire qualcosa come 13 miliardi di dollari nel settore dell'energia e delle infrastrutture correlate in Russia, il Cremlino sembra ormai deciso a darle un dispiacere: il grande oleodotto in ballottaggio da anni tra Cina e Giappone dovrebbe andare dalla Siberia orientale al Pacifico, favorendo così le aspirazioni di Tokio a detrimento di quelle di Pechino. «I motivi di questa probabile scelta sono molteplici - spiegano a Mosca - e confermano che Putin non vuole legarsi le mani. Il Giappone è Occidente, attraverso il Pacifico si possono raggiungere anche gli USA, e la Yukos, oggi scomunicata, favoriva la rotta alternativa verso la Cina».

Sarà, ma in apparenza qualcosa non quadra: la Russia ha in animo di corteggiare la Cina e poi le nega il bene più prezioso, quello che maggiormente sta a cuore a Pechino? Qui viene il bello, l'aspetto forse più rivelatore delle intenzioni di Vladimir Putin.

Le fonti ufficiali non escludono che in futuro una diramazione dell'oleodotto possa giungere in territorio cinese. Ma sono altri gli elementi che contano nell'immediato. Nel 2005 la Cina riceverà dieci milioni di tonnellate di greggio contro le sei del 2004, e per il 2006 l'ammontare garantito sarà di quindici milioni di tonnellate. Vale a dire più del doppio nell'arco di due anni. Non soltanto per far fronte a questi nuovi impegni le ferrovie russe hanno investito grosse somme per potenziare i collegamenti con la Cina, destinati tra l'altro a favorire un previsto incremento annuale del venti per cento dell'interscambio commerciale.

E come se non bastasse, il 30 dicembre scorso è giunto l'annuncio del vero e più consistente «premio di consolazione» per gli amici cinesi. In tutto l'Occidente ha destato preoccupazioni e critiche la liquidazione tutt'altro che trasparente del colosso petrolifero Yukos. La sua principale unità produttiva, la Yuganskneftegaz, è di fatto passata sotto il totale controllo dello Stato russo, e confluirà in una nuova società anch'essa statale. Il venti per cento di questa compagnia, ha comunicato il ministro per l'energia Khristenko, «potrà essere venduto» alla statalissima controparte cinese, la Cnpc.

Le trattative sono pressoché concluse con reciproca soddisfazione, e pare abbiano ricevuto un forte impulso nelle ultime settimane. Tant'è che l'allineato capo della confindustria russa, Arkady Volsky, approva l'intesa osservando che «i cinesi pagano in contanti» e che questa volta è Mosca a dire che «non ha importanza il colore del gatto purché mangi il topo» . Ma ben pochi osservatori vedono nella partecipazione concessa alla Cina un puro atto di convenienza economica.

«Per l'azione internazionale della Russia - rileva il sinologo Vladimir Portyakov - le due priorità restano il rapporto con l'Occidente e quello con gli Stati ex-sovietici. Ma se i problemi dovessero diventare troppo gravi su queste due direttrici, allora l'intensificazione dei rapporti economici e militari con la Cina potrebbe mutare natura. Tanto più che la pressione demografica cinese sul territorio russo viene spesso esagerata, non è un buon motivo per avere paura della Cina.»

Ancor più netto è il parere di molti politologi. La Cina, dicono, è avviata a diventare la seconda superpotenza del mondo, l'unica rivale degli Stati Uniti. Tutto lo scenario mondiale sarà dominato dal progressivo affermarsi di questa novità, ma alla Russia non conviene un bipolarismo secco. Putin vuole inserirsi nel «grande gioco» di domani, e riuscire a creare un triangolo del quale il Cremlino presidierebbe un lato. In tal modo Putin si coprirebbe le spalle contro i temuti eccessi strategici degli americani, e nel contempo potrebbe non sacrificare i buoni rapporti con l'Occidente, America compresa.

«La creazione di un triangolo strategico tra l'orso russo, il dragone cinese e l'aquila americana - osserva il mio interlocutore moscovita - sarebbe una buona cosa per gli equilibri internazionali e spiega la mano tesa di Putin a Pechino. Ma per alcuni di noi, almeno per alcuni, sarebbe ancora meglio un quadrato: con l'Europa».

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