Da Corriere della Sera del 13/01/2005
IL CASO / A Parigi parte l’Agenzia per l’innovazione, con incentivi fiscali alla ricerca avanzata
Tecnologie, da Chirac 2 miliardi all’industria
di Massimo Nava
PARIGI - Si chiama «nuova politica industriale per la Francia», eppure sembra una ricetta antica, essendo in sintonia con la tradizionale visione dello Stato interventista e motore di sviluppo. L’ha annunciata il presidente Jacques Chirac in occasione degli auguri alle «forze vive» del Paese e, in buona sostanza, si traduce nel finanziamento e nella defiscalizzazione di progetti industriali fondati sull’innovazione tecnologica e sulla ricerca. Un progetto ambizioso, che rimette l’impresa al centro della società francese dopo anni di priorità al sociale, e che ricorda le aree d’eccellenza costituite a cavallo degli anni ’80, con il polo scientifico di Sophia Antipolis in Provenza e il polo aeronautico di Tolosa.
Viene costituita un’Agenzia per l’innovazione industriale con una dotazione di due miliardi di euro nei prossimi due anni a favore di una dozzina di progetti. Gli ambiti di ricerca e di produzione sono stati definitivi in un rapporto curato da Jean-Lois Beffa, patron della Saint Gobain, che verrà presentato nei prossimi giorni al capo dello Stato. I progetti innovatori nasceranno da una concreta collaborazione pubblico-privato : l’impresa si assume la responsabilità di un programma di sviluppo e la metà dei costi, lo Stato si assume l’altra metà dei costi e mette a disposizione il potenziale di laboratori di ricerca, università e committenza. Auto, farmaceutica, imprese non inquinanti, nuove fonti energetiche, microelettronica, sono gli ambiti definiti dal rapporto «Beffa».
L’ambizione francese è da un lato di passare all’attacco di nuovi mercati con nuovi prodotti e, dall’altro, di rilanciare l’industria nazionale che, da diversi anni, dà preoccupanti segnali di crisi: perdita di competitività, costo del lavoro, calo delle esportazioni, delocalizzazioni industriali. Il rapporto Beffa mette il dito nella piaga: salvo alcuni settori d’eccellenza (nucleare, armamenti, spazio, aeronautica) e alcuni grandi imprese di dimensioni internazionali, l’industria francese è concentrata su prodotti di media e bassa tecnologia.
La politica dell’innovazione è anche in sintonia con lo «spirito di Lisbona» ed è il corollario della forte attenzione della Francia ad una riforma del Patto di stabilità nella direzione dello stralcio di investimenti per ricerca e sviluppo.
Per il momento si tratta di annunci e di volontarismo. «Le Monde» ha espresso qualche riserva sul fatto che le ambizioni di Chirac possano in qualche modo richiamare la grande politica industriale degli anni di de Gaulle e Pompidou. Tuttavia, la rinnovata attenzione all’industria e il mai accantonato interventismo dello Stato (anche nelle grandi opere pubbliche) sono un concreto riflesso di un clima politico indubbiamente diverso. Liberi da appuntamenti elettorali (le prossime scadenze sono nel 2007) l’Eliseo e il governo francese sono oggi più sensibili ai richiami dell’imprenditoria in materiale di sostegno allo sviluppo e competitività. La prova è l’accantonamento, ormai assodato nonostante gli annunci di proteste sindacali, della legge sulle 35 ore. La «nuova politica industriale» viene concepita anche in funzione della lotta alla disoccupazione, tema prioritario nell’agenda del governo per il 2005. Nelle scorse settimane è stato presentato il piano del ministro Borloo che prevede la creazione, anche sotto forma di lavoro sociale, di almeno mezzo milione di posti di lavoro. Nel «sistema» francese, la coesione sociale resta una priorità.
Viene costituita un’Agenzia per l’innovazione industriale con una dotazione di due miliardi di euro nei prossimi due anni a favore di una dozzina di progetti. Gli ambiti di ricerca e di produzione sono stati definitivi in un rapporto curato da Jean-Lois Beffa, patron della Saint Gobain, che verrà presentato nei prossimi giorni al capo dello Stato. I progetti innovatori nasceranno da una concreta collaborazione pubblico-privato : l’impresa si assume la responsabilità di un programma di sviluppo e la metà dei costi, lo Stato si assume l’altra metà dei costi e mette a disposizione il potenziale di laboratori di ricerca, università e committenza. Auto, farmaceutica, imprese non inquinanti, nuove fonti energetiche, microelettronica, sono gli ambiti definiti dal rapporto «Beffa».
L’ambizione francese è da un lato di passare all’attacco di nuovi mercati con nuovi prodotti e, dall’altro, di rilanciare l’industria nazionale che, da diversi anni, dà preoccupanti segnali di crisi: perdita di competitività, costo del lavoro, calo delle esportazioni, delocalizzazioni industriali. Il rapporto Beffa mette il dito nella piaga: salvo alcuni settori d’eccellenza (nucleare, armamenti, spazio, aeronautica) e alcuni grandi imprese di dimensioni internazionali, l’industria francese è concentrata su prodotti di media e bassa tecnologia.
La politica dell’innovazione è anche in sintonia con lo «spirito di Lisbona» ed è il corollario della forte attenzione della Francia ad una riforma del Patto di stabilità nella direzione dello stralcio di investimenti per ricerca e sviluppo.
Per il momento si tratta di annunci e di volontarismo. «Le Monde» ha espresso qualche riserva sul fatto che le ambizioni di Chirac possano in qualche modo richiamare la grande politica industriale degli anni di de Gaulle e Pompidou. Tuttavia, la rinnovata attenzione all’industria e il mai accantonato interventismo dello Stato (anche nelle grandi opere pubbliche) sono un concreto riflesso di un clima politico indubbiamente diverso. Liberi da appuntamenti elettorali (le prossime scadenze sono nel 2007) l’Eliseo e il governo francese sono oggi più sensibili ai richiami dell’imprenditoria in materiale di sostegno allo sviluppo e competitività. La prova è l’accantonamento, ormai assodato nonostante gli annunci di proteste sindacali, della legge sulle 35 ore. La «nuova politica industriale» viene concepita anche in funzione della lotta alla disoccupazione, tema prioritario nell’agenda del governo per il 2005. Nelle scorse settimane è stato presentato il piano del ministro Borloo che prevede la creazione, anche sotto forma di lavoro sociale, di almeno mezzo milione di posti di lavoro. Nel «sistema» francese, la coesione sociale resta una priorità.
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