Da La Stampa del 13/01/2005
Originale su http://carta.lastampa.it/carta/edicola/nav/view.asp?user=20501&ses...
Andrea Manzitti, uomo di Tremonti, avrebbe avuto numerosi dissensi con Siniscalco
Scossa al ministero dell’Economia
Lascia in polemica il direttore delle Politiche Fiscali
di Roberto Giovannini
ROMA - È in vista un mezzo terremoto in una delle posizioni di vertice del superministero dell’Economia. Secondo fonti concordanti Andrea Manzitti - considerato vicinissimo all’ex ministro Giulio Tremonti, e «padre» di molti dei suoi provvedimenti tributari, a partire dallo scudo fiscale per gli esportatori di capitali - avrebbe già inviato a Domenico Siniscalco la lettera con cui comunica formalmente le sue dimissioni dalla importante carica di capo del Dipartimento delle Politiche Fiscali. Non si tratta di una sorpresa per Siniscalco, che poco prima di Natale era stato informato dal diretto interessato delle intenzioni di lasciare una posizione che di fatto equivale, nell’ambito del superministero, a quella di guida e controllore per tutto ciò che riguarda il capitolo delle entrate fiscali. Certo è che, con l’abbandono di Manzitti, dei cinque dipartimenti su cui è articolato il dicastero dell’Economia, i due che di fatto ne costituiscono l’«anima» (il dipartimento del Tesoro e quello delle Politiche Fiscali) restano senza guida.
La decisione di Manzitti - che presumibilmente tornerà alla sua attività professionale di avvocato e commercialista di altissimo livello - secondo i bene informati ha molte e convergenti motivazioni. In parte hanno pesato i dissensi di merito e di metodo con il ministro Siniscalco, che gradualmente hanno logorato il rapporto. Ma a far scattare la decisione ci sarebbe stata la controversa vicenda della diffusione il 30 novembre scorso della Relazione tecnica all’emendamento sul taglio dell’Irpef. Come si ricorderà, il documento consegnato in Parlamento - tecnicamente impeccabile e corretto, anche se politicamente improvvido per la Cdl - certificò che quasi il 60% dei contribuenti italiani non beneficerà di nessun alleggerimento fiscale, sollevando naturalmente una valanga di polemiche, precisazioni e integrazioni. A quanto risulta, la responsabilità di quello che difficilmente può essere definito un infortunio venne accollata proprio al capo del Dipartimento delle Politiche Fiscali, che evidentemente non si è sentito sostenuto dal ministro in quel difficile frangente.
Dovrebbe finire dunque così l’esperienza nel pubblico di Andrea Manzitti, genovese, un «giovane» già affermato professionalmente nel mondo del fisco e del diritto inserito da Giulio Tremonti al ministero prima come consigliere del ministro e poi, dal 2002 nominato al vertice del dipartimento Politiche Fiscali, che con i suoi oltre 5000 dipendenti controlla l'operato delle agenzie tributarie (Entrate, Dogane, Territorio, Demanio) e funge da raccordo fra queste e l'autorità politica. Tra i contributi più importanti di questo «Tremonti-boy», il varo delle due edizioni dello scudo fiscale, la contestata sanatoria sull’esportazione illegale di capitali all’estero. Contestata dalle opposizioni e da una parte della dottrina, naturalmente, ma a quanto pare considerata anche da Domenico Siniscalco (allora direttore generale del Dipartimento del Tesoro) eccessivamente favorevole per i contribuenti che poi vi aderirono.
A quanto risulta, il ministro Siniscalco vorrebbe un ricambio più possibile rapido al vertice del dipartimento. Tra i candidati considerati papabili, ci sarebbe Matilde Carla Panzeri, già capo dei servizi fiscali della Banca d'Italia e attualmente capo del servizio Ragioneria (sempre in Bankitalia). Una scelta che qualcuno vorrebbe interpretare come un segno di attenzione del ministro nei confronti del governatore Antonio Fazio, anche se nel palazzo di Via Nazionale di Panzeri si ricorda soprattutto la grande intesa costruita proprio con lo stesso Manzitti e con Giulio Tremonti. E sempre aperta è invece la corsa alla poltronissima del Dipartimento del Tesoro, rimasta scoperta da quando Siniscalco venne nominato ministro. Un ruolo decisivo: chi siede su quella poltrona coordina le strategie macroeconomiche, gestisce debito e fabbisogno e relative politiche, e soprattutto controlla le partecipazioni azionarie del Tesoro: Eni, Enel, Rai, e così via. Tra i candidati, sarebbe ancora in pole position l’economista Guido Tabellini, professore ordinario di Politica economica presso l’Università Bocconi, oltre che noto commentatore ed editorialista.
La decisione di Manzitti - che presumibilmente tornerà alla sua attività professionale di avvocato e commercialista di altissimo livello - secondo i bene informati ha molte e convergenti motivazioni. In parte hanno pesato i dissensi di merito e di metodo con il ministro Siniscalco, che gradualmente hanno logorato il rapporto. Ma a far scattare la decisione ci sarebbe stata la controversa vicenda della diffusione il 30 novembre scorso della Relazione tecnica all’emendamento sul taglio dell’Irpef. Come si ricorderà, il documento consegnato in Parlamento - tecnicamente impeccabile e corretto, anche se politicamente improvvido per la Cdl - certificò che quasi il 60% dei contribuenti italiani non beneficerà di nessun alleggerimento fiscale, sollevando naturalmente una valanga di polemiche, precisazioni e integrazioni. A quanto risulta, la responsabilità di quello che difficilmente può essere definito un infortunio venne accollata proprio al capo del Dipartimento delle Politiche Fiscali, che evidentemente non si è sentito sostenuto dal ministro in quel difficile frangente.
Dovrebbe finire dunque così l’esperienza nel pubblico di Andrea Manzitti, genovese, un «giovane» già affermato professionalmente nel mondo del fisco e del diritto inserito da Giulio Tremonti al ministero prima come consigliere del ministro e poi, dal 2002 nominato al vertice del dipartimento Politiche Fiscali, che con i suoi oltre 5000 dipendenti controlla l'operato delle agenzie tributarie (Entrate, Dogane, Territorio, Demanio) e funge da raccordo fra queste e l'autorità politica. Tra i contributi più importanti di questo «Tremonti-boy», il varo delle due edizioni dello scudo fiscale, la contestata sanatoria sull’esportazione illegale di capitali all’estero. Contestata dalle opposizioni e da una parte della dottrina, naturalmente, ma a quanto pare considerata anche da Domenico Siniscalco (allora direttore generale del Dipartimento del Tesoro) eccessivamente favorevole per i contribuenti che poi vi aderirono.
A quanto risulta, il ministro Siniscalco vorrebbe un ricambio più possibile rapido al vertice del dipartimento. Tra i candidati considerati papabili, ci sarebbe Matilde Carla Panzeri, già capo dei servizi fiscali della Banca d'Italia e attualmente capo del servizio Ragioneria (sempre in Bankitalia). Una scelta che qualcuno vorrebbe interpretare come un segno di attenzione del ministro nei confronti del governatore Antonio Fazio, anche se nel palazzo di Via Nazionale di Panzeri si ricorda soprattutto la grande intesa costruita proprio con lo stesso Manzitti e con Giulio Tremonti. E sempre aperta è invece la corsa alla poltronissima del Dipartimento del Tesoro, rimasta scoperta da quando Siniscalco venne nominato ministro. Un ruolo decisivo: chi siede su quella poltrona coordina le strategie macroeconomiche, gestisce debito e fabbisogno e relative politiche, e soprattutto controlla le partecipazioni azionarie del Tesoro: Eni, Enel, Rai, e così via. Tra i candidati, sarebbe ancora in pole position l’economista Guido Tabellini, professore ordinario di Politica economica presso l’Università Bocconi, oltre che noto commentatore ed editorialista.
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