Da Corriere della Sera del 16/01/2005

Titano, suoni e silenzio in un deserto di ciottoli

La capsula Huygens trasmette il rumore del vento. Un mondo gelido e secco ma ora si cercano laghi di metano

di Giovanni Caprara

DARMSTADT (Germania) - Tutti in silenzio ad ascoltare la voce di Titano. E davanti agli occhi le immagini ingigantite di un deserto arancione sbiadito sconosciuto fino a poche ore fa. Nella grande sala del centro di controllo gli scienziati, dopo una notte insonne a cercar di decifrare i primi dati trasmessi dalla capsula Huygens, raccontano le loro prime conclusioni, le idee nate da un ambiente ben diverso da come avevano immaginato. Ma quando fanno ascoltare il suono registrato dal microfono piazzato all’esterno della ciambella cosmica nessuno osa aprir bocca. Non ha nulla di celestiale, anzi. È un brusio intenso, con qualche variazione di tono. È il vento che soffia veloce su quel mondo lontano ma, chiudendo gli occhi, è come essere lassù. E dopo l’atterraggio il tono scende e quasi si avverte la quiete del grande vuoto che circonda il piccolo esploratore robotizzato. Doveva registrare anche i tuoni ma dove Huygens è discesa, appena sotto l’Equatore titaniano, non c’erano temporali, nè i fulmini solcavano il cielo. Li aspettavano ma non li hanno incontrati. «Abbiamo colto una piccola scarica, ma forse era l’accensione di uno strumento» racconta Marcello Fulchignoni dell’Università di Parigi e a capo dello strumento Hasi. Con esso ha ridisegnato il profilo dell’intensa e impenetrabile atmosfera avvolgente la luna di Saturno. «Costituita per la maggior parte da azoto come quella della Terra - precisa -; a 20-30 chilometri di quota abbiamo attraversato nubi molto fitte al di sotto delle quali c’era nell’aria più metano del previsto». Ma anche il vento è stato una sorpresa perché soffiava quattro volte più violento, fino a 400 chilometri orari. E sono stati sempre gli accelerometri di Hasi a misurare la consistenza del terreno. «È una specie di argilla morbida e umida - dice - mentre intorno la temperatura è di 180 gradi sottozero e la foschia impedisce di vedere dettagli in profondità».

Hanno impressionato le 350 fotografie trasmesse dagli obiettivi mentre Huygens scendeva appesa al paracadute e poi dalla superficie da dove ha trasmesso per 70 minuti. «Vediamo canali scavati da un liquido che forse qui scorreva in epoche anche non remote - spiega Martin Tomasko, dell’Università di Tucson, in Arizona, e responsabile dello strumento che ha effettuato le riprese -. Ora sono vuoti ma nel fondo forse c’è materiale organico, depositi di idrocarburi come forse esistono nelle grandi aree più scure che nelle immagini assomigliano a dei laghi». Nel panorama piatto l’obiettivo ha colto, accanto al punto di sbarco, dei ciottoli, il più grande dei quali è di 25 centimetri. «Sono palle di ghiaccio d’acqua, di metano e forse d’azoto», precisa Tomasko.

L’ambiente è apparso dunque gelido e secco, con poca umidità. Ma questo non significa che altrove non esista qualche lago di metano come si era ipotizzato. Molte idee sono cambiate in poche ore ma è rimasta intatta quella del laboratorio della vita. Ciò che abbiamo visto è una sorta di fotografia della Terra alle sue origini quattro miliardi di anni fa, quando i primi mattoni biologici cominciavano a formarsi. Su Titano fa però troppo freddo, secondo alcuni, perché ciò possa accadere. Studiare comunque la chimica di quel mondo può portare luce sul mistero con il quale ancora ci confrontiamo da perdenti.

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