Da La Repubblica del 08/04/2005

Kashmir, via all´autobus della pace

Dopo sessant´anni riprendono i collegamenti tra le zone contese

Per la prima volta si può viaggiare fra le parti indiana e pachistana. Ma i separatisti attaccano

di Raimondo Bultrini

NEW DELHI - Dopo quasi sessant´anni di guerre e attentati, gli "autobus della Pace" hanno cominciato tra lacrime di commozione e giubilo la loro pericolosa ma inarrestabile marcia lungo i 170 chilometri di strada montana che separano la capitale estiva del Kashmir indiano Srinagar da Muzaffarabad, capoluogo della regione musulmana controllata dal Pakistan.

I separatisti islamici hanno provato in tutti i modi a rovinare la festa alla vigilia della partenza, prima con un assalto contro il grande edificio dell´ente turistico indiano di Srinagar completamente distrutto dalle fiamme, poi con un attacco armato sventato dai militari indiani e un ordigno al tritolo disinnescato proprio lungo il tragitto. «Trasformeremo i bus in bare», avevano annunciato quattro dei 12 gruppi separatisti che si battono per la totale indipendenza del Kashmir, diviso in due dalla partizione del 1947 con tutto il carico di dolore e disperazione per le popolazioni dei due fronti che si sono trovate da un giorno all´altro divise negli affetti e negli affari.

Ma né le minacce, né gli attentati costati la morte di due terroristi e il ferimento di due persone negli uffici del turismo hanno fermato i variopinti automezzi color giallo e verde che hanno trasportato rispettivamente 19 passeggeri da Srinagar e 24 da Muzzafarabad, tutti ansiosi di rivedere dopo tanti anni parenti e amici separati dalla politica e dalla religione.

Per ora i pullman si fermano prima del Ponte Khaman, il Ponte della Pace appositamente ridipinto di un neutro intonaco bianco, e i passeggeri lo attraversano a piedi per salire su un altro mezzo al di là della famigerata Linea di Controllo (Loc) che divide da più di mezzo secolo questo territorio dove vivono oltre sei milioni di abitanti, in gran parte musulmani, lungo la leggendaria Via della Seta attraversata anticamente da carovane di cammelli, cavalli e muli che trasportavano merci da Oriente a Occidente e viceversa.

All´arrivo dei bus nei rispettivi check point sui due lati del Ponte, folle di indiani e pakistani di ogni età e ceto sociale hanno lanciato fiori, cantato, pianto per questo evento destinato a entrare nella storia del lungo conflitto che ha provocato la morte di 66mila uomini, donne e bambini. Una scena che si è ripetuta lungo tutto il tragitto, con autorità e studenti delle scuole allineati lungo la strada a cantare, danzare e salutare i primi coraggiosi passeggeri e gli autisti, tutti volontari ed orgogliosi di aver condotto a termine un´impresa destinata «a riscrivere la storia di questa terra bella e maledetta», come ha detto Ghulam Nabi Wani, conducente del primo autobus partito da Srinagar con ghirlande di fiori gialli ai finestrini e scritte inneggianti alla ritrovata amicizia tra due governi fino a due anni fa sull´orlo di una guerra atomica. Una guerra combattuta già tre volte in mezzo secolo tra eserciti di Delhi e Islamabad con centinaia di terroristi infiltrati dal Pakistan in India per portare a termine attentati quasi quotidiani, spesso sostenuti e protetti dai servizi segreti pakistani e oggi generalmente odiati dagli stessi kashmiri stanchi di violenza e odio.

Zulekha Bibi è una delle passeggere che ha affrontato il tragitto protetto su entrambi i lati da numerose pattuglie di militari determinati a non lasciar boicottare questo primo legame stradale e sentimentale destinato nelle intenzioni degli stessi due primi ministri Manmohan Singh e Parvez Musharraf a riavvolgere i fili della storia e disinnescare una miccia sempre accesa. «Vado nel territorio pakistano - ha raccontato Zulekha - a incontrare le mie cinque sorelle che non ho più visto dal 1965. Nostro padre nel frattempo è morto, e io non ho potuto nemmeno partecipare al suo funerale».

Come Zulekha, tutti gli altri passeggeri che si sono incrociati sul Ponte della Pace hanno storie simili a raccontare. Molti, nel passato, si incontravano gridando i propri nomi e lanciando messaggi avvolti nelle pietre al di qua e al di là del fiume Jelum, severamente controllati dai soldati pronti a sparare contro chiunque tentasse di attraversare il gelido corso d´acqua che crea incantevoli gole e vallate.

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