Da Corriere della Sera del 07/04/2005

Governo spaccato in due. E Prodi agisce da premier

di Massimo Franco

In un sussulto di fiducia ai limiti del culto della personalità, i suoi lo raffigurano tuttora come «un leone». Ferito, e per questo pericolosissimo per gli avversari; ma soprattutto per quegli alleati che lo considerano una belva incapace ormai di guidare il branco elettorale, e dunque destinata alla sostituzione. Da ieri, Silvio Berlusconi sembra aver cominciato la sua seconda traversata nel deserto, dopo quella durata dal 1995 al 2001. Dovrebbe durare più o meno un anno. Si profila faticosa, perché avverrà con il fardello della sconfitta alle regionali, e con un doppio nemico: l’Unione prodiana e un pezzo del centrodestra, deciso a ridimensionare la sua leadership anche nella coalizione. Quando il premier dice: «Almeno davanti a me» nessuno chiede un altro capo del governo, «e se lo fanno bisogna che ce ne sia un altro», fotografa il braccio di ferro iniziatosi con An e Udc. E quando liquida le voci di elezioni anticipate spiegando che «non sono in agenda», di nuovo risponde ai vicepremier Gianfranco Fini e Marco Follini. Sono alleati che le preferirebbero ad un lungo logoramento. Sembra che lo stesso presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, teme un anno di agonia politica: mesi nei quali Berlusconi rischia di preparare non la riscossa, ma una disfatta al rallentatore.

Per FI e Lega, le politiche del 2006 sono un traguardo da raggiungere; per An e Udc, ormai, un disastro da anticipare. Il leader di FI non ha concesso nulla ai critici, rivelandone l’impotenza. E nel suo partito l’irritazione contro Fini e Follini sta montando. Si parla di loro come di «politici deboli di nervi, e timorosi di perdere»; incapaci di riconoscere i propri errori; e inclini a scaricare ora sulla Lega, ora su Berlusconi le sconfitte inanellate negli ultimi anni dalla Casa delle libertà: mai su se stessi, protesta FI.

Quanto ai vertici di An e Udc, vedono un premier «rigido, ripiegato su se stesso», e incapace di prendere atto del declino. An insiste col ministro Matteoli a chiedere di interrompere la legislatura; e l’Udc asseconda la richiesta. Il rifiuto di votare a breve, si dice, potrebbe preludere nel 2006 ad «una piazzale Loreto»: un premier abbattuto a furor di popolo. Ma il paragone con l’ultimo oltraggio subìto dal dittatore fascista Benito Mussolini, più che le intenzioni del centrosinistra rivela lo stato psicologico e le attese di una parte della coalizione di governo.

Berlusconi tira diritto, sostenuto da un partito assetato di rivincita; pronto ad appellarsi ai parlamentari alleati contro i loro capi; e affiancato da una Lega disposta a sacrificare la riforma elettorale e la «par condicio»: ma non il federalismo. Su questo sfondo caotico e teso, si profila una maggioranza condannata alla precarietà: forse lunga un anno, forse sull’orlo della crisi in poche settimane. Il centrosinistra compie mosse studiate per umiliare Berlusconi e innervosire An e Udc. Prodi già agisce da premier «in pectore», convinto che il tempo lavori per l’Unione. Se anche è vero, Berlusconi non ci vuole credere. E comunque, si prepara a vendere caro il proprio potere: alleati permettendo.

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