Da La Repubblica del 07/04/2005
Il governo Koizumi ha approvato nuovi testi scolastici revisionisti che assolvono l´imperialismo nipponico
La guerra dei manuali di storia Cina e Corea contro il Giappone
Il premier ogni anno visita le tombe di generali condannati per crimini di guerra
di Federico Rampini
PECHINO - Ci mancava solo la provocazione del revisionismo storico giapponese, per accelerare la escalation del rancore fra Tokyo e i suoi più importanti vicini asiatici, la Cina e la Corea. Ieri la tensione diplomatica è salita alle stelle, con vigorose proteste ufficiali dei governi di Pechino e Seul, quando il ministero dell´Istruzione del governo Koizumi ha autorizzato la pubblicazione di nuovi manuali scolastici che "assolvono" l´imperialismo nipponico degli anni Trenta e minimizzano i danni dell´occupazione di Cina e Corea da parte delle truppe del Sol Levante. Il via libera ai testi di storia revisionisti non poteva giungere in un momento peggiore: Pechino e Seul sono contrarie all´ingresso del Giappone come membro permanente del Consiglio di sicurezza Onu, e in Cina per bloccare questa riforma delle Nazioni Unite sta crescendo da settimane un vero movimento popolare anti- giapponese, con petizioni di massa e il boicottaggio di molti prodotti "made in Japan".
Ieri è rimbalzata in primo piano la questione dei manuali scolastici. A Pechino il ministro degli Esteri cinese ha convocato l´ambasciatore del Giappone per consegnargli una protesta ufficiale «contro l´approvazione da parte del governo Koizumi di testi di insegnamento che negano la verità storica e che giustificano l´invasione giapponese». In simultanea la protesta è stata consegnata dall´ambasciatore cinese a Tokyo. La notizia ha aperto i telegiornali cinesi mentre il quotidiano governativo China Daily dedicava la prima pagina all´affaire dei manuali scolastici, con una foto delle proteste in corso anche a Seul (il governo sudcoreano aveva preso posizione duramente il giorno prima). Al centro della polemica c´è la nuova versione di un manuale pubblicato dalla casa editrice giapponese Fuso e proposto alle scuole per l´insegnamento della storia ai ragazzi dai 13 ai 15 anni. Tra i passaggi incriminati c´è quello sullo "stupro di Nanchino" - l´allora capitale cinese fu invasa dalle truppe nipponiche nel 1937 che vi fecero 300.000 morti - che nel testo scolastico viene definito "incidente di Nanchino" senza alcun riferimento al numero delle vittime. In altri passaggi del libro si sottolinea che l´occupazione di Cina e Corea da parte dei giapponesi non avrebbe incontrato resistenze da parte dell´America e dell´Inghilterra. La politica imperialista di Tokyo viene presentata sotto una luce favorevole, come una difesa dell´Asia contro la colonizzazione occidentale. Il nulla osta concesso dal ministero dell´Istruzione è una conseguenza della pressione di associazioni nazionaliste giapponesi, che da anni accusano le scuole di insegnare una storia "masochista", impregnata di complessi di colpa. In realtà il Giappone non ha fatto un esame delle proprie colpe paragonabile a quello della Germania e il governo Koizumi è parso incoraggiare il revival nazionalista. Lo stesso primo ministro ogni anno visita un cimitero dove sono sepolti alcuni generali condannati per crimini di guerra. Tuttavia la scelta dei manuali scolastici appartiene all´autonomia delle scuole, e una precedente versione del testo revisionista pubblicata nel 2002 era stata adottata soltanto dallo 0,03% dei licei giapponesi.
La "querelle dei manuali" è riesplosa proprio mentre il sentimento anti-giapponese furoreggia per altri motivi sia in Corea del Sud che in Cina. Il governo di Seul ha già detto che si batterà affinché il Giappone non ottenga un seggio permanente al Consiglio di sicurezza dell´Onu. Le autorità di Pechino, pur essendo dello stesso parere, fino a ieri esitavano a sfoderare l´arma finale: la Cina è già uno dei cinque membri permanenti del Consiglio, ha un diritto di veto e se decide di usarlo questo affossa definitivamente le speranze giapponesi ma al tempo stesso farà precipitare le relazioni sino-nipponiche in una crisi grave.
Intanto però su questo tema si è sviluppata in Cina una campagna popolare dalle dimensioni clamorose. Promossa da alcune associazioni della diaspora cinese negli Stati Uniti, una petizione popolare contro l´ingresso del Giappone nel Consiglio Onu ha ormai superato i 22 milioni di firme tra i cinesi. E´ dilagato anche un boicottaggio spontaneo di prodotti di consumo giapponesi assai diffusi in Cina come la birra Asahi. Infine sono scoppiate le manifestazioni di piazza anche violente contro rappresentanze giapponesi, soprattutto nelle città di Shenzhen e Chengdu. Se all´inizio il nazionalismo era incoraggiato dalle autorità di Pechino, ora il governo cinese dà segni di nervosismo perché teme che possa sfuggirgli di mano. Ieri di colpo tutti i mass media cinesi hanno ricevuto dalla censura di Stato l´ordine di ridurre la copertura della petizione e di minimizzare le manifestazioni di protesta anti-giapponesi.
Ieri è rimbalzata in primo piano la questione dei manuali scolastici. A Pechino il ministro degli Esteri cinese ha convocato l´ambasciatore del Giappone per consegnargli una protesta ufficiale «contro l´approvazione da parte del governo Koizumi di testi di insegnamento che negano la verità storica e che giustificano l´invasione giapponese». In simultanea la protesta è stata consegnata dall´ambasciatore cinese a Tokyo. La notizia ha aperto i telegiornali cinesi mentre il quotidiano governativo China Daily dedicava la prima pagina all´affaire dei manuali scolastici, con una foto delle proteste in corso anche a Seul (il governo sudcoreano aveva preso posizione duramente il giorno prima). Al centro della polemica c´è la nuova versione di un manuale pubblicato dalla casa editrice giapponese Fuso e proposto alle scuole per l´insegnamento della storia ai ragazzi dai 13 ai 15 anni. Tra i passaggi incriminati c´è quello sullo "stupro di Nanchino" - l´allora capitale cinese fu invasa dalle truppe nipponiche nel 1937 che vi fecero 300.000 morti - che nel testo scolastico viene definito "incidente di Nanchino" senza alcun riferimento al numero delle vittime. In altri passaggi del libro si sottolinea che l´occupazione di Cina e Corea da parte dei giapponesi non avrebbe incontrato resistenze da parte dell´America e dell´Inghilterra. La politica imperialista di Tokyo viene presentata sotto una luce favorevole, come una difesa dell´Asia contro la colonizzazione occidentale. Il nulla osta concesso dal ministero dell´Istruzione è una conseguenza della pressione di associazioni nazionaliste giapponesi, che da anni accusano le scuole di insegnare una storia "masochista", impregnata di complessi di colpa. In realtà il Giappone non ha fatto un esame delle proprie colpe paragonabile a quello della Germania e il governo Koizumi è parso incoraggiare il revival nazionalista. Lo stesso primo ministro ogni anno visita un cimitero dove sono sepolti alcuni generali condannati per crimini di guerra. Tuttavia la scelta dei manuali scolastici appartiene all´autonomia delle scuole, e una precedente versione del testo revisionista pubblicata nel 2002 era stata adottata soltanto dallo 0,03% dei licei giapponesi.
La "querelle dei manuali" è riesplosa proprio mentre il sentimento anti-giapponese furoreggia per altri motivi sia in Corea del Sud che in Cina. Il governo di Seul ha già detto che si batterà affinché il Giappone non ottenga un seggio permanente al Consiglio di sicurezza dell´Onu. Le autorità di Pechino, pur essendo dello stesso parere, fino a ieri esitavano a sfoderare l´arma finale: la Cina è già uno dei cinque membri permanenti del Consiglio, ha un diritto di veto e se decide di usarlo questo affossa definitivamente le speranze giapponesi ma al tempo stesso farà precipitare le relazioni sino-nipponiche in una crisi grave.
Intanto però su questo tema si è sviluppata in Cina una campagna popolare dalle dimensioni clamorose. Promossa da alcune associazioni della diaspora cinese negli Stati Uniti, una petizione popolare contro l´ingresso del Giappone nel Consiglio Onu ha ormai superato i 22 milioni di firme tra i cinesi. E´ dilagato anche un boicottaggio spontaneo di prodotti di consumo giapponesi assai diffusi in Cina come la birra Asahi. Infine sono scoppiate le manifestazioni di piazza anche violente contro rappresentanze giapponesi, soprattutto nelle città di Shenzhen e Chengdu. Se all´inizio il nazionalismo era incoraggiato dalle autorità di Pechino, ora il governo cinese dà segni di nervosismo perché teme che possa sfuggirgli di mano. Ieri di colpo tutti i mass media cinesi hanno ricevuto dalla censura di Stato l´ordine di ridurre la copertura della petizione e di minimizzare le manifestazioni di protesta anti-giapponesi.
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