Da La Repubblica del 26/04/2005
Originale su http://www.repubblica.it/2005/c/sezioni/esteri/niccal/retroscena/retro...

Forse già oggi Gianni Letta e l'ambasciatore Usa Sembler formalizzeranno il disaccordo

Un finale annunciato che il governo conosceva dall'inizio dell'inchiesta

Il Pentagono non gradisce le consultazioni con i commissari italiani

di Carlo Bonini

ORA è finita per davvero. L'America chiude la partita con l'Italia a notte alta, quando nel pomeriggio di Washington si certifica che la Commissione di inchiesta congiunta sulla morte di Nicola Calipari farà a meno della benedizione di Palazzo Chigi. Che l'accordo a lungo cercato con Roma è una chimera cui nessuno crede più. I corrispondenti al Pentagono delle agenzie Reuters e France Presse, citando fonti militari anonime, battono poche righe ribadendo le ormai note conclusioni dell'inchiesta, che mandano assolti perché "non colpevoli" i soldati della pattuglia che aprì il fuoco la sera del 4 marzo. Nel merito, non è una novità. Ma nell'annunciarla, il Pentagono decide di rendere l'esito dell'inchiesta non più negoziabile.

Raggiunto telefonicamente, il portavoce del Pentagono Barry Venable, con una clausola di stile ripetuta all'infinito in queste ultime 8 settimane, rimbalza l'ovvia constatazione di quanto si è ormai consumato, con un altrettanto ovvio "l'inchiesta si potrà dire conclusa quando né sarà reso pubblico il rapporto". Identica musica alla sede del Comando unificato di Tampa (Florida). È un ultimo e neppure troppo convinto omaggio a un galateo istituzionale e diplomatico che si è logorato negli ultimi giorni, nelle ultime ore. Quando con sorpresa e irritazione il Pentagono ha dovuto constatare non solo che i due osservatori italiani erano stati richiamati a Roma per consultazioni con il governo, ma che erano rientrati a Bagdad durante il week-end conclusivo senza qualcosa in mano che consentisse di comporre l'incomponibile.

Sulle due circostanze di fatto chiave dell'inchiesta la frattura non si è composta, perché nessuna circonlocuzione linguistica è stata in grado di dissimulare i due punti su cui americani e italiani hanno parlato dal primo giorno due lingue diverse.

Sulla velocità della Toyota Corolla con a bordo Calipari, Sgrena e un maggiore del Sismi, la Commissione decide di non credere alla parola dei superstiti. Confida in quella dei soldati della pattuglia che ha aperto il fuoco, riconoscendo la loro "non colpevolezza" per aver "rispettato alla lettera" le consegne e dunque le regole di ingaggio previste per i check point. E ancora: non è disposta a pasticciare sull'assenza di comunicazioni tra la catena di comando italiana e quella americana per l'intera giornata del 4 marzo. Perché rifiuta di riconoscere un qualche valore, come Palazzo Chigi e il Sismi vorrebbero, alla confidenza fatta ad un ufficiale responsabile per il check-in aeroportuale (il capitano Green) soltanto dieci minuti prima della sparatoria ("Sull'auto c'è l'ostaggio italiano liberato", si sarebbero risolti a dire gli italiani nel chiedere un terzo lasciapassare di ingresso all'aeroporto quando ormai la Toyota era alle viste).

È ora probabile che oggi, a mettere il sigillo formale sulla rottura sia l'ambasciatore americano in Italia, Mel Sembler, che tornerà a salire le scale dello studio di Gianni Letta a Palazzo Chigi. Il diplomatico Usa e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio sono stati i terminali di un negoziato tanto estenuante, quanto inutile. Che oggi si chiude con la presa d'atto d'una verità che il governo conosceva dal giorno in cui la commissione congiunta s'è insediata, dal momento che era da Palazzo Chigi che erano state direttamente coordinate la trattativa e l'operazione recupero della Sgrena. Una verità che suona persino banale: l'America non avrebbe lasciato processare i suoi soldati dall'Italia. Non avrebbe perdonato all'alleato la decisione di aver taciuto quel che, a sua insaputa, stava accadendo a Bagdad il 4 marzo. Persino a operazione conclusa.

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