Da La Repubblica del 15/04/2005
Originale su http://www.repubblica.it/2005/d/sezioni/politica/regio2005cinque/renud...

IL COMMENTO

Il re nudo del centrodestra

di Curzio Maltese

IL VOTO anticipato non ci sarà ed è forse l'ultimo dei molti treni persi dall'Italia di Berlusconi. Ma la crisi di governo è cominciata. Stavolta non è il solito ruggito del coniglio centrista. O forse sì ma basta a terrorizzare il berlusconismo in rotta. Oggi si vedrà se davvero Follini avrà la forza di ritirare dal governo i ministri dell'Udc, così affezionati alla poltrona. In ogni caso da ieri sono chiare un paio di cose. L'una è che ci attende un anno orribile, l'altra che la destra non ha più un padrone. E' una crisi contro Berlusconi, una rivolta contro il premier demiurgo ormai incapace di tenere insieme una maggioranza che sa di non essere più tale nel Paese e si lacera, litiga e si divide come ha fatto l'opposizione di fronte alla marea vincente del berlusconismo. Alla vigilia del voto tutti, compresa la timida fronda centrista, avevano creduto che a Berlusconi potesse riuscire l'ennesimo miracolo populista. La batosta elettorale l'ha trasformato in un re nudo.

Ora sono tutti convinti che sia lui l'unica causa della sconfitta, perfino i leghisti, in privato. La divisione è fra chi pensa che dopo Berlusconi ci sarà il diluvio per la destra italiana, quindi tanto vale rimanere legati al carro. E chi, come Follini, è convinto che il diluvio ci sarà grazie a Berlusconi. Nel caso del leader centrista la preoccupazione è più che fondata. Nell'ultimo anno elettorale, con la disperata rincorsa al collegio, il segretario Udc rischia di vedersi sparire il partito sotto gli occhi, con una metà arruolata direttamente da Berlusconi e l'altra metà da Mastella e Rutelli. Quindi, ora o mai più.

Sarebbe una crisetta, roba da rimpasto o da nuovo dicastero del Mezzogiorno, tanto per rimanere nel grottesco, se sullo sfondo non ci fosse un'Italia dall'economia malata. Follini e Fini chiedono, con modi differenti, che il premier prenda atto dell'emergenza, che stracci il celebre "contratto con gli italiani" e si presenti almeno in televisione, se non alle Camere, con un programma alternativo, concreto, realista. Una mossa magari drammatica, alla Andreotti anni Settanta o alla Amato del '92, ma che dia l'impressione agli italiani di non essere soli nella crisi, con un governo che pensa alla devolution e alla riforma della giustizia, insomma ai soliti affari di casa.

Berlusconi naturalmente non ci pensa neppure. La parola crisi, economica o politica, non rientra nel suo vocabolario. E' come sempre ottimista, fiducioso in sé stesso. Personalmente, è anche molto più ricco di prima, non solo di capelli. Con la vendita faraonica della quota Mediaset, i due miliardi di liquidi freschi in cassa, più gli utili favolosi degli ultimi quattro anni, il berlusconismo aziendale vive un miracolo economico senza precedenti. Separando gli interessi del Paese dai suoi, il conflitto non si avverte. La parola crisi suona straniera, marziana, comunista e un po' jettatoria.

Ed è proprio questo sordo rifiuto alla realtà ad aver compiuto il capolavoro di saldare le cento anime e correnti dei centristi. Ora Follini può sfidare il premier anche senza Fini perché ha dietro l'intero partito. Tanto da far sembrare al confronto assai più democristiani quelli di An, prigionieri di mille distinguo. Con l'immaginabile psicodramma dei post fascisti dal machismo politico umiliato e offeso. E la conseguente ribellione dell'ala più orgogliosa, incarnata da Storace, nei confronti del (troppo) diplomatico Fini.

In tutto questo Berlusconi non è più in grado di mediare, al massimo s'arrangia, alternando minacce a barzellette.

Prende tempo, tira a campare e prepara nei prossimi mesi altri grandi affari, sicuro alla fine di rimontare con i soldi e le televisioni. Però la crisi, esclusa in partenza, è una realtà. Le crisi di governo, diceva Andreotti, si sa dove cominciano ma non come finiscono. Questa potrebbe durare a lungo, come la famosa verifica, e finire malissimo. Non tanto per questo o quel leader ma per l'economia malata. Con i conti pubblici fuori controllo, la crescita più bassa d'Europa e l'export in calo da anni, un altro anno perso dietro agli arabeschi di potere berlusconiani rischia di essere fatale.

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