Da La Stampa del 07/11/2003
Un rapporto ambivalente con Mosca
Equilibrismo ed entusiasmo
di Aldo Rizzo
Sarà anche per compensare le inquietudini della politica interna, esaltando i successi della politica estera, ma Silvio Berlusconi è sinceramente convinto che il rapporto dell'Italia in particolare, e dell'Unione europea in generale, con la Russia di Vladimir Putin costituisca ormai un'alleanza strategica. La Russia, ha detto a conclusione delle due giornate romane del capo del Cremlino, «si è data un assetto democratico» e ha deciso di «essere parte dell'Occidente». Del resto, fu lo stesso Berlusconi, un anno e mezzo fa, a dare l'annuncio di un organismo comune tra la Nato e l'ex Unione Sovietica (e poi a organizzare un apposito e solenne vertice a Pratica di Mare), e si sa del suo auspicio che un giorno Mosca sia anche una delle capitali dell'Ue. Infine, sono evidenti i rapporti personali di amicizia tra il presidente del Consiglio italiano e il successore di Eltsin.
In effetti, tutto ciò che avvicina la Russia (potenza bicontinentale, per metà asiatica) all'Europa e all'Occidente è da considerarsi molto positivo. E Putin ha fatto la sua parte, dando assicurazioni sul processo democratico interno (nonostante il caso Yukos e i timori espressi dalla stampa occidentale) e ancor più sulla volontà di Mosca di sempre più stretti rapporti economici con i partner europei. Quanto all'Italia, aveva già detto prima di partire, «è il nostro partner privilegiato». La Russia è un grande produttore di energia, potenzialmente alternativo al Medio Oriente, almeno in una notevole misura, e nello stesso tempo ha bisogno di investimenti occidentali.
Ciò non toglie che esistano zone d'ombra. La più importante è la Cecenia, diventata per gradi un altro bacino del terrorismo islamista, ma anche come conseguenza della repressione russa. Putin se l'è un po' presa con gli «europei», che non apprezzerebbero a sufficienza i suoi problemi e i suoi sforzi, e Berlusconi gli ha dato sostanzialmente ragione. A differenza di Prodi, che ha ribadito le «preoccupazioni» dell'Ue. Qualche preoccupazione resta, ovviamente, anche sul processo democratico.
La verità è che la Russia postsovietica è ancora in una fase di transizione, e l'Occidente (compresa l'America, per le sue ragioni) deve scendere a compromessi, sperando di favorire l'evoluzione giusta. Del resto, la posta in gioco è enorme. Incoraggiamenti e critiche, entusiasmi e diffidenze, dovrebbero bilanciarsi, per ottenere il risultato sperato.
In effetti, tutto ciò che avvicina la Russia (potenza bicontinentale, per metà asiatica) all'Europa e all'Occidente è da considerarsi molto positivo. E Putin ha fatto la sua parte, dando assicurazioni sul processo democratico interno (nonostante il caso Yukos e i timori espressi dalla stampa occidentale) e ancor più sulla volontà di Mosca di sempre più stretti rapporti economici con i partner europei. Quanto all'Italia, aveva già detto prima di partire, «è il nostro partner privilegiato». La Russia è un grande produttore di energia, potenzialmente alternativo al Medio Oriente, almeno in una notevole misura, e nello stesso tempo ha bisogno di investimenti occidentali.
Ciò non toglie che esistano zone d'ombra. La più importante è la Cecenia, diventata per gradi un altro bacino del terrorismo islamista, ma anche come conseguenza della repressione russa. Putin se l'è un po' presa con gli «europei», che non apprezzerebbero a sufficienza i suoi problemi e i suoi sforzi, e Berlusconi gli ha dato sostanzialmente ragione. A differenza di Prodi, che ha ribadito le «preoccupazioni» dell'Ue. Qualche preoccupazione resta, ovviamente, anche sul processo democratico.
La verità è che la Russia postsovietica è ancora in una fase di transizione, e l'Occidente (compresa l'America, per le sue ragioni) deve scendere a compromessi, sperando di favorire l'evoluzione giusta. Del resto, la posta in gioco è enorme. Incoraggiamenti e critiche, entusiasmi e diffidenze, dovrebbero bilanciarsi, per ottenere il risultato sperato.
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