Da Il Mattino del 18/11/2003

Nassiriya, saccheggio dopo il massacro

di Vittorio Dell'Uva

NASSIRIYA - È sembrata quasi una profanazione nel giorno in cui l’Italia, in fila, piange innanzi a diciannove bare i suoi caduti. A Nassiriya, per tre interminabili ore, il luogo del massacro è stato violato da saccheggiatori che non pensavano di poter ferire la memoria di altri. In trecento hanno frugato dove i carabinieri avevano lavorato alla loro missione di pace. Porte che l’esplosione non aveva scardinato sono state abbattute. Grida e risate hanno infranto il silenzio di un luogo di morte. Dai giorni della guerra di Bush la miseria induce i più emarginati tra gli iracheni a scavare in ogni maceria. Tutto, per chi nulla possiede, può essere utile, fosse anche una risma di carta. Quella che d’improvviso si era trasformata in una terra di nessuno è stata occupata.

Non c'erano più uomini armati a tenere lontani da ciò che resta della base «Maestrale». Il comando dei carabinieri aveva trovato che non avesse più senso presidiare rovine e carcasse di jeep. Per i dodici uomini del Racis, la «scientifica» dei carabinieri, altri rilievi non erano più necessari. «È stato già deciso che quel che resta dell'edificio sarà presto abbattuto», aveva detto giorni fa il comandante generale dell'Arma escludendo che il sacrificio dei suoi uomini potesse essere ricordato a lungo dalle rovine.

Il rito collettivo, che con mille razzie era stato celebrato a Baghdad, nei primi giorni del dopo Saddam, si è ripetuto a Nassiriya ancor prima che fossero messe in campo le ruspe. Non è cominciato per caso anche se i primi ad aprirsi la strada nel filo spinato delle recinzioni sono stati i bambini. Rubavano materassi e reti di letto distorte. Dietro di loro, con nelle mani sacchi da riempire, sono arrivate dalle baracche della periferia le donne in nero che sopravvivono soltanto tendendo la mano. Molti poveri, ricavandone una manciata di dinari, hanno potuto portare rottami al mercato del ferro. Altri si sono allontanati sotto il peso di piastrelle e parti di infissi. In Iraq oggetti di uso comune possono rivelarsi preziosi. Una sedia, per quanto ridotta male ed istabile può trovare acquirenti. Pochi etti di rame strappati alle guaine dei fili elettrici sono un bene che aiuta per un giorno a sfamare un’intera famiglia. Frammenti di lamiera tornano utili se si ha il tetto sfondato. Persino impossessarsi di un water che mai potrà essere utilizzato riesce ad avere un senso per quanti in casa non lo hanno mai posseduto. Chissà in quali mani mai finiranno candelotti lacrimogeni inesplosi portati via da ragazzini che incuriositi se li rigiravano a lungo tra le mani.

Non c'era granché da sottrarre. E nessuno pensava davvero di dare l'assalto ad un sacrario che d'improvviso poteva anche crollare provocando una nuova tragedia. I carabinieri, attestati sull'altro lato del ponte che supera l'Eufrate, sostengono di aver provato a dissuadere i primi arrivati segnalando loro il pericolo. Oltre hanno deciso che non fosse il caso di andare. «Non era opportuno intervenire creando tensioni con la popolazione locale», dice il colonnello Carmelo Burgio, il comandante dei carabinieri a Nassiriya che ha comunque deciso in serata di ripristinare, almeno per qualche giorno, la vigilanza sul luogo dell'attentato.

Uno solo proiettile ed il buio che d'improvviso è calato hanno messo fine alla razzia, ennesimo sintomo della disperazione irachena. Ma ad imbracciare il fucile non è stato nessuno dei soldati italiani. Il partito religioso «Al Dawa», la cui leadership fu decimata da Saddam Hussein con le esecuzioni e le torture, è tra i pochi, nelle province del Sud, autorizzato a disporre, per autodifesa, di una piccola milizia armata. Tre dei suoi uomini, uno dei quali appostato su un tetto, avevano assunto il controllo dell'area, assieme a membri del comitato cittadino, delegati a fare le scelte. Accuratamente lontana si era tenuta la polizia irachena, il cui livello di affidabilità risulta, ad ogni test, troppo basso. Alah Jassim che, a ventisette anni, dell'«Al Dawa» è già uno dei maggiorenti, si vanta di aver contribuito a riportare la calma. «Alla fine è bastato un colpo sparato in aria da uno dei nostri uomini per convincere la folla a disperdersi».

Nell'area dell'attentato l'esercito italiano si muoveva in serata con molta prudenza, spegneno i fari dei suoi automezzi e prestando attenzione ad ogni rumore sospetto. La razzìa non è indice di una crescente ostilità verso la presenza dei nostri soldati, ma - non meno di altre città dell'Iraq - Nassiriya va considerata ormai come terra di possibili agguati. Dal 12 di novembre anche la sua vita è cambiata. Dopo il tramonto le strade si fanno deserte e pochi negozi restano aperti. La milizia dell'«Al Dawa» che nelle strade del centro mostra i kalashinkov, mai è sembrata tanto nervosa.

Sullo stesso argomento

Articoli in archivio

LE INDAGINI
Stesse carte di Genova, ma le conclusioni sono diverse
Stupore dei magistrati liguri per le conclusioni del Gip di Bari. Negli atti trasmessi ai colleghi pugliesi le quattro guardie del corpo non vengono mai definite come mercenari
di Marco Imarisio su Corriere della Sera del 22/10/2004
L’INCHIESTA DI GENOVA
Tre sul registro degli indagati
di Rita Di Giovacchino su Il Messaggero del 22/10/2004
 
Cos'� ArchivioStampa?
Una finestra sul mondo della cultura, della politica, dell'economia e della scienza. Ogni giorno, una selezione di articoli comparsi sulla stampa italiana e internazionale. [Leggi]
Rassegna personale
Attualmente non hai selezionato directory degli articoli da incrociare.
Sponsor
Contenuti
Notizie dal mondo
Notizie dal mondo
Community
• Forum
Elenco degli utenti

Sono nuovo... registratemi!
Ho dimenticato la password
• Sono già registrato:
User ID

Password
Network
Newsletter

iscriviti cancella
Suggerisci questo sito

Attenzione
I documenti raccolti in questo sito non rappresentano il parere degli autori che si sono limitatati a raccoglierli come strumento di studio e analisi.
Comune di Roma

Questo progetto imprenditoriale ha ottenuto il sostegno del Comune di Roma nell'ambito delle azioni di sviluppo e recupero delle periferie

by Mondo a Colori Media Network s.r.l. 2006-2024
Valid XHTML 1.0, CSS 2.0