Da La Repubblica del 19/11/2003
Originale su http://www.repubblica.it/2003/j/sezioni/cronaca/imanarresti/crose/cros...
"Quell'imam rappresentava solo se stesso e faceva del male a tutti noi, ma non si può punire un reato di opinione"
I dubbi dei musulmani di Torino "Un folle trasformato in eroe"
Solidarietà ai carabinieri. "Il giudice manda in galera, un ministro non può cacciare le persone indesiderate"
di Maurizio Crosetti
TORINO - Zitti, troppo zitti. "Perché bisogna pensare alla pagnotta tiepida, e perché un vostro ministro ha punito il reato d'opinione come nelle dittature, e allora è meglio tenersi coperti e non fidarsi di nessuno". L'imam Bouriqi Bouchta non vive a Carmagnola, anzi "quello là" lo ha sempre attaccato: "Perché rappresentava solo se stesso e faceva del male alla comunità islamica". Però, Bouchta ha organizzato la colletta per pagare il viaggio a moglie e figli dell'espulso. "Parliamo pure di confino, una grande ingiustizia. Un ministro è un politico, non un giudice. Il giudice manda in galera, un politico non può cacciare le persone indesiderate. Quello è regime da paese arabo, è peggio del razzismo".
Scende la saracinesca della macelleria islamica nel cuore di Porta Palazzo dove Torino è araba, e dove Bouriqi Bouchta non tratta carne umana. Dieci minuti di raccoglimento. Lui ha appeso la bandiera italiana e le foto dei caduti. "Sono martiri della pace, sono nostri fratelli. Tutti i commercianti islamici hanno rispettato il lutto, al contrario di molti italiani che pensano solo a vendere".
Oltre all'imam con l'autocertificazione - il sedicente di Carmagnola - altri sette maghrebini sono stati appena espulsi. "E io penso che si possa diventare terroristi anche per colpa dell'oppressione. Certi arresti infiammano la gente, e possono invitare a lavorare nel buio invece di esprimere apertamente le proprie opinioni. Non si va più nelle moschee per paura, si prega nelle cantine, vi sembra giusto? Il troppo potere al ministro dell'Interno è la mela marcia della legge Bossi-Fini, e crea una giustizia di serie B per cittadini di serie B: questo siamo noi musulmani". Anche il presidente della comunità marocchina, Moustafa Kobba, è perplesso: "Certe decisioni spettano al giudice, non al ministro".
Mentre Bouchta s'arrabbia, Fuad Shibli appoggia un mazzo di rose sul monumento del carabiniere ai Giardini Reali. Il dottor Shibli, medico dentista, è il presidente dell'Unione Araba di Torino. "I caduti italiani hanno dato il meglio ottenendo in cambio il peggio, e li abbracciamo. Per quanto riguarda l'imam di Carmagnola, è un bene che sia altrove: diceva cose inaudite, a nome suo e di sua moglie". Così la pensa un rappresentante laico del mondo arabo, ma anche il direttore dell'Istituto Islamico è d'accordo. Davanti al carabiniere scolpito nella pietra e coperto di rose, Abdel Aziz Khounati scuote la gran barba nera e dice: "L'imam di Carmagnola è un personaggio senza umanità, però la televisione lo ha proposto come un'autorità religiosa e non come il millantatore che è. Bruno Vespa chiama lui, chiama Adel Smith perché gli conviene, e noi facciamo la figura di essere tutti così. Torino non è certo il covo degli amici di Bin Laden, ma una città in cui da anni si lavora per l'integrazione. Ci vivono oltre 40 mila arabi, e gli espulsi di queste ore sono anche una lezione per chi parla a vanvera delle questioni legate alla nostra comunità".
Eppure, i musulmani adesso hanno più paura. E hanno capito che la scelta dei loro rappresentanti è un argomento centrale anche per la credibilità. "A volte gli imam nominano se stessi, dovrebbero coordinarsi meglio con le forze laiche interne" dice l'architetto Franco Trad, segretario e portavoce dell'Unione Araba. "L'espulsione dell'imam di Carmagnola è un atto amministrativo e non giudiziario, è vero. Se diventasse una consuetudine, sarebbe negativo".
Ma quali sguardi si posano adesso, dal giorno di Nassiriya a quello dei funerali, su chi è marocchino, libanese, egiziano? "Ho visto gente che evita di salire sul pullman se sopra c'è qualcuno con una lunga barba nera, sapete come sono i piemontesi" risponde lo scrittore iracheno Yaounis Tawfik. "E' anche colpa dell'imam di Carmagnola e di simili personaggi, se poi ritorna il razzismo. Tuttavia, bisogna separare i due aspetti della questione: lui è un terrorista psicologico, però per un reato di opinione non si manda al confino nessuno".
Tawfik è un moderato, un uomo di cultura, impossibile scambiarlo per un agitatore di arabi in penombra. Ecco perché le sue parole pesano di più. "Quando un italiano ascolta dichiarazioni sul martirio come quelle dell'imam di Carmagnola, può pensare: ecco come ragionano i terroristi. Però noi ci sforziamo di vivere in uno Stato di diritto, non in uno Stato di sospetto. I colpevoli devono essere indagati, processati ed eventualmente condannati, oppure assolti. Un compito che spetta alla magistratura, non alla politica". Invece l'imam di Carmagnola l'hanno imbarcato su un aereo. "Complimenti, così avete trasformato un folle in eroe".
Scende la saracinesca della macelleria islamica nel cuore di Porta Palazzo dove Torino è araba, e dove Bouriqi Bouchta non tratta carne umana. Dieci minuti di raccoglimento. Lui ha appeso la bandiera italiana e le foto dei caduti. "Sono martiri della pace, sono nostri fratelli. Tutti i commercianti islamici hanno rispettato il lutto, al contrario di molti italiani che pensano solo a vendere".
Oltre all'imam con l'autocertificazione - il sedicente di Carmagnola - altri sette maghrebini sono stati appena espulsi. "E io penso che si possa diventare terroristi anche per colpa dell'oppressione. Certi arresti infiammano la gente, e possono invitare a lavorare nel buio invece di esprimere apertamente le proprie opinioni. Non si va più nelle moschee per paura, si prega nelle cantine, vi sembra giusto? Il troppo potere al ministro dell'Interno è la mela marcia della legge Bossi-Fini, e crea una giustizia di serie B per cittadini di serie B: questo siamo noi musulmani". Anche il presidente della comunità marocchina, Moustafa Kobba, è perplesso: "Certe decisioni spettano al giudice, non al ministro".
Mentre Bouchta s'arrabbia, Fuad Shibli appoggia un mazzo di rose sul monumento del carabiniere ai Giardini Reali. Il dottor Shibli, medico dentista, è il presidente dell'Unione Araba di Torino. "I caduti italiani hanno dato il meglio ottenendo in cambio il peggio, e li abbracciamo. Per quanto riguarda l'imam di Carmagnola, è un bene che sia altrove: diceva cose inaudite, a nome suo e di sua moglie". Così la pensa un rappresentante laico del mondo arabo, ma anche il direttore dell'Istituto Islamico è d'accordo. Davanti al carabiniere scolpito nella pietra e coperto di rose, Abdel Aziz Khounati scuote la gran barba nera e dice: "L'imam di Carmagnola è un personaggio senza umanità, però la televisione lo ha proposto come un'autorità religiosa e non come il millantatore che è. Bruno Vespa chiama lui, chiama Adel Smith perché gli conviene, e noi facciamo la figura di essere tutti così. Torino non è certo il covo degli amici di Bin Laden, ma una città in cui da anni si lavora per l'integrazione. Ci vivono oltre 40 mila arabi, e gli espulsi di queste ore sono anche una lezione per chi parla a vanvera delle questioni legate alla nostra comunità".
Eppure, i musulmani adesso hanno più paura. E hanno capito che la scelta dei loro rappresentanti è un argomento centrale anche per la credibilità. "A volte gli imam nominano se stessi, dovrebbero coordinarsi meglio con le forze laiche interne" dice l'architetto Franco Trad, segretario e portavoce dell'Unione Araba. "L'espulsione dell'imam di Carmagnola è un atto amministrativo e non giudiziario, è vero. Se diventasse una consuetudine, sarebbe negativo".
Ma quali sguardi si posano adesso, dal giorno di Nassiriya a quello dei funerali, su chi è marocchino, libanese, egiziano? "Ho visto gente che evita di salire sul pullman se sopra c'è qualcuno con una lunga barba nera, sapete come sono i piemontesi" risponde lo scrittore iracheno Yaounis Tawfik. "E' anche colpa dell'imam di Carmagnola e di simili personaggi, se poi ritorna il razzismo. Tuttavia, bisogna separare i due aspetti della questione: lui è un terrorista psicologico, però per un reato di opinione non si manda al confino nessuno".
Tawfik è un moderato, un uomo di cultura, impossibile scambiarlo per un agitatore di arabi in penombra. Ecco perché le sue parole pesano di più. "Quando un italiano ascolta dichiarazioni sul martirio come quelle dell'imam di Carmagnola, può pensare: ecco come ragionano i terroristi. Però noi ci sforziamo di vivere in uno Stato di diritto, non in uno Stato di sospetto. I colpevoli devono essere indagati, processati ed eventualmente condannati, oppure assolti. Un compito che spetta alla magistratura, non alla politica". Invece l'imam di Carmagnola l'hanno imbarcato su un aereo. "Complimenti, così avete trasformato un folle in eroe".
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