Da Corriere della Sera del 11/05/2005
Nomine bloccate
Rai, l’Unione faccia i nomi
di Dario Di Vico
Come volevasi dimostrare. Il consiglio di amministrazione della Rai attende ancora di essere rinnovato. Ieri la commissione parlamentare di Vigilanza era convocata ad hoc ma non se n'è fatto nulla. Ha avuto ragione Piero Ostellino che giovedì scorso dalle colonne di questo giornale aveva avanzato un legittimo dubbio sulla reale volontà dei partiti di dare un nuovo governo all'azienda di Stato. «La mediazione e il compromesso da noi diventano l’alibi per rinviare le decisioni» aveva scritto. E così è stato. La responsabilità dell'ennesimo rinvio ricade tutta sulla maggioranza di centrodestra, compresi i rappresentanti dell'Udc, che ieri ha deliberatamente fatto mancare il numero legale. I commissari del centrosinistra hanno almeno avuto la sensibilità di presentarsi all'appuntamento. Il calendario della Vigilanza ora prevede ulteriori votazioni per oggi, domani e di nuovo per martedì della prossima settimana ma a questo punto noi scettici siamo diventati una moltitudine.
Una parte del centrosinistra chiedendo la nomina di un nuovo consiglio di amministrazione aveva sollevato una questione di legittimità visto che viale Mazzini è retta - dopo l'uscita di Lucia Annunziata - già da un anno da un Cda non rappresentativo. Il susseguirsi di prove elettorali che reiterano la sconfitta del centrodestra e che danno del Berlusconi-bis l'immagine di un esecutivo ansimante non fanno altro che rendere più acuta l'emergenza Rai. Eppure ora in campo ulivista si è fatta largo l'idea di una trattativa allargata sulle nomine, che inizialmente comprendeva consiglio di amministrazione e direzione generale della Rai e che via via si è estesa a macchia d'olio, almeno nei conciliaboli romani, agli organigrammi della Consulta, dell'Eni, dell'Enel e domani magari dell'Istat e del Cnel. E' quanto di peggio potesse accadere. Nessuno francamente nell'anno di grazia 2005 sente la necessità di un piano regolatore delle nomine in salsa bipartisan.
Invece di attirarsi possibili accuse di spartizione, l'opposizione dovrebbe mettere in campo per il Cda Rai una proposta chiara, con tanto di nomi e cognomi, indicando personalità che possano credibilmente ottenere il gradimento della maggioranza come prevede la legge Gasparri. Sembra quasi banale sottolinearlo ma la paralisi della Rai più che all'Unione conviene al Biscione. Anche per questo motivo il rischio che le responsabilità dei rinvii ricadano su tutti c'è. Ed è più che evidente.
Una parte del centrosinistra chiedendo la nomina di un nuovo consiglio di amministrazione aveva sollevato una questione di legittimità visto che viale Mazzini è retta - dopo l'uscita di Lucia Annunziata - già da un anno da un Cda non rappresentativo. Il susseguirsi di prove elettorali che reiterano la sconfitta del centrodestra e che danno del Berlusconi-bis l'immagine di un esecutivo ansimante non fanno altro che rendere più acuta l'emergenza Rai. Eppure ora in campo ulivista si è fatta largo l'idea di una trattativa allargata sulle nomine, che inizialmente comprendeva consiglio di amministrazione e direzione generale della Rai e che via via si è estesa a macchia d'olio, almeno nei conciliaboli romani, agli organigrammi della Consulta, dell'Eni, dell'Enel e domani magari dell'Istat e del Cnel. E' quanto di peggio potesse accadere. Nessuno francamente nell'anno di grazia 2005 sente la necessità di un piano regolatore delle nomine in salsa bipartisan.
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