Da Corriere della Sera del 13/05/2005

Italia ancora ferma, allarme per l’economia

L’Istat: Pil giù a inizio 2005, meno 0,5%. Manifatturiero, calo annuo del 5,2%. Il nodo statali all’esame del governo

di Mario Sensini

ROMA - Per il secondo trimestre consecutivo il prodotto interno lordo italiano è diminuito. Meno 0,5% tra gennaio e marzo rispetto al trimestre precedente, con il tendenziale annuo che precipita dal più 0,8% di fine 2004 al meno 0,2%, mentre la produzione industriale, sempre secondo i dati diffusi ieri dall’Istat, a marzo fa segnare una riduzione su base annua del 5,2%. Per gli economisti è «recessione tecnica». Per il presidente del Consiglio, che non si aspettava certo un dato così brutto, «non è recessione», ma è certamente un gran bel guaio. Il deficit di quest’anno, già in tensione, rischia di schizzare ben oltre il 4% solo per l’effetto della minor crescita. Anche se, paradossalmente, tutto ciò rende meno difficile il confronto con l’Unione Europea, perché la recessione è considerata attenuante più che valida per giustificare uno scivolamento dei conti pubblici.

«È una situazione che non induce all’ottimismo, ma proprio per questo bisogna reagire» ha detto Silvio Berlusconi, dopo aver tentato una lettura meno drammatica del dato Istat: «A marzo - ha detto - c’erano le vacanze di Pasqua e non si può pretendere che il Pil cresca se la gente va in vacanza». Peccato che, come ha subito ribattuto l’opposizione e confermato poco dopo anche l’Istat, quel meno 0,2% è già stato rettificato per tener conto del diverso numero di giorni lavorativi.

È dunque crisi vera. Il ministro dell’Economia, Domenico Siniscalco, dice che servono «realismo e non polemiche» e, quindi, uno sforzo forte e serio da parte di tutti». Le linee d’azione, dice il ministro dell’Economia, restano quelle: imprese, Sud e famiglie. Ma l’urgenza di intervenire per rilanciare l’attività economica è diventata impellente. E così si affaccia l’ipotesi di un intervento di alleggerimento dell’Irap già nel 2005. «Con un decreto entro fine maggio» dice il ministro della Lega, Roberto Maroni, perché «non possiamo permetterci di crescere meno dell’1% l’anno». Anche l’Udc spinge per un intervento immediato sull’Irap, sollecitato anche dalla Confindustria, che chiede una «reazione decisa, responsabile e solidale di tutti gli attori del sistema economico, per ridare fiducia al sistema». Il piano di abbattimento dell’Irap «per dodici miliardi in tre anni», ha confermato Berlusconi, dovrebbe essere annunciato già oggi dal Consiglio dei ministri, che avrà sul tavolo anche un difficile confronto sul contratto degli statali. Subito dopo Siniscalco partirà alla volta del Lussemburgo, per un primo confronto informale con i ministri Ecofin.

Per la Commissione Ue, che alla luce dei nuovi dati sta accelerando l’istruttoria sui conti italiani in vista della procedura d’infrazione che proporrà in giugno, la debolezza dell’economia italiana è ormai «strutturale», non più congiunturale. Anche la Germania, considerata fino a pochi mesi fa l’altra grande malata dell’Unione, dà cenni di ripresa, con il Pil in crescita dell’1%.

I consumi interni languono e le esportazioni diminuiscono. Nel primo trimestre tutti i settori tipici del Made in Italy hanno continuato a soffrire terribilmente. La produzione nel settore tessile, a marzo, scendeva dell’11% annuo, nel calzaturiero del 16,6%. La produzione di mobili accusa un calo dell’8,1%, quella di automobili del 9,8%. La situazione, per giunta, non è destinata a migliorare rapidamente. L’Isae prevede per il secondo trimestre «solo deboli spunti di miglioramento».

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